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Mathieu van der Poel conquista la cima dell’Olimpo dei crossisti. Il neerlandese è il primo a vincere quattro Mondiali nel nuovo millennio

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Che Mathieu van der Poel fosse qualcosa di mai visto prima su una bici da ciclocross era chiaro sin dai tempi in cui, puntualmente, Wout Van Aert lo batteva al Mondiale. Il neerlandese ha letteralmente rivoluzionato questo sport, cancellando totalmente i momenti morti che erano presenti nelle gare dell’epoca di Nys e Albert e costringendo tutti quanti a correre pancia a terra per un’ora. Il numero di vittorie conquistate da van der Poel in questo segmento del pedale, in relazione alle manifestazioni a cui ha preso parte, è qualcosa di incredibile. Il nipote e figlio d’arte ha una percentuale di successo altissima, basti pensare che nella stagione 2018/2019 ha conquistato trentadue cross su trentaquattro ai quali ha partecipato e nell’annata seguente, invece, ha alzato le braccia al cielo in ventiquattro delle venticinque occasioni in cui ha attaccato il numero alla schiena.

Eppure, nonostante l’incredibile talento di cui gli ha fatto dono madre natura, uno dei più spropositati nella storia del ciclismo, anche van der Poel ha avuto bisogno di crescere. Il Mathieu di metà anni ’10 era un cavallo pazzo capace di dominare in lungo in largo, ma di sciogliersi al primo inconveniente. Al contrario, Van Aert, fuoriclasse anch’egli seppur non al livello del rivale, ha da sempre palesato una testa fuori dal comune e sovente è stata proprio la sua solidità mentale che gli ha permesso di avere la meglio su van der Poel.

Nelle ultime stagioni, il gap tecnico e atletico tra i due si era ampliato al punto che Van Aert sembrava non rappresentare più nemmeno una minaccia per van der Poel. Nel 2018/2019 van der Poel ha annichilito il belga ogni volta che lo ha trovato sul suo cammino. L’anno scorso, invece, complice l’infortunio patito al Tour de France, Van Aert aveva iniziato la campagna del cross in ritardo, con una condizione non al top, e i pochi scontri tra i due, incluso quello al Mondiale di Dubendorf, erano stati senza storia. In questo 2020/2021, però, le cose sono cambiate.

Van Aert è tornato l’extraterrestre degli anni migliori e su otto scontri diretti, complice anche un po’ di fortuna, ne aveva vinti ben tre. Il belga arrivava al mondiale libero dalla pressione, che era tutta sulle spalle del neerlandese, e con una condizione strepitosa per via della quale anche molti grandi del passato, come Sven Nys e Roland Liboton, lo indicavano addirittura come favorito per la conquista della maglia iridata. Era chiaro a tutti, dunque, che a van der Poel non sarebbe bastato sfogare tutti i suoi watt per vincere. Anzi, il neerlandese, per trionfare, aveva bisogno di confermare quella solidità mentale che pareva aver acquisito dopo la sconfitta di Valkenburg 2018.

Quando Mathieu è caduto durante la seconda tornata, mentre Van Aert faceva il forcing, tutti abbiamo visto ricomparire i fantasmi del passato. Il neerlandese, però, questa volta ha mantenuto il sangue freddo. Non si è buttato giù, anzi; benché avesse rotto la sella, ha deciso di non cambiare subito bici, per non lasciare ulteriore margine al belga. Van der Poel ha tenuto l’avversario a una quindicina di secondi e dopo aver sostituito il mezzo si è anche avvicinato ulteriormente. A questo punto, la Dea Bendata è intervenuta di nuovo e gli ha dato una mano.

Van Aert ha forato e in breve van der Poel lo ha ripreso. In quanto a sfortuna, uno a uno e palla al centro. Dopo il cambio di bicicletta, Van Aert era ad appena quattro secondi da van der Poel e mancavano cinque giri al termine. Era tutto aperto, dunque. Questa volta, tuttavia, il fuoriclasse neerlandese non si è lasciato sconfiggere nella guerra di nervi e, anzi, per sua stessa ammissione, è stato Van Aert a patire dal punto di vista psicologico.

Con la testa sgombra dai suoi demoni, van der Poel ha fatto quello che gli riesce meglio: dominare. Il tracciato, a conti fatti, si è dimostrato decisamente più favorevole al neerlandese. Van Aert guadagnava quando pedalavano in riva al mare e il vento travolgeva i crossisti, ma in tutti gli altri segmenti perdeva. Van der Poel riusciva a fare in bici alcuni tratti della spiaggia ove Van Aert doveva scendere e correre piedi. Il neerlandese, inoltre, grazie alla sua maggiore esplosività, andava più forte sul ponte al 21% di pendenza media. Infine, van der Poel si trovava più a suo agio anche nel tratto finale del tracciato. Le sue divine qualità tecniche, infatti, gli davano modo di affrontare in modo più efficace le varie curve e salitelle dal fondo fangoso.

Dopo i quaranta minuti di gara, un Van Aert che stava comunque perdendo con continuità dal rivale, è sembrato andare in riserva. Il belga ha finito la benzina prima dell’avversario e la sua azione è diventata visibilmente legnosa. Al contrario, van der Poel, è cresciuto con continuità giro dopo giro e solo nel finale, quando ormai la vittoria era in ghiaccio, è sembrata venirgli meno un pizzico di lucidità. Quella odierna è stata la vittoria numero duecento per Mathieu in gare UCI tra ciclocross, strada e mountain bike. Oltretutto, il fenomeno orange è diventato il primo a vincere quattro Mondiali, nella categoria uomini Elite, nel nuovo millennio (l’ultimo a riuscirci fu Roland Liboton nei primi anni ’80 ndr.). Dati, questi, che rendono chiara la dimensione di un fuoriclasse unico, il quale, a soli ventisei anni, è già probabilmente il più grande crossista di tutti i tempi.

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Foto: OA Sport

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