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Calcio, punto di rottura a Livorno: azionariato popolare per salvare la società labronica. Un nuovo modello?

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Point break? No, non parliamo di un film con surfisti, ma di qualcosa che ha proprio il sapore della discontinuità o della “rottura”. Il Livorno, nella realtà calcistica della Serie C, sta vivendo un momento non particolarmente propizio, trovandosi al penultimo posto in classifica. E allora ecco l’idea che vuol far saltare il banco: azionariato popolare per acquisire la proprietà.

Sembrerebbe un’utopia e un pensiero a metà tra i concetti espressi in letteratura da Thomas More e in filosofia da Jean-Jacques Rousseau sul potere della democrazia. Perché questa idea? Da tempo il club cittadino vive una situazione difficile non soltanto da punto di vista sportivo, ma anche finanziario e societario. La proprietà, di fatto, è frazionata fra diversi imprenditori, ma di soldi in tasca troppo pochi. Si teme, quindi, il fallimento.

Dunque, l’intenzione è quella di cambiare l’ordine delle cose, rendendo i tifosi parte di un asset più importante. Esattamente una settimana fa è stato presentato il progetto “Livorno Popolare”, che vuole realizzare quella che è una vera e propria rivoluzione: addio alla visione gerarchica della società, con il presidente monarca, e spazio al concetto di Supporter’s Trust, ovvero la diffusione della proprietà azionaria presso il pubblico, che diventa anche investitore e “dirigente”. Tramite l’azionariato popolare, si ottiene una capillare diffusione della proprietà delle quote della società, che anziché essere possedute da un numero limitato di soci, è in mano ad un numero il più elevato possibile di soggetti, soprattutto investitori cosiddetti “non istituzionali”.

Per arrivare arrivare a questo risultato è necessario acquisire, quindi, una quota di azioni nel club. Un qualcosa che è già assai diffuso in Germania, Inghilterra e Spagna, ma che in Italia invece è ancora uno scenario distante. “Livorno Popolare” si pone proprio come un elemento di forte discontinuità. “Attualmente, nulla è dovuto, si tratta soltanto di sottoscrivere il modulo di adesione al progetto e in pochi giorni siamo arrivati a 2500 adesioni. Una volta raggiunte le 3000 potremmo parlare di business plan. Voglio precisare anche che ci sarà anche un tetto massimo, qualora un imprenditore voglia investire diversi soldi, potrà farlo acquistando quote societarie al di fuori dell’azionariato popolare”, le parole di Marco Bruciati, tra i promotori dell’iniziativa.

L’idea è ambiziosa: “Noi vogliamo acquisire la maggioranza delle quote del club (51%), non esserne parte marginale. L’obiettivo è assumersi una responsabilità diversa e vivere le dinamiche del club attivamente. Un modo anche per rispondere a un calcio che vede sempre di più i supporters distanti, ben prima della problematica del Covid“, ha sottolineato Bruciati. Dopo le adesioni, si penserà alle quote da versare e successivamente si andrà in cerca di sponsor e di soci di minoranza.

Nella lista degli aderenti, presenti firme calcistiche importanti come Luca Mazzoni, Andrea Luci, Matteo Melara, Marco Amelia ed Emerson e dello sport livornese in senso più ampio come Tommaso Morini, (figlio di Stefano, tecnico noto del nuoto azzurro). Il modello è quello della democrazia rappresentativa, con la creazione di un organo di eletti in grado di prendere delle decisioni e di scegliere delle strategie. “Siamo convinti che in una realtà come Livorno questa idea possa avere successo, prendendo spunto da quello che già accade in Germania. Inoltre è un’occasione di rilancio anche per l’intero territorio che può giovarsi di una visione attiva delle collettività e quindi non solo riscontrabile nel calcio“, ha precisato Bruciati.

Foto: LaPresse

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