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Tennis, il 2020 di transizione di Fabio Fognini tra operazione e Covid. Il ligure vuole regalarsi un gran finale di carriera

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Il 2020, seppur segnato dalla pandemia di Covid-19, ha regalato tante soddisfazioni al tennis italiano. La scalata alla classifica di Jannik Sinner e la top 10 di Matteo Berrettini nonostante un anno appena sufficiente sono la cartina tornasole di un movimento che ad oggi vede otto giocatori nelle prime cento posizioni del ranking e altri giocatori come Lorenzo Musetti in rampa di lancio. Chi però non può essere contento della sua annata è sicuramente Fabio Fognini, che ha chiuso al numero 17 al mondo (grazie al ‘congelamento’ dei punti 2019) ma con ben poco da ricordare, soprattutto per motivi extrasportivi.

Tanti acciacchi e poche partite per il 33enne nato a Sanremo, che solo tredici mesi fa era in lizza per poter conquistare le ATP Finals di Londra ed entrava nella storia azzurra per aver riportato i nostri colori in Top 10 dopo quarant’anni. Già l’inizio di stagione non era parso tra i più fortunati, collezionando tre uscite al primo turno ad Auckland, Rotterdam e Dubai. La soddisfazione maggiore arriva dall’Australian Open, spingendosi fino al quarto turno e pareggiando così il suo miglior risultato in Oceania.

Il 2020 di livello di Fognini si interrompe con la pausa forzata a causa della pandemia. Fabio decide di approfittare della pausa forzata per risolvere definitivamente alcuni acciacchi fisici alle caviglie portati avanti per anni, andando sotto i ferri a fine maggio. Operazione andata a buon fine, ma si può intuire come degli interventi del genere alle articolazioni possano essere assai delicati, influendo sulle prestazioni a stretto giro. Al ritorno in campo a Kitzbuhel fa difatti scalpore il brutto ko contro il numero 303 al mondo Marc-Andrea Huesler, ma l’obiettivo dell’azzurro era recuperare la condizione. Nonostante le successive sconfitte con Humbert (Roma), Ruud (Amburgo, dove arriva l’unico successo dal ritorno in campo con Kohlschreiber) e Kukushkin (Roland Garros) Fabio stava compiendo passi avanti per recuperare il suo tennis, ma la positività al Covid durante il Sardegna Open, seguita da 21 giorni di quarantena, ha chiuso anzitempo la sua stagione, composta da sole sedici partite in singolare e sei vittorie.

A trentatré anni è difficile ritrovare motivazioni dopo un anno balordo come questo. Ma Fabio Fognini sembra avere ancora voglia di sbattersi sul campo e di poter spiegare tennis a tanti. La scelta di cambiare coach affidandosi ad Alberto Mancini è indicativa: ci mostra un giocatore che vuole migliorarsi ancora, che non è sazio dei successi ottenuti in carriera. E che vuole dimostrare, a se stesso e agli altri, di non essere soltanto colui che ha trascinato il tennis italiano in anni di stanca, ma un pezzo pregiato del nostro movimento e un osso durissimo da affrontare nel circuito mondiale. Del resto, non si arriva per caso al numero 9 del ranking mondiale, e se c’è qualcosa di cui ‘Fogna’ non ha mai difettato è il talento puro con una racchetta in mano.

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Foto: Lapresse

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