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Festival di Sanremo

Sanremo 2021. IL PAGELLONE (5 marzo). Willie Peyote mette pepe al Festival, la classe di Malika. Random colleziona stonature

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Annalisa – “Dieci” 6.5: ribadiamo il giudizio della prima esibizione, la prova da autrice è superata. Niente di trascendentale ma è un pezzo che funziona soprattutto sul palco sanremese, sulle radio si vedrà. Deboluccio, però, l’arrangiamento.

Aiello – “Ora” 4.5: se vincesse solo il premio come peggior look dei 26, gli andrebbe bene. Il problema è proprio che la canzone non funziona. E dire che l’idea poteva essere anche buona, ma pessimamente realizzata.

Maneskin – “Zitti e buoni” 7.5: un rock punk fatto davvero bene, portato sul palco con personalità da vendere (la voce Damiano sembra un rocker consumato) e con un super arrangiamento da spellarsi le mani. Bravi, davvero.

Noemi – “Glicine” 5: classicona, non certo la Noemi dei giorni migliori. “Glicine” è la meno rischiosa delle canzoni portate al Festival, all’insegna del ‘chi va piano va lontano’. O almeno, è quello che lei spera. A noi restano molti dubbi. E sull’arrangiamento, pure.

Orietta Berti – “Quando ti sei innamorato” 5.5: mezzo voto in più non alla canzone, ma alla resistenza, perché a quasi 80 anni arrivare in gran forma, anche vocale, alla terza serata di festival consecutiva, non dev’essere una passeggiata.

Colapesce e Dimartino – “Musica leggerissima” 7.5: non è un caso che già nei primi giorni sia stato uno dei brani più passato in radio. L’aria anni ‘80 acchiappa, e l’arrangiamento funziona che è un piacere.

Max Gazzé Trifluoperazina Monstery Band – “Il farmacista” 8: dall’intro che richiama a Battiato al ritornello che ti si pianta nella testa, un trionfo di genialità. Assolutamente fuori concorso, dipinge musica con disarmante semplicità.

Willie Peyote – ““Mai dire mai (La locura)” 8: mette pepe al Festival, portando un pezzo che rispetta le attese, mescolando il sarcasmo alla giusta dose di cattiveria e incazzatura. Al contrario di altri rapper, tutt’altro che un pesce fuor d’acqua.

Malika Ayane – “Ti piaci così” 8.5: ci ripetiamo, brano riuscitissimo, che funziona dalla prima all’ultima nota, e che lei padroneggia splendidamente. Classe, presenza, voce cristallina.

La Rappresentante di Lista – “Amare” 7.5: con la sua voce Veronica fa quel che vuole, figurarsi se non impreziosisce un brano già di per sé audace, bello sin dalla sue prime note melodiche, fino ai passaggi più ‘spinti’.

Madame – “Voce” 7.5: più l’ascolti, più piace. Ha tutti gli ingredienti per diventare un brano tra i più ascoltati del post Festival, con la benedizione di un pubblico giovane e giovanissimo che apprezzerà tutto, forse pure il look che noi invece archiviamo come uno degli orrori festivalieri.

Arisa – “Potevi fare di più” 8: orchestrazione che accompagna magistralmente un brano struggente, di grande intensità, dove la voce di Arisa troneggia e mette in fila (quasi) tutte le colleghe in gara.

Coma_Cose – “Fiamme negli occhi” 4: la poco invidiabile palma ai più deludenti del Festival 2021 se l’assicurano e pure con distacco. Canzone zeppa di retorica, se possibile al secondo delude più ancora che al primo.

Fasma – “Parlami” 4.5: buona per Tik Tok, scentrata per il Festival. Uno degli arrangiamenti peggiori dell’edizione. Impalpabile.

Stato Sociale – “Combat pop” 7: fanno baccano, ma un bel baccano, con richiamo a uno dei re del rock italiano, Bennato. Ci ripetiamo, la vecchia che balla era già sotto l’ombrellone a febbraio, ma anche questo “Combat pop” potrebbe funzionare.

Michelin e Fedez – “Chiamami per nome” 5: scivolano nel già visto e già sentito, ma l’impressione al secondo ascolto è che effettivamente la produzione possa centrare l’obiettivo, che non è vincere il festival ma scalare le classifiche dei download.

Irama – “La genesi del tuo colore” 6 : se e quando riapriranno le discoteche, lui ha già il pezzo pronto. Nel frattempo, si accontenterà dei passaggi in radio, che non saranno pochi. Peccato per l’esibizione in registrata, che sicuramente non gli regala un vantaggio.

Extraliscio con Davide Toffolo – “Bianca luce nera” 7: l’ascolti la seconda volta et voilà, un voto in più, e temi di essere stato ancora di manica stretta. Ritmo gitano che trascina, che trasporta, che non ti lascia fermo sul divano.

Ghemon – “Momento perfetto” 7.5: un altro brano che più l’ascolti, più piace. Un brano dall’armonica incantevole, che strizza l’occhio al jazz, e di difficoltà tecnica notevole.

Francesco Renga – “Quando trovo te” 4.5: a parte il brano, che è davvero debole, tra i peggiori del festival, quello che stupisce è il calo vocale impressionante che ha avuto. Vederlo così, amareggia.

Gio Evan – “Arnica” 5: canzoncina che non arriva alla sufficienza, un profluvio di parole fitte fitte incorniciate da un arrangiamento anche questo leggerino. Impalpabile.

Ermal Meta – “Un milione di cose da dirti” 7.5: molto anni ‘90, costruita per arrivare sul podio sanremese, e lì arriverà. Lo ha dimostrato anche nella serata delle cover, ormai anche i detrattori devono arrendersi: canta, e pure bene.

Bugo – “Invece sì” 7: il suo stare sul palco a tratti pare quasi buffo, sicuramente goffo, però Bugo, e lo aveva dimostrato l’anno scorso, sa scrivere. Non sarà il brano dell’anno, ma il ritornello lo senti e ti rimane addosso. Piace.

Fulminacci – “Santa Marinella” 6.5: brano barbarossiano, che non ha la sostanza e la classe dei brani del Luca anni ‘80-’90, però funziona, si guadagna un’abbondante sufficienza senza poter chiedere di più.

Gaia – “Cuore amaro” 5: più che da Festival di Sanremo, da Festival dell’Andalusia, senza mai uno spunto, piatta, finisce esattamente come comincia, senza lasciare il segno. Bruttina forte.

Random – “Torno a te” 3: il modo peggiore per concludere la serata, per arrivare al capolinea della maratona del venerdì. Parte con una stonatura agghiacciante, e riesce a collezionarne un’altra mezza dozzina. Uno dei brani più brutti dell’ultimo lustro.

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