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Sci di fondo
“Pellegrino ha disputato un Tour de Ski sublime, ma in Italia dietro di lui è tutto fermo” ‘L’ululato del Bubo’ con Fulvio Valbusa
Il XV Tour de Ski è appena passato agli archivi. Senza ombra di dubbio, è stata un’edizione in tono minore, irreparabilmente condizionata dalla pesantissima assenza della Norvegia, che ha fortemente depauperato il campo partenti, privando l’evento di gran parte del proprio fascino. Non a caso tra gli uomini Alexander Bolshunov ha dominato in lungo e in largo. Quantomeno c’è stata una certa lotta in campo femminile, dove alfine si è imposta Jessica Diggins. L’Italia ha raccolto soddisfazioni soprattutto grazie a Federico Pellegrino e Francesco De Fabiani, ma nel complesso non ha certo brillato. Andiamo ad analizzare quanto accaduto assieme al campione olimpico di Torino 2006 Fulvio Valbusa, nella sesta puntata della rubrica “L’ululato del Bubo”.
Bubo, cominciamo dal settore maschile. Non si può non partire da Alexander Bolshunov, trionfatore assoluto e capace di salire sul podio in tutte le tappe. Era il grande favorito, ma forse ha dominato in maniera ancora più netta del previsto. Cosa mi dici su di lui?
“La sua vittoria era scontata in partenza, perché non c’erano avversari al suo livello. Lo dimostra il fatto di essersi imposto con quasi 3 minuti e mezzo sul secondo, il pur ottimo Maurice Manificat, che a quasi 35 anni ha disputato un Tour de Ski fantastico, come peraltro tutti i francesi. C’è un grande ‘però’ in tutto questo. Nei tre minuti e mezzo rifilati da ‘Sasha’ a ‘MoMo’ si sarebbero potuti inserire quattro o cinque norvegesi, compreso uno in grado di dare filo da torcere al russo. Bolshunov ha avuto vita sin troppo facile e l’unico errore che ha commesso è stata la gestione della sprint della Val di Fiemme, dove ha sbagliato a fermarsi in cima alla salita, spianando la strada a Svensson e Retivykh. C’è rimasto male anche lui e credo abbia imparato qualcosa”.
Passiamo all’Italia, che ha piazzato due atleti nei primi quindici. Però, nonostante abbiano chiuso vicinissimi nella classifica finale, il bilancio di Federico Pellegrino e Francesco De Fabiani è ben diverso, non trovi?
“Guarda, Pellegrino è stato la principale sorpresa del Tour de Ski, perché ha realizzato una performance complessivamente ottima e al di sopra delle aspettative. Al di là delle sprint, dove ha fatto il suo, non mi sarei mai aspettato di vederlo chiudere in quattordicesima posizione sul Cermis. Tanto di cappello per i suoi dieci giorni e complimentoni per come ha portato a termine l’appuntamento!”
Invece non credo si possa dire lo stesso di De Fabiani, al di là del podio conquistato in una tappa.
“Quel podio ha salvato il bilancio del suo Tour de Ski. Io però sinceramente non riesco a capire, da ex atleta, come sia possibile che tra la Val Müstair e Dobbiaco sia stato un fantasma, mentre a distanza di due giorni sia passato dalla mediocrità totale all’eccellenza assoluta, arrivando a sfidare Bolshunov ad armi pari. A me pare evidente che sia tutta una questione psicologica, perché se non sei in condizione atletica, il tuo fisico non risponde come ha risposto il suo. Queste dinamiche legate al DeFa mi lasciano perplesso, perché mi da’ l’impressione di non riuscire a mettere pienamente a frutto le sue qualità. Resto convinto che se si fosse espresso costantemente su quel livello in ogni tappa, avrebbe potuto giocarsi il podio con Manificat, Spitsov e Yakimushkin. La sua prestazione nella 15 km della Val di Fiemme mi ha fatto venire la pelle d’oca, ma è troppo poco per un atleta come lui, che non si può accontentare di far bene in una tappa e basta”.
Invece quali sono i tuoi pensieri sugli altri italiani, i cui risultati hanno latitato?
“Abbiamo visto un discreto Salvadori nella 15 km a tecnica libera di Dobbiaco, ma nient’altro. Dietro a Pellegrino e De Fabiani è tutto fermo e tutto da ricostruire. Lo spazio per inserirsi al vertice c’è e lo dimostrano i saltuari exploit di tedeschi, americani o persino dell’andorrano e dell’irlandese. Invece i nostri il botto non lo fanno mai. Com’è possibile? Non posso credere che ci siano tanti singoli in grado di infilarsi nei dieci sparsi per il mondo, ma nessuno di loro sia italiano a parte Pellegrino e De Fabiani. Secondo me manca un qualcosa o un qualcuno che riesca a tirare fuori il meglio dalle nostre seconde linee, perché non possiamo accontentarci di quanto visto in questo Tour de Ski, soprattutto considerando il fatto di aver potuto disputare in casa più della metà delle tappe. Non va bene e si deve lavorare adesso in vista di Milano-Cortina 2026. Pellegrino non è eterno e non può essere competitivo a questi livelli fino a 35-36 anni. Dobbiamo pensare al dopo-Chicco, ma è un discorso complesso e magari lo approfondiremo settimana prossima”.
Passiamo al settore femminile, dove invece c’è stata una lotta decisamente più accesa. Qual è il tuo commento in generale?
“Il Tour de Ski femminile è andato come doveva andare, nel senso che non abbiamo visto grosse sorprese e la partita si è giocata tra Russia, Svezia e Stati Uniti. A livello di squadra hanno fatto meglio russe e svedesi, ma il Tour lo vince un singolo e in tal senso è emersa Jessica Diggins, che era tra le favorite, seppur non LA favorita in assoluto. Evidentemente ha preparato molto bene l’appuntamento e si è conquistata il successo sul campo, correndo in maniera favolosa e con la sua solita grande grinta. Affermazione meritata, perché sin dai primi chilometri ha gareggiato in maniera tale da porre le basi per il trionfo, rimanendo costantemente ad alto livello dalla prima all’ultima tappa”.
C’è un velato riferimento a Ebba Andersson, partita in sordina e poi scatenatasi nella seconda metà del Tour?
“Esattamente, però io penso che le svedesi abbiano patito l’altura. A dicembre hanno sicuramente fatto gare in patria, ma non in quota. La Val Müstair è bella alta ed evidentemente le scandinave hanno avuto bisogno di adattarsi. Credo sia questa la ragione per cui Ebba Andersson ha faticato all’inizio, crescendo poi prepotentemente di colpi. Fosse partita al meglio, forse avrebbe potuto dare fastidio a Diggins, però il Tour de Ski si compone di 8 tappe e non di 5…”
Invece cosa mi dici di Frida Karlsson? Senza l’infortunio avrebbe potuto dare fastidio alla statunitense?
“Non lo sapremo mai. Fino al momento dell’incidente non avevo visto una Frida Karlsson così irresistibile. D’accordo, il circuito della Val Müstair non era certo adatto alle sue caratteristiche e forse questo l’ha un po’ penalizzata insieme alla questione dell’altura di cui abbiamo già parlato. Peccato non aver visto il duello finale con Diggins, ma è andata così“
Questione Coppa del Mondo. Ora Diggins ha un discreto margine su Stupak, mentre Nepryaeva è più staccata. Come la vedi?
“Le norvegesi saranno l’ago della bilancia, perché potranno portare via tanti punti all’una o all’altra contendente. Sinceramente Nepryaeva mi ha deluso, perché esprimendosi ad alti e bassi le Coppe del Mondo non si vincono. O ritrova la continuità dell’ultimo biennio, oppure perderà una grande occasione. Va anche detto che ora in tante tireranno i remi in barca per preparare i Mondiali, quindi potremo assistere a tappe un po’ strane. Diciamo che la solidità di rendimento di Diggins potrebbe fare la differenza contro Stupak. Le altre partono oggettivamente di rincorsa”.
Capitolo Italia. Cosa possiamo dire sulla prestazione delle azzurre? Non credo si possa festeggiare a champagne e caviale.
“Inutile nascondersi, ci si aspettava qualcosa di più. Parliamoci chiaro, indovinare una gara su otto è troppo poco. Una o due tappe bucate ci stanno, ma sei o sette no. Mi ha deluso soprattutto Lucia Scardoni, perché per come si era espressa a dicembre pensavo potesse fare un botto nella sprint della Val di Fiemme, che le si addiceva particolarmente. Invece ha toppato di brutto, dimostrandosi legnosissima. Credo si aspettasse di più anche lei da quell’appuntamento. Quantomeno c’è stata una parentesi positiva a Dobbiaco, dove ha dimostrato di essere migliorata parecchio a tecnica libera. Il risultato nella 10 km della Val di Fiemme testimonia come possa avere qualità che vanno oltre quelle della sprinter. In casa Italia salvo le più giovani. Anna Comarella ha disputato un Tour de Ski molto costante, portandosi a casa un bel piazzamento nella gara a skating di Dobbiaco e un discreto ventesimo posto finale. Francesca Franchi e Martina Di Centa hanno tenuto duro, arrivando sino in fondo, accumulando così una grande esperienza che potrà tornare molto utile in futuro. Risultato dignitoso per queste ragazze, ma non certo soddisfacente. Dopotutto, c’è ancora tanta strada da fare e si possono ottenere piazzamenti di peso anche se non si gareggia per una superpotenza. Lo dimostra quanto fatto dalla francese Delphine Claudel e dalla ceca Katerina Razymova. Se loro sono in grado di lasciare il segno, perché non possono riuscirci anche le nostre? Anche questo, però, è un discorso da approfondire settimana prossima”.
ULULATO DEL BUBO – PUNTATE PRECEDENTI
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Foto: Davide Glatz