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Tennis: Juan Manuel Cerundolo, a Cordoba, è il quinto giocatore a vincere un torneo ATP al debutto in tabellone

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Clamorosa. Solo in questo modo si può definire la parabola di Juan Manuel Cerundolo, il diciannovenne che ha trionfato questa notte al torneo ATP di Cordoba facendosi largo tra le qualificazioni e demolendo uno dopo l’altro tutti i giocatori incontrati, anche con esperienza molto più grande della sua.

Cerundolo, che fino a una settimana fa era numero 335 del ranking ATP, con questa vittoria è riuscito a issarsi fino al 181° posto, avvicinandosi al fratello Francisco, finora il più performante dei due (anche in ragione del fatto che di anni ne ha 22). Ma non solo: è riuscito a mettere insieme una lunga serie di primati, sia in Argentina che fuori.

La statistica ormai più conosciuta è quella legata al fatto che siamo di fronte al primo giocatore a raggiungere la vittoria di un torneo ATP al debutto in un tabellone principale del circuito maggiore dal 2004. Allora ci riuscì Santiago Ventura a Casablanca: anche lo spagnolo, all’epoca 316 del mondo, passò dalle qualificazioni e infilò il rumeno Razvan Sabau, il francese Nicolas Mahut (ancora ventiduenne), lo svizzero Ivo Heuberger, il belga Christophe Rochus e, in finale, lo slovacco Dominik Hrbaty, testa di serie numero 1, semifinalista al Roland Garros 1999 e con quattro quarti Slam in carriera (due dei quali raggiunti dopo questo torneo). Aveva 24 anni; avrebbe poi vinto una sola partita a livello Slam e non avrebbe più vinto alcun evento a livello ATP.

Oltre a Ventura, però, si può scomodare l’album dei ricordi. Il caso più famoso, per la nomea del giocatore, è senz’altro quello di Nicolas Lapentti. L’ecuadoriano è stato numero 6 del mondo nel 2000, ha raggiunto le semifinali agli Australian Open nel 1999, i quarti a Wimbledon nello stesso 2000, ha battuto per 11 volte un top ten e ha fatto soffrire diversi grandi del suo tempo sia sulla terra che sul veloce. Eppure a Bogotà, in Colombia, era numero 258 e qualificato quando fece partire la sua parabola ad alto livello. In un torneo che perse subito Richard Krajicek, Lapentti avanzò battendo lo spagnolo Juan Albert Viloca Puig, l’americano Steve Campbell (che aveva eliminato Alex Corretja), Marcelo Rios (il cileno era numero 5 del seeding e in rampa di lancio), il connazionale Luis Morejon e in finale il padrone di casa Miguel Tobon.

Si trovava al numero 204 delle classifiche mondiali, invece, lo spagnolo Josè-Francisco Altur, quando trionfò a San Marino (all’epoca parte del tour, divenne Challenger dal 2001 e non si gioca dal 2014). Se il nome non suona nuovo, è perché ha poi fondato l’accademia dalla quale sono passati tanti tennisti di grido, da David Ferrer a Igor Andreev. Suo collaboratore in questo è stato, ed è, Pablo Lozano, l’uomo che ha fatto grande Sara Errani. Altur, nel 1989, da qualificato sul Titano, questo però ancora non lo poteva sapere e pensava più che altro a stare in campo. Batté il peruviano Alejandro Aramburu Acuna, l’austriaco Stefan Lochbihler, Massimo Cierro (napoletano che nel 1991 avrebbe battuto a Roma Karel Novacek, ex top ten e vincitore poco prima ad Amburgo), l’americano Lawson Duncan e, in finale, l’argentino Roberto Azar. Altur sarebbe diventato al massimo numero 88, mai avrebbe vinto un match in uno Slam, ma il suo pezzo di storia se l’è costruito.

Infine, l’uomo venuto dalla posizione più arretrata nel ranking, la numero 453. Yahiya Doumbia è, senza ombra di dubbio, il miglior tennista mai prodotto dal Senegal, ma nel 1988 era realmente uno sconosciuto tra i tanti che cercavano di farsi largo. A Lione, dopo essersi qualificato, esordì col botto, eliminando il brillante Andrei Chesnokov, allora sovietico, poi per sempre russo (e, come tale, annullò nove match point a Michael Stich in Coppa Davis). Seguirono il francese Jerome Poitier, il britannico Jeremy Bates, il belga Eduardo Masso (qualificato come lui) e, in finale, l’americano Todd Nelson, che gli aveva tolto di mezzo Yannick Noah nel penultimo atto. Al massimo numero 74 del mondo, avrebbe poi vinto un altro torneo, a Bordeaux nel 1995.

Passata in rassegna la carrellata di chi ha preceduto Cerundolo nell’impresa di vincere al debutto in un ATP, ci sono però anche altri dati da ricordare. Parliamo, infatti, del più giovane argentino ad aver raggiunto una finale ATP da quando ci riuscì Josè Acasuso a Buenos Aires, che però perse contro un certo Gustavo “Guga” Kuerten. E la stessa Cordoba ha già vissuto un’altra bella storia, perché è ancora viva nel ricordo di chi l’ha vissuta quella di Juan Ignacio Londero. “El Topo”, nel 2019, alla prima edizione, si prese il primo titolo della carriera, avviandosi a diventare il giocatore più che valido che è attualmente. Piccolo dettaglio: lo vinse nella sua terra, dal momento che è di Jesus Maria, nella provincia di Cordoba. Affrontava in finale Guido Pella, ma non c’era una singola persona che tifasse quest’ultimo in tribuna. Tutta Cordoba lo spinse verso la rimonta.

L’ATP, inoltre, rimarca come, dal 1990, Cerundolo sia il giocatore con la quinta classifica più bassa ad aver vinto un torneo. In quel tipo di classifica, davanti (o dietro, dipende dai punti di vista) a lui, ci sono il tedesco Tommy Haas, ex numero 2 del mondo, il cileno Fernando Gonzalez, “Mano de Piedra”, finalista agli Australian Open 2007, lo spagnolo Pablo Andujar e l’irraggiungibile (almeno finora) Lleyton Hewitt. L’australiano era numero 550 del mondo quando vinse ad Adelaide nel 1998: cosa sia stata la sua carriera è poi noto: due Slam, un anno abbondante da numero 1 e una determinazione enorme, sempre.

Per trovare un vincitore argentino giovane quanto Cerundolo bisogna invece risalire a Guillermo Coria, che vinse a Vina del Mar anch’egli a 19 anni nel 2001. E per ritornare ad Acasuso, c’è anche un dato particolarmente curioso: l’allenatore del “Chucho” ai tempi della sua finale a Buenos Aires era il padre di Juan Manuel, Alejandro. Come a dire che, alle volte, i cerchi si aprono e chiudono. Per poi, forse, riaprirsi. Ma questo, per il giocatore che ha fatto impazzire lo spagnolo Albert Ramos-Vinolas da fondocampo, è un capitolo di cui ancora non si sa.

Foto: Nico Aguilera / Cordoba Open

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