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Tennis, Robin Haase si racconta: “In quel periodo non volevo stare in campo”
La vita dei tennisti è molto stressante, tra viaggi e tornei in tutto il mondo, ma ci sono avvenimenti che cambiano in modo radicale il modo di vivere il rapporto con questo sport. Uno degli ultimi giocatori a rivelare le proprie difficoltà è Robin Haase, che nella pagine Instagram “Behind the raquet” ha raccontato uno dei periodi più brutti della sua vita, nelle parole riportate dal sito livetennis.
Ecco il testo completo:
“Sono stato molto fortunato in quasi ogni aspetto della mia vita. Ma ci sono alcune cose che ti fanno pensare in modo diverso. Il mio ex allenatore è stato condannato per l’omicidio di un mio amico nel 2016. È ancora in prigione. Affrontare questa situazione è stato come essere in un film assurdo e brutto. È stato molto difficile gestire il fatto con la stampa. Non avevo nulla a che fare con il fatto di sangue, ma ogni articolo utilizzava il mio nome nei titoli. Ovviamente la faccenda mi ha toccato, ma all’improvviso sono stato messo al centro della storia. Questo è durato fino a quasi due anni dopo l’omicidio. La stampa mi diceva che il mio nome veniva fuori perché così la notizia era più vendibile alla gente. Subito dopo il fatto, non sono uscito di casa per due settimane. Poi sono uscito a pranzo e la gente mi ha riconosciuto, ho camminato a testa bassa. Ero imbarazzato di essere lì perché non sapevo se mi riconoscevano per essere un giocatore di tennis o per l’esser stato coinvolto dalla stampa per l’omicidio. Cosa pensavano di me? Non è stato un periodo facile della mia vita”.
“Mi è sempre piaciuto giocare a tennis, ma durante questo periodo non volevo stare in campo. Sono tornato in campo e ho giocato a Monte Carlo. Non riuscivo a concentrarmi e ho perso male. Mi sono seduto negli spogliatoi e ho iniziato a piangere come un bambino. Avevo trattenuto le mie emozioni per troppe settimane. Ho pensato di lasciare il tour per due mesi per affrontare la situazione. Mi ci è voluto un po’ per tornare a giocare a tennis senza pensare a tutta la faccenda. A Roland Garros 2016, la stampa è stata rispettosa e non ha chiesto informazioni sull’omicidio. Molto stress finalmente è caduto dalle mie spalle e ho iniziato a concentrarmi nuovamente sul mio gioco”.
“Sono stato nella Top 100 per oltre 10 anni. Per la prima volta nella mia carriera di recente sono sceso al numero 170. Guardo sempre il mio tennis e trovo aspetti in cui posso migliorare, così posso crescere anche solo dell’1%. Nel 2018 ho cambiato la racchetta. Il cambiamento è stato troppo drastico e ho perso fiducia nel mio gioco. Poi ho cambiato di nuovo attrezzo e ho ricominciato a giocare meglio, ma stavo ancora soffrendo. Quando non stai giocando bene una cosa tira l’altra. La concorrenza è semplicemente altissima, se non sei al top del tuo gioco, non hai possibilità contro molti giocatori. Alle fine sono tornato sui miei passi e ho cambiato di nuovo la racchetta. Ora mi sento più fiducioso”.
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Foto: LaPresse