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America’s Cup, Max Sirena: “Se Luna Rossa è davanti, non è facile passarla. Bertelli? Legame affettivo”

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A volte quello che sembra un azzardo può rivelarsi una scelta vincente. La Coppa America è sempre stata caratterizzata dallo spionaggio, questa non fa eccezione, per carpire i segreti dell’altro. A volte i segreti sono visibili a tutti, ma non tutti se ne accorgono. Tra i segreti con questa caratteristica di Luna Rossa ci metterei Massimiliano Max Sirena. Lo skipper venuto dal basso, il comandante operaio, il velista senza medaglie. Max Sirena è sempre stato guardato con sufficienza dal gotha della vela perché non ha pedigree, ma alla resa dei conti sta dimostrando che non è il curriculum che fa la differenza.

Quando nel 2000 era il numero 3 a bordo della prima Luna Rossa, l’uomo dell’albero, Ben Ainslie (lo skipper di Ineos con un bottino di 4 ori olimpici) aveva già vinto un argento a cinque cerchi e dopo poco avrebbe conquistato il primo oro, Terry Hutchinson (skipper di American Magic) aveva già vinto qualche mondiale ed era randista della sfida “America One”, Grant Dalton (CEO di Emirates Team New Zealand) aveva già corso cinque giri del mondo, vincendone uno. Della partecipazione di Max Sirena nella coppa del 2000 si ricorda soprattutto la sua ferita al capo (niente di grave) e un’incredibile perdita di sangue, con tutta la barca imbrattata durante le regate contro i neozelandesi. Passare da una posizione senza grandi responsabilità decisionali, al ruolo di skipper e team principal di Luna Rossa Prada Pirelli, è stato un salto senza precedenti nella storia della vela.

Ero riuscito ad imbarcarmi per qualche regata sulle barche di Patrizio Bertelli”, racconta Max Sirena, “e quando nel 1997 Antonio Marrai fu incaricato di costruire il team, andai da lui per farmi ingaggiare. La Coppa America era il mio sogno, dissi che sarei stato disposto anche a spazzare il piazzale di Punta Ala dove c’era la base. In effetti per un mese ho spazzato il piazzale”.

Ora, al comando dell’ esercito-azienda di 121 uomini, ma senza essere più imbarcato, ha vinto la Prada Cup, la selezione tra gli sfidanti all’America’s Cup. Dal 10 marzo, se tutto va bene con le allerte Covid ad Auckland, Luna Rossa affronterà il Defender Emirates Team New Zealand: chi vince sette regate potrà stringere tra le mani la vecchia brocca realizzata nel 1851 dal gioielliere Garrard di Londra per la regata delle Cento Ghinee.

Perché un velista che non è mai stato al timone in una Coppa America, che non è mai stato in corsa per un posto alle Olimpiadi, che non ha fatto il giro del mondo, riesce a mettere insieme un team in grado di annichilire il Baronetto Ben Ainslie (con le sue 5 medaglie a cinque cerchi), con un clamoroso 7 a 1? Perché lo ha scelto con un azzardo Mr Prada: ”Ho conosciuto Max Sirena quando era ancora agli inizi della sua carriera velistica. Quello che mi ha colpito maggiormente di lui” spiega Patrizio Bertelli, “sono la passione, la determinazione e l’umiltà: ha cominciato da subito in Luna Rossa ed è arrivato ai vertici del team, tutto per merito suo. Max è anche stato capace di essere sempre al passo con i molteplici sviluppi tecnici della Coppa e di saper amalgamare e gestire un team di Coppa America, che ha delle forti complessità“.

Non so neppure spiegare perché con Bertelli sia nato un rapporto di fiducia così stretto”, continua Sirena, ”dopo il 2007 ci siamo ritrovati tante volte a parlare di vela e di Coppa America come due appassionati, fino a quando mi ha chiesto, già nel 2011, se volevo cominciare a pensare a un ritorno di Luna Rossa. Dico sempre che lui è stato più matto di me. Sicuramente la vittoria nel circuito dei catamarani Extreme 40 ha avuto un ruolo determinante nel continuare l’avventura. Ho avuto carta bianca nella scelta delle persone, anche se lui è sempre stato informato di tutto quello che facevo: equipaggio, progettisti. Anche oggi, lo aggiorno su ogni modifica alla barca, vuole sapere cosa facciamo e perché. Mi è di aiuto se devo prendere una decisone difficile. Posso affermare che ho un legame affettivo forte con lui e con tutta la sua famiglia”.

Max Sirena da Rimini spera di festeggiare i suoi primi cinquant’anni, il prossimo 4 dicembre, mettendo sul tavolo il Santo Graal di ogni velista. In verità la Coppa l’ha già vinta due volte: la prima nel 2010 come responsabile della vela alare del gigantesco trimarano Oracle, chiamato da Russell Coutts; la seconda nel 2017, quando Luna Rossa contribuì in modo determinante con uomini, soldi e tecnologia alla vittoria neozelandese. Ma, se succede, conquistarla come condottiero della sfida italiana, lo champagne con cui si riempie la brocca avrebbe ovviamente un altro sapore. Una cosa è certa, Sirena ha assorbito come una spugna tutto quello che poteva da due leader straordinari che hanno fatto la storia della vela.

Nel 2013 la sua prima sfida da skipper per le regate di San Francisco fu chiaramente interlocutoria: per imparare come funzionavano i catamarani che erano la nouvelle vague dell’America’s Cup. Sono i tempi della grande amicizia tra Luna Rossa e Team New Zealand, nata nel 2000 quando la barca color argento era diventata la beniamina dei neozelandesi (anche perché aveva perso…. contro Black Magic). Bertelli e Sirena, infatti, per tornare sul palcoscenico della Coppa, nel 2012 avevano comprato il progetto del catamarano di 22 metri dai Kiwi e si erano trasferiti ad Auckland per fare da sparring partner. Nelle regate di San Francisco si erano ritrovati contro nella finale Louis Vuitton Cup, come nel 2007, e avevano perso 7 a 1, ma era scontato. Già nel 2007 la sconfitta era stata severa: 5 a 0. Si capisce perché i padroni del campo di regata sul Golfo di Hauraki si sentano oggi sicuri grazie a una totale di 17 vittorie a 1. Per trovare una barca italiana capace di mettere la prua davanti ai Kiwi bisogna risalire al Moro di Venezia nel 1992, quando vinse la Louis Vuitton Cup 5 a 3.

Le statistiche non impressionano Max Sirena. ”Fare un pronostico è impossibile fino al 10 marzo, giorno della prima regata. Molto dipenderà dalle condizioni meteo”, spiega lo skipper, “Noi siamo molto sicuri con vento sotto i 12 nodi e sopra i 18. La nostra forza sono le partenze e, se siamo davanti al via, non ci supereranno tanto facilmente. Non abbiano niente da perdere, loro sono molto sotto pressione”.

Luna Rossa non gli ha portato solo le soddisfazioni sportive. La moglie di Sirena, Tatiana del Giovane, nel 2000 lavorava nell’ufficio stampa di Luna Rossa. Oggi hanno due figli: Lorenzo, il più grande, è un campioncino sull’Optimist, vince le regate anche a Auckland. “Il vero talento è lui”, sorride orgoglioso lo skipper. Tatiana ha avuto, per scelta di Patrizio Bertelli e Miuccia Prada, il compito di madrina dell’ultima Luna Rossa, varata il 20 ottobre a Auckland: è toccato a lei rompere la bottiglia di Spumante Ferrari sulla prua recitando la formula “Io ti battezzo, Luna Rossa!”.

Il segreto di Max? È perseverante e impara in fretta”, rivela la moglie Tatiana. “Max ha un caratteraccio, ma in vent’anni è molto migliorato” ci dice, quasi divertita.

E Max non smentisce. “Lo so che sono rigido e rompiscatole sul lavoro, forse non solo sul lavoro” ammette, “Ma poi ascolto tutti, e non sempre è una buona idea”. In vent’anni un solo vero, grande errore, avvallato da Bertelli, il ritiro del 2015, quando Russell Coutts cambiò le regole sulle barche e per protesta Luna Rossa decise di non partecipare. Molte delle idee che erano già state sviluppate aiutarono poi la vittoria a Bermuda nel 2017 dei neozelandesi. Con i se e con i ma si potrebbe pensare che quella Coppa l’avrebbe vinta Luna Rossa. Ma con i se e con i ma la storia non si fa, si può fare tra una settimana nel Golfo di Hauraki.

Stefano Vegliani

Foto: Luna Rossa Press

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