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Australian Open 2021: Novak Djokovic e Aslan Karatsev, voglia di nona contro effetto sorpresa

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Semifinale imprevedibile a metà, quella che andrà in scena, col pubblico di nuovo autorizzato a entrare nella Rod Laver Arena, domani mattina. Il quartultimo giorno degli Australian Open 2021 vede Novak Djokovic, numero 1 del mondo e prossimo recordman di settimane da leader della classifica mondiale, affrontare l’uomo che ha fatto saltare qualsiasi pronostico in questo torneo: il russo Aslan Karatsev.

La sua è senz’altro la storia di queste due settimane. E’ il quinto qualificato a raggiungere una semifinale Slam, dopo le storie conosciute di John McEnroe (Wimbledon 1977), Filip Dewulf (Roland Garros 1997), Vladimir Voltchkov (Wimbledon 2000) e quella meno nota di Bob Giltinan (Australian Open 1977, versione dicembrina; quell’anno si giocò a gennaio e dicembre). Ma è anche il peggio classificato nel ranking ATP (numero 114) a raggiungerla dai tempi del leggendario cammino di Goran Ivanisevic a Wimbledon 2001, e soprattutto è il primo, nell’Era Open, a debuttare in un tabellone Slam direttamente con la semifinale. Era ugualmente numero 114 Patrick McEnroe, fratello di John, quando sconfisse Cristiano Caratti ai quarti per arrampicarsi fino al penultimo atto.

Tutti dati che non dicono, però, tante cose, come per esempio il fatto che abbia dimostrato pienamente, a 27 anni, di essere un giocatore che merita i piani almeno medio-alti del tennis professionistico. Perché non si batte per caso il canadese Felix Auger-Aliassime rimontando due set. Grandissima concretezza in risposta ed elevato numero di vincenti: sono queste le caratteristiche che finora hanno colpito del russo, bravo anche a non farsi condizionare dall’infortunio di Grigor Dimitrov nei quarti, con la schiena del bulgaro che ha salutato la Rod Laver Arena prima ancora del suo proprietario. Stavolta la montagna da scalare per Karatsev sarà la più dura in assoluto, nel tentativo di mettere a segno il 35° successo da quando il lockdown è terminato. Solo in sei lo hanno sconfitto da allora: in ordine sparso, il connazionale Karen Khachanov, il bielorusso Illya Ivashka, l’australiano Alex de Minaur, l’americano Sebastian Korda, il nostro Andreas Seppi e lo svizzero Stan Wawrinka.

Djokovic, invece, arriva da un quarto in cui è riuscito a muoversi in maniera abbastanza buona da sconfiggere Alexander Zverev, o meglio ciò che è stato del tedesco. Che, per la verità, ha sprecato tutto il possibile e l’immaginabile: dopo aver vinto il primo set, in ognuno dei tre successivi non è stato esattamente abile nel mantenere il vantaggio che si era ogni volta creato. Il Nole successivo all’infortunio subito nel match contro l’americano Taylor Fritz, però, rimane un giocatore che qualche dubbio lo lascia, anche perché pur dichiarando di essersi spesso sentito meglio in partita, ha anche ammesso che, sostanzialmente, in questi giorni non si sta allenando. E, dalla sala stampa, ha lanciato l’allarme sugli infortuni in serie di questi giorni (quelli di Dimitrov e Matteo Berrettini sono solo gli ultimi della serie), proponendo una bolla itinerante e tornei a blocchi di settimane da giocare nella stessa sede.

Chiaramente, in quest’occasione parte da una posizione di netto vantaggio. Ci sono tutti gli ingredienti: l’esperienza, la possibilità di giocare la nona finale a Melbourne (quando ha raggiunto il penultimo atto è sempre arrivato in finale e, in più, ha sempre vinto il torneo), l’usuale costanza nella fase iniziale della stagione. Un feudo, quello aussie, che lo ha spesso visto partire dai blocchi meglio dell’intera concorrenza, tant’è che sulla Rod Laver Arena ha alzato più trofei di tutti nella storia. Quella di domani mattina (ore 9:30 italiane) sarà la sua semifinale Slam numero 39, e proprio a Melbourne, per il motivo citato, ha il miglior rapporto con l’ingresso nell’ultimo atto. Mai, però, aveva perso quattro set prima di arrivarci prima d’ora. Anzi, in tutte le occasioni in cui è giunto alla finale, prima della stessa i parziali persi sono stati al massimo tre, anche nel 2008 della prima gioia.

Foto: LaPresse

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