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Scacchi: Levon Aronian e il passaggio dall’Armenia agli Stati Uniti. I motivi, una storia complessa e i precedenti

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La storia del giorno, anzi delle ultime settimane, che nelle scorse ore ha preso la piega del punto di non ritorno, è quella di Levon Aronian. Non è del tutto inconsueto vedere, negli scacchi, un giocatore che effettua il cambio di nazionalità di fronte alla scacchiera: in questo caso, però, la vicenda ha grande rilevanza poiché si tratta di uno dei simboli d’Armenia. Basta vedere, in tal senso, il post su Facebook del diretto interessato, con il volume di persone che ha raggiunto.

Levon Aronian ha deciso di giocare per gli Stati Uniti. Decisiva, ancora una volta, l’azione di Rex Sinquefield, il magnate che non solo ha molto a cuore gli scacchi, ma organizza anche uno tra i più importanti tornei al mondo, la Sinquefield Cup a St. Louis. Ed è proprio qui che Aronian andrà a stabilirsi, dopo aver ceduto a un corteggiamento perdurante almeno dalla metà del decennio scorso.

Per Aronian le cose sono cambiate dal 2018, quando è cambiata anche la presidenza dell’Armenia. Il precedente leader del Paese, Serzh Sargsyan, per 10 anni Presidente della Repubblica e per pochi giorni anche del Consiglio, si è dimesso sotto la spinta di proteste che si sono poi trasformate nella Rivoluzione di velluto. Sargsyan aveva aiutato in modo particolare tanto Aronian quanto gli scacchi in generale in Armenia (presiedeva anche la federazione), uno di quegli ambiti in cui il Paese può vantare una tradizione non indifferente già come nazione indipendente, con i tre ori alle Olimpiadi Scacchistiche raccolti tra il 2006 e il 2012.

La vicenda ha finito per toccare Aronian da vicino: nella sua lunga lettera spiega come alle promesse del nuovo governo di mantenere viva l’attenzione sugli scacchi non siano seguiti i fatti. Il tutto è andato a culminare in una frase specifica: “I nostri esperti dicono che Levon Aronian non ha più potenziale“. Una sentenza pesantissima, per uno che, pur essendo classe 1982, è pur sempre il numero 6 delle liste mondiali della FIDE. Poco dopo, in Norvegia, è andato a sconfiggere in sequenza sia Magnus Carlsen che Fabiano Caruana.

Nelle scorse settimane, la madre ha difeso il comportamento del figlio, sottolineando anche quanto quest’ultimo riceveva in termini economici: 200.000 dram armeni. Scritti in questo modo sembrano tanti, ma la conversione in euro recita poco più di 300. Per anni, Aronian ha rifiutato tutte le offerte che gli arrivavano per cambiare nazionalità, con somme che erano anche un migliaio di volte più alte di quelle citate.

La scelta dell’armeno non è la prima, e senz’altro non sarà l’ultima, di questo genere nella storia degli scacchi. Conosciamo bene quella di Fabiano Caruana, anche lui convinto da Rex Sinquefield, ma con delle motivazioni che vanno anche ben al di là, avendo egli la doppia nazionalità italiana e americana (è nato a Miami). Wesley So, nel 2014, ha cambiato strada passando dalle Filippine agli States in considerazione del suo essere ormai stabilmente in terra americana, oltre che con la famiglia in Canada; la questione è stata oggetto di strascichi non indifferenti tra un capo e l’altro della vicenda. A fine 2018, invece, a passare sotto bandiera a stelle e strisce è stato il cubano Leinier Dominguez Perez. Non va confuso con tutte queste situazioni il caso di Hikaru Nakamura, che pur essendo nato in Giappone è figlio di madre americana, vive negli Stati Uniti da quando aveva due anni ed è pertanto statunitense a tutti gli effetti. Si parla qui soltanto dei casi a stelle e strisce, ma se ne potrebbero citare tanti altri (come quello del tedesco Arkadij Naiditsch, passato dalla Germania all’Azerbaigian, anche se ora vorrebbe tornare al suo Paese d’origine e non è al momento stato riaccolto).

Resta sul tavolo un altro caso particolarmente spinoso, quello di Alireza Firouzja, che dalla fine del 2019 non gioca più da iraniano, ma sotto bandiera FIDE. Attualmente vive in Francia, e pur non avendo scelto ancora la sua futura destinazione è verosimile che, visto anche il vissuto suo e della famiglia, passi a difendere i colori transalpini. Del resto, è anche la sua stessa intenzione. Parliamo, in questo caso, di un classe 2003 per il quale la domanda non è se mai diventerà sfidante per il titolo mondiale, ma quando.

Foto: StockphotoVideo / Shutterstock.com

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