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Australian Open, Serena Williams e la maledizione del 24° Major. Quando un obiettivo diventa un’ossessione

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Ventiquattro, un numero maledetto per Serena Williams. La campionessa statunitense si è arresa nella semifinale dell’Australian Open 2021, venendo sconfitta in due set da Naomi Osaka che si giocherà il titolo con Jennifer Brady. L’amarezza della 39enne residente a Palm Beach Garden era visibile, fino a sfociare nelle lacrime della conferenza stampa susseguente. Delle lacrime che sanno di consapevolezza di aver buttato via una delle ultime possibilità, forse l’ultima, di poter sollevare al cielo un altro trofeo dello Slam e di raggiungere Margaret Court nella speciale classifica, mettendosi alle spalle l’ossessione di entrare definitivamente nella storia.

Serena si era presentata con ottime credenziali al primo major stagionale. Non solo per il palmares, capace di far impallidire chiunque, ma anche per la forma fisica con cui si è presentata, probabilmente la migliore da quando è diventata mamma nel 2017: sempre aggressiva sulla palla e capace di colpire come nei giorni migliori, giorno dopo giorno ha alzato le proprie quotazioni per arrivare fino in fondo nel torneo. L’americana aveva palesato ben poche difficoltà nel corso di queste due settimane, riuscendo a superare di slancio i primi tre turni. Il primo grande ostacolo, rappresentato da quell’Aryna Sabalenka in grandissima forma da fine 2020, viene abbattuto grazie alla grande esperienza e alla capacità di resistere al dolore, rappresentato dalla storta alla caviglia patita nel secondo set. La vittoria comoda contro Simona Halep, colei che nel 2018 le negò il successo a Wimbledon, rappresentava un punto di svolta: Serena voleva ardentemente quel maledetto ventiquattresimo torneo dello Slam.

I suoi sogni si sono però infranti contro la Osaka, la stessa che aveva battuto poco tempo fa in una partita di esibizione per prepararsi all’Australian Open. Per sua stessa ammissione, la Williams è stata penalizzata dai tanti errori soprattutto nel primo set, in cui ha sempre avuto la palla per prendere il largo fino al quinto gioco. Da lì sono riaffiorati i demoni: quelli rappresentati dalla giapponese, che la superò in una discussa finale degli US Open 2018. E quelli di Margaret Court, sempre lì ad un passo da quattro anni, dall’ultima vittoria major in Australia nel 2017. Ma che da allora non è mai riuscita a raggiungere, scivolando spesso sul più bello: è la sesta volta che Serena arriva a disputare almeno una semifinale Slam in questo lasso di tempo, arrivando per quattro volte in finale tra 2018 e 2019 senza mai uscire con il trofeo sotto il braccio. Anche stavolta la regina del tennis contemporaneo ha dovuto alzare bandiera bianca. E quelle lacrime in conferenza stampa rappresentano una sua consapevolezza. Quella che forse, a quarant’anni da compiere, quel ventiquattresimo Slam da anni ad un passo per i numeri diventa sempre più difficile da raggiungere con la racchetta in mano. 

Foto: Lapresse

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