Basket
Basket femminile, Martina Bestagno: “Bolla di EuroCup, sarà importante vincere bene. Italia, a Riga siamo state brave”
Martina Bestagno, a trent’anni, sta vivendo i suoi migliori momenti della carriera in quello che, contemporaneamente, è il periodo più bello della storia recente della Reyer Venezia. L’Umana di coach Giampiero Ticchi, infatti, corre velocissima in Serie A1: 16 vittorie consecutive, senza mai perdere, cui si aggiungono i tre successi che hanno portato ad alzare al cielo la Supercoppa Italiana in quel di Schio. elemento ormai di prima importanza anche per la Nazionale di coach Lino Lardo, l’abbiamo raggiunta per un’intervista telefonica tra l’imminente bolla di EuroCup, passato, presente, futuro, progetti e riflessioni.
19 partite da imbattute tra Serie A1 e Supercoppa Italiana. Come nasce questo rendimento?
“Lavoriamo duro in palestra ogni giorno e soprattutto siamo veramente un bel gruppo. Ci piace divertirci assieme sul campo, ci piace faticare assieme. Questo penso sia quello che ha portato a una striscia di vittoria così importante“.
Un gruppo che è cambiato parecchio in estate, con gli ingressi di Yvonne Anderson, Attura, Pan, Fagbenle e, proprio nelle ultime settimane, Natasha Howard.
“Natasha è arrivata in corsa, ci darà una grande mano e anche se è da poco con noi si è già inserita benissimo. Sarà una grande aggiunta per questa squadra. Siamo molto felici di averla con noi“.
Di lei che primo impatto hai avuto?
“Ci avevo già giocato assieme per qualche mese a Schio. Devo dire che rispetto a tre anni fa è miglioratissima, e nel frattempo ha vinto due anelli WNBA che non sono mai scontati. E’ bravissima a difendere, in attacco si muove benissimo, ha sia movimenti spalle a canestro che quasi da guardia. Un po’ mi ricorda Kevin Durant per la sua fisicità, quindi è veramente una delle migliori giocatrici del mondo“.
Andando un po’ più indietro nel tempo, quant’è cambiato nel passaggio da Andrea Liberalotto a Giampiero Ticchi?
“E’ cambiato che si è chiuso in ciclo che durava da molte stagioni e se n’è aperto un altro. Sono sicura che Liberalotto abbia fatto tutto il possibile per cercare di fare il meglio possibile, questi risultati però non sono arrivati ed è iniziato questo nuovo ciclo. Bisogna vedere. L’anno scorso, che era il primo anno di Giampiero, abbiamo sì ottenuto la qualificazione in Eurolega, che è stata molto importante per la società, ma sul più bello si è fermato il campionato, perché non si è disputata la Coppa Italia, non si sono giocati i playoff, quindi chissà come sarebbe potuta andare a finire. Quest’anno ci sono tutti i presupposti per andare benissimo. Diciamo che solo il tempo ci dirà“.
E anche per finire la stagione.
“Esatto“.
Parlavi di Eurolega: lo scorso anno c’è stato il grande caos con Riga che non voleva viaggiare a Lubiana per l’ultima di stagione regolare e, in generale, le coppe che dovevano ricominciare e non l’hanno mai fatto.
“E dopo Riga dovevamo andare a Girona, ma ovviamente non ci hanno lasciate andare. E’ stata una situazione totalmente anomala, ma non solo per il basket e per la FIBA. E’ stata una situazione talmente allucinante per tutto il mondo che non si è saputo come gestirla all’inizio, quindi con il senno di poi meglio non aver giocato e viaggiato. Adesso, domenica, viaggiamo per andare in bolla, in Francia, dove staremo per sei giorni. Penso che questo sia il formato per fare una competizione europea nel modo migliore possibile, perché chiuderci una bolla, evitare i viaggi, credo che lo sia per questo tipo di torneo“.
A proposito della bolla di Landerneau, ne hai già vissuta un’altra, quella di Riga. Come sono state organizzate dalla FIBA?
“Molto bene. Non ci sono contatti esterni, appena siamo arrivate a Riga abbiamo fatto un tampone molecolare, poi dovevamo restare in isolamento nella nostra camera e ognuna aveva una singola. E’ un po’ noioso perché non puoi fare niente, esci veramente solo per andare a pranzo, a cena o agli allenamenti, però penso anche che siamo tutti grati di poter fare quello che facciamo, che è giocare a basket, anche se in un modo nuovo e più particolare, ma è comunque un mezzo ritorno alla normalità“.
L’EuroCup è già diversa da dover disputare con pochissime partite rispetto al solito. Da quest’edizione in particolare cosa vi aspettate?
“Se una squadra arriva alla finalissima sono sette partite: tre del girone, poi altre due bolle con partite a eliminazione diretta (ottavi e quarti nell’una, semifinali e finale nell’altra, N.d.R.). Sicuramente sarà importante nella prima bolla cercare di vincere e avere un margine il più ampio possibile nel punteggio, poi bisognerà stare attenti perché, essendo gare secche, tutto può succedere. Non c’è la gara di ritorno dove cerchi di perdere il meno possibile perché magari nella seconda partita bisogna essere super concentrate, quindi il margine di errore è veramente quasi nullo“.
L’anno scorso Venezia aveva riconquistato l’Eurolega dopo tanto tempo. Com’è stato vissuto quel momento dalla squadra e dall’ambiente?
“E’ stato veramente un momento emozionante perché noi avevamo perso a Miskolc di dieci, e non era un margine insormontabile, però erano sempre dieci punti di svantaggio. Abbiamo avuto la fortuna di giocare il ritorno in casa, abbiamo vinto di 13, quindi di tre e al supplementare, quindi c’è stata anche un po’ di suspense. E’ stato bello, perché l’Eurolega è il campionato più bello da giocare qua in Europa. Incontri le squadre migliori, abbiamo giocato contro Ekaterinburg che non è cosa di tutti i giorni. E’ veramente bello, stimolante molto stancante perché i viaggi infrasettimanali sono pesanti, però noi eravamo contentissime e penso che abbiamo onorato al meglio la competizione“.
Ekaterinburg che può paragonarsi a una franchigia WNBA non ufficiale.
“Esatto. Secondo me ci sono squadre WNBA che non sono così forti!”. (Ride)
Sempre in tema di Europa: dell’EuroCup 2017-2018, con l’incredibile rimonta in semifinale, cosa ricordi?
“Se mi avessi fatto questa domanda prima del 27 settembre di quest’anno ti avrei detto che è stata la partita più bella che ho vissuto da quando sono in Reyer. Dopo la Supercoppa si posiziona al secondo posto, ma è stata una partita incredibile perché abbiamo rimontato 20 punti a una squadra turca, Hatay, veramente forte e valida. Ci siamo giocate la finale contro il Galatasaray, però loro erano semplicemente più forti. E’ stata una cavalcata bellissima, come bellissima è stata la stagione europea“.
Visto che la “tua” partita in maglia Reyer è la finale di Supercoppa, dopo tanta rincorsa cosa significa battere Schio al PalaRomare?
“E’ bello, è importante perché Schio è sempre la squadra da battere in Italia. Quando vai a giocare contro il Famila, volente o nolente, c’è giustamente quel po’ di timore reverenziale verso di loro. Noi, dieci giorni prima della finale di Supercoppa, abbiamo fatto un’amichevole contro di loro e avevamo perso di 28 punti. Scherzando in spogliatoio per cercare di sdrammatizzare, abbiamo detto: ‘Ragazze, ci sono buone possibilità di ritrovarle poi in finale di Supercoppa. Adesso che ce ne hanno dati quasi 30 ci sottovaluteranno‘. E ci siamo fatte tutte una risata, perché quando ne prendi 28 è l’unica cosa che devi fare, ed è andata un po’ così. Arrivavamo veramente in fiducia, senza pressione sulle spalle e devo dire che abbiamo fatto una partita quasi perfetta. E’ stato bello perché è un titolo che mancava da troppo tempo a Venezia“.
In tema di Nazionale, tra la bolla di Riga e quella di Istanbul sono passate le due vittorie importanti con Romania e Repubblica Ceca. Come si vive l’avvicinamento alla doppia sfida con Danimarca e Romania con questo alleggerimento di pressione sulle spalle?
“Sicuramente si sta un pochino meglio. Dovevamo vincerle tutte e due e l’abbiamo fatto, quindi siamo state veramente brave. Il gruppo era abbastanza nuovo, avevamo un nuovo allenatore, non abbiamo avuto tanto tempo per preparare il tutto. Mi immaginavo ci fossero più complicazioni. Però devo dire che ci siamo unite subito, ognuna ha capito il proprio ruolo in squadra. Abbiamo giocato bene, ci siamo divertite e penso che abbiamo divertito anche chi ci ha seguito da casa, e questo è molto importante. Forse per la prima volta è stata una Nazionale che ha veramente lottato. Si è visto che chiunque entrava in campo faceva il suo e lottava, e penso che questo sia stato apprezzato da casa“.
Tutte quelle che entravano davano proprio questo contributo, e già sembrava esserci un gruppo, e anche che tutte seguano Lino Lardo.
“Non che non seguissimo prima gli altri allenatori, chiaramente. Sembra assurdo, perché eravamo in una situazione peggiore, perché gli schemi dovevi assimilarli nel giro di tre giorni. La bolla è durata una settimana, però abbiamo giocato subito. Siamo state molto brave, concentrate. I meriti vanno sicuramente all’allenatore che ha trovato le giuste parole e il giusto modo di metterci in campo, e a far rendere tutte al meglio delle loro potenzialità“.
Il fatto che tu stia diventando pedina fissa in Nazionale certifica la tua continua crescita di anno in anno, e adesso sembra che tu sia giunta nel tuo momento migliore.
“Incrociamo le dita. Io cerco di lavorare sempre fortissimo durante la settimana. So che non sono stata baciata dal talento più cristallino, ma mi impegno e cerco sempre di dare il massimo, che sia apprezzato, che si noti e sono contentissima di trarne qualche frutto“.
Hai giocato sia a Schio che, ora, a Venezia: quante e quali sono le differenze tra le due società, ad averle vissute?
“Sono tutte e due estremamente professionali. Schio ha ovviamente un po’ più il peso delle aspettative, perché non vincere è quasi un sacrilegio lì, quindi è un po’ diverso, però anche Venezia è una società ambiziosa che è cresciuta negli anni e sta cercando di fare bene. Direi più il peso delle aspettative, poi sono due grandissime società“.
Andando ancora un po’ più indietro, hai vissuto i campionati di Repubblica Ceca (Karlovy Vary) e Belgio (Castors Braine). In quelle esperienze che campionati hai trovato e con quante differenze a livello di gioco e ambiente con l’Italia?
“A livello di gioco poche, nel senso che è sempre pallacanestro e si gioca cinque contro cinque. Poi ovviamente lì eri una straniera, dovevi sempre rendere, non avevi tante scusanti e il principale motivo per cui sono voluta andare all’estero è stato che in A1 avrei fatto molta panchina, quindi mi son detta di provare un campionato magari meno blasonato di quello italiano, ma anche che, quando sarei tornata, avrei voluto essere pronta per l’A1. E’ andata un po’ così, quindi sono contenta della scelta che ho fatto“.
Meno blasonato, il campionato ceco, fino a un certo punto data anche la presenza di Praga.
“Però Praga fa un campionato a parte“.
Ritornando a questa stagione, dato che state andando molto forte, adesso quali sono le attese?
“Continuare a lavorare duro. Avremo un mese super impegnativo: il momento della verità è adesso, perché avremo la bolla di EuroCup e poi penso che praticamente tutte siano di nuovo impegnate in Nazionale. A novembre 9 giocatrici su 10 sono state convocate dalle rispettive Nazionali, quindi è motivo di orgoglio, ma è anche molto faticoso. Vogliamo prepararci al meglio, sappiamo che adesso siamo nel mirino di tutti, ma questo non ci spaventa. Sappiamo che è meglio essere temute che sottovalutate“.
E al ritorno non avete trovato Giampiero Ticchi, che era risultato positivo al Covid. In questo senso, avere in panchina i vice, Massimo Romano e Juan Pernias Escrig, che sensazione è stata?
“Noi siamo tornate, e nel giorno in cui avevamo il tampone di controllo Giampiero è risultato positivo, quindi eravamo dispiaciute e preoccupate per lui, anche perché ha avuto una degenza abbastanza lunga. E’ stato quasi un mese a casa. Però Giampiero è anche un allenatore che delega e coinvolge molto i vice. Come primo allenatore abbiamo avuto Massimo Romano, che di solito è il vice, però non c’è stata molta differenza, perché lavorano molto in sintonia“.
Quante e quali sono le grandi differenze Eurolega-EuroCup?
“Sono abbastanza notevoli, soprattutto nella prima fase, dove non c’è paragone. In EuroCup le prime partite, toccando ferro, sono quasi tutte agevoli, mentre in Eurolega non c’è quella partita in cui dici che la vinci sicuro. E’ sempre una battaglia. Ovviamente l’EuroCup è la seconda coppa in Europa, l’Eurolega è la prima e c’è un motivo. Il livello delle squadre è maggiore“.
Quest’anno ti sei ritrovata ad affrontare tua cugina Elena. Quali sentimenti hai vissuto?
“Sono stata contenta per lei, perché ha trovato squadra e a Vigarano può giocare e dare tanto. Saranno stati 10 anni che non giocavamo contro, quindi è stato bello e ci siamo divertite“.
Parlando in generale del campionato, oltre al trio Venezia-Ragusa-Schio si è aggiunta la Virtus Bologna. Si sapeva che l’ingresso in panchina di Lorenzo Serventi avrebbe dato parecchio, ma in pochi si aspettavano questo balzo in avanti.
“L’anno scorso Bologna si è iscritta al campionato e ha costruito la squadra all’ultimo, e già allora ne aveva fatto uno buono. Quest’anno hanno preso una giocatrice come Abby Bishop, con un passato in WNBA, veramente una giocatrice fenomenale. In più hanno aggiunto Serventi, Valeria Battisodo in uscita da Schio. Si sapeva che avrebbe fatto meglio, ma forse non così bene. Giocano veramente bene, sono fisiche. Lavorano davvero bene, e la Virtus Bologna è per certi versi un po’ come la Reyer, avendo una prima squadra maschile e una femminile. La mentalità vincente e professionale c’è di sicuro. Mi aspetto che Bologna continui la sua crescita non solo in questa stagione, ma anche nelle prossime“.
Un discorso, quello del legame tra squadre maschili e femminili, che si sta intensificando. La Reyer Venezia è il caso più noto e storico, ma adesso sono entrate la Virtus Bologna e la Dinamo Sassari. E’ un elemento buono?
“Penso che finalmente si capisca che lo sport femminile sia il futuro. Ci sono veramente tantissimi margini di crescita, è importantissimo che società blasonate, come Virtus, Reyer e Dinamo capiscano l’importanza di avere un settore femminile. E’ veramente bellissimo e speriamo che altre società seguano il loro esempio“.
Quali possono essere, al di là di Bologna, Ragusa e Schio, le squadre più fastidiose?
“Tutte possono essere un disturbo. Noi più che agli altri guardiamo a noi stessi, perché per quanto possano essere facili le devi sempre vincere e ci piace vincerle in un certo modo. Non vogliamo fare il compitino, ma anche migliorare veramente in campo, non solo in allenamento, ma anche in partita. A questo punto, quando sei a 19 vittorie consecutive, ogni squadra può essere un ostacolo“.
Guardando invece al futuro oltre la pallacanestro, magari il più tardi possibile, cosa ti piacerebbe fare?
“Mi piacerebbe moltissimo fare la giornalista sportiva. Come hai sentito, ho una bella parlantina, quindi anche commentatrice. Sto studiando e ho studiato per quello. Oppure fare la dirigente sportiva. Mi piacerebbe comunque restare nel basket“.
Magari diventi come Alice Pedrazzi, che per anni ha commentato sulla Rai le partite.
“Non mi dispiacerebbe per nulla!” (Sorride)
Tu sei ligure di nascita, con un passato a La Spezia e l’anno a Genova. Il basket ligure in questi anni non è stato particolarmente fortunato: adesso com’è la situazione?
“Storicamente la Liguria non ha una grandissima tradizione cestistica. Nonostante questo sono usciti dei prospetti interessanti. Sono di Bordighera, da dove veniamo io, mia cugina, Sara Crudo che è al Geas e Alessia Cabrini che l’anno scorso giocava a Bologna e quest’anno è in A2. Non c’è grandissima tradizione, bisogna lavorarci e sarebbe bello farlo. Penso che bisognerebbe partire dalle scuole per cercare di far avvicinare i bimbi e i ragazzi alla pallacanestro“.
Anche perché il femminile, pur se non sta attraversando il suo periodo migliore, con quel poco che ha è spesso stato quasi a far miracoli.
“Siamo poche ma buone“.
Nella situazione attuale, giocare senza pubblico o con pubblico ridotto, com’è?
“E’ molto strano. Mancano i tifosi, il calore, anche quando vai in trasferta. Manca un po’ la cornice. Speriamo che questa situazione si risolva il prima possibile. Prima viene la sicurezza e la salute delle persone. Quest’anno però stiamo vincendo così tanto, e giocando veramente bene. Anche da lontano sentiamo l’aspetto dei tifosi, e li aspettiamo. Prima o poi ci ritroveremo. Bisogna aver pazienza“.
Questa situazione ha creato un effetto collaterale. C’è una statistica, legata all’Eurolega maschile, che fa notare come fino alla scorsa stagione c’erano due vittorie su tre in casa, adesso invece sono pressoché pari casa e trasferta. Quanto si capisce che c’è un minor effetto del fattore campo?
“Il pubblico è il sesto uomo, soprattutto in certi palazzetti. Ci sono squadre che si esaltano grazie ai propri sostenitori. Quest’anno non c’è, quindi quando giochi in casa senti una spinta in più e può essere decisivo, assolutamente“.
E cambiano anche i riferimenti verso il canestro.
“Esatto, vedere un palazzetto vuoto fa sempre impressione, oppure vai a giocare in certi palasport dove palleggi e senti il rimbombo tanto è vuoto. Una situazione diversa. Ci adattiamo e sappiamo che si tornerà alla normalità, ed è una situazione di transizione, passeggera“.
E magari anche tornare a far crescere il pubblico, perché ci sono alcuni luoghi in cui tende a mancare un po’, soprattutto in palazzetti medio-grandi come possono essere il Taliercio o il PalaRuffini a Torino.
“E’ difficile riempirlo col basket femminile. La Reyer lavora tantissimo per cercare di avvicinare i sostenitori non solo ai maschi, ma anche alle donne. In Italia c’è questa mentalità sportiva maschilista. A noi dicono ‘non schiacciate’. Il basket però non è una schiacciata o un gesto atletico, è tecnica, è lavoro di squadra, e nel basket femminile penso ce ne sia di più proprio perché siamo carenti in certe situazioni. E’ una cosa su cui bisogna lavorare ed educare“.
Tre giocatrici con cui ti sei trovata bene, che hai avuto più difficoltà a marcare o che comunque ti hanno lasciato il segno?
“Francesca Zara, con cui ho giocato, un talento incredibile. Riquna Williams, con cui ho giocato a Venezia e potrebbe giocare tranquillamente con i maschi, è veramente super decisiva. Quest’anno direi Yvonne Anderson, perché è una grandissima giocatrice, capisce il basket veramente in maniera straordinaria, ed è anche una bellissima persona“.
Una scelta per certi versi inattesa: ci si aspetterebbe Temi Fagbenle, che dice la sua anche in WNBA. Anderson arrivava qui con i galloni di grande realizzatrice, ma ha dimostrato di avere molto di più.
“In Turchia andava a quasi 30 punti di media. Sappiamo che può segnare, ma è una giocatrice veramente altruista. Potrebbe segnare 30 punti a partita, ma non le interessa; le interessa invece fare la cosa giusta nel momento giusto. Sappiamo che su di lei, anche a livello realizzativo, possiamo sempre contare, che quando la palla peserà un po’ di più lei si prenderà, giustamente, più responsabilità. Lei è una ragazza d’oro, dentro e fuori dal campo. Una bellissima scoperta“.
[sc name=”banner-dirette-live”]
Credit: Ciamillo