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America’s Cup, non è finita! Margini di progresso per Luna Rossa e il vento che può girare

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Non è finita. Non sbattiamo ancora la testa contro il muro. Comunque vada Luna Rossa sta facendo qualcosa di straordinario. Lo sta facendo per la vela italiana, per il ricco indotto che ruota attorno alla sfida italiana. Sempre più persone mettono la sveglia alle 4.00 del mattino per vivere le regate in diretta. Lo scotto della popolarità porta qualche eccesso, qualche volgarizzazione che ai puristi dello yacht club dove si entra in blazer blu sicuramente non piace. Ma per il bene della cultura del mare che, benché ci siano 8000 chilometri di coste, non è neppure parente di quella francese, si può anche chiudere un occhio davanti a un anonimo commentatore che sui social definisce da principianti gli errori di Luna Rossa. Qualcosa di buono dalle imprese italiane in Coppa America è sempre rimasto.

Lo sport insegna che non esistono fortuna e sfortuna nella lettura di un risultato, ma a volte può esserci un’eccezione: quella l’abbiamo vista nella regata numero otto quando la barca italiana si è maldestramente seduta sul mare per poi impiegare oltre 8 minuti prima di ritrovare la strada del volo. Se c’era stato un debito con la fortuna quando la stessa drammatica situazione era successa a Emirates Team New Zealand, il credito restituito è stato bello pesante, perché i Kiwi sono caduti dai foil quando erano già dietro, mentre Luna Rossa ha bruciato un vantaggio esagerato.

Il bordo del precipizio, inutile nasconderlo, non è lontano, ma c’è un mantra, lanciato in dialetto siciliano da Ganga Bruni già diventato virale che accompagnerà la prossima giornata di regate: “Lo scecco buono si vede nell’acchianata” (l’asino buono si vede in salita). Insomma non si molla e non ci si abbatte. Luna Rossa è arrivata a questa finale sempre mantenendo un profilo basso, il tifoso vorrebbe sempre stracciare l’avversario ma siamo in casa dei velisti più forti del mondo che negli ultimi 35 anni hanno fatto la storia del trofeo più antico: non solo perché hanno vinto nel 1992, nel 2000 e nel 2017, ma perché hanno sempre portato innovazioni incredibili nella storia della vela. Queste barche ne sono un esempio. Ma ce ne sono tante altre che hanno vinto su ogni mare sotto ogni bandiera. A fronte di tre vittorie, i neozelandesi però si portano nello zaino anche tre sconfitte nell’America’s Cup e due nella Louis Vuitton Cup.

Una volta la vela italiana era succube di quella anglosassone, oggi possiamo duellare ad armi pari con i migliori del mondo in ogni ambito, non solo nella navigazione. Progettisti, responsabili dell’attrezzatura, analisti dei dati ci sono italiani in tutti i team, anche in quello neozelandese.

I primi a riconoscere gli errori sono stati i ragazzi dell’equipaggio, lo ha ammesso senza remore Pietro Sibello, lo ha scritto ai suoi amici Vasco Vascotto, promettendo che domani non saranno più fatti. Sicuramente ogni giorno di regata ha portato qualcosa in più ai neozelandesi che da dicembre non avevano mai avuto un confronto, ma Checco Bruni ha dichiarato che pure Luna Rossa ha margini di progresso. Anche Cino Ricci, che è l’uomo più lontano da questa vela ipertecnologica e volante, ma che conosce lo sport ,si è guardato ben bene dal sottolineare gli errori, che sicuramente ci sono stati.

La vela sfugge a dinamiche che sembrano elementari in altri ambiti, come abbiamo visto nella famosa regata dei 4 minuti prima dati e poi presi, siamo sempre in balia del vento. Anche al tifoso più esperto e più educato è venuta una crisi di nervi, non si può negare, ma il vento può sempre girare dalla parte giusta, intesa come quella di Luna Rossa. Come dice Spithill, frase diventata virale: ”Dai, cazzo, boys!” Lui sa che non è finita fino all’ultima manovra dell’ultima regata.

Stefano Vegliani

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