Ciclismo
Danilo Di Luca: “La vedo male per il ciclismo italiano. I giovani vincono, poi a 30 anni sono finiti come Sagan”
Prosegue il nostro viaggio alle radici dei problemi che da ormai troppi anni attanagliano il ciclismo italiano. I successi di Vincenzo Nibali hanno camuffato per un decennio lacune sempre più accentuate, affiorate di prepotenza ora che il siciliano si sta avviando verso il capolinea della carriera.
Ad oggi non si intravede un corridore del Paese Paese in grado di vincere un Giro d’Italia nel prossimo futuro, mentre qualche speranza in più si può riporre in vista delle corse di un giorno, anche se i risultati non saranno immediati. Nel frattempo ci aggrappiamo alla imprese di Filippo Ganna e poco altro. Il re mondiale delle cronometro, qualora avesse l’opportunità di approcciare da capitano classiche come Milano-Sanremo o Parigi-Roubaix, potrebbe anche ambire al bersaglio pieno.
E’ chiaro che il solo Ganna non può bastare per la nazione che ha vinto nella storia più grandi giri di chiunque altra (Giro, Tour e Vuelta). I tempi sono cambiati, il ciclismo si è globalizzato: oggi il monopolio degli anni ’90 e ’00 è impensabile per diverse ragioni, in primis economiche. Attualmente il movimento tricolore esprime quantità più che qualità.
Dopo aver parlato dell’argomento con il ct Davide Cassani, ci siamo confrontati anche con Danilo Di Luca, fuoriclasse che tra il 2001 ed il 2007 collezionò un Giro d’Italia, un Giro di Lombardia ed una Liegi-Bastogne-Liegi. Oggi, per dire, un corridore italiano anche solo lontanamente paragonabile al Killer di Spoltore non esiste, purtroppo. Quelli erano i tempi dei Bettini, Ballan, Pozzato, Cunego, Di Luca, senza dimenticare i Savoldelli, Simoni e Basso per le corse a tappe. Tanta abbondanza, tante vittorie. Gli ultimi bagliori prima del declino procrastinato solo dalle imprese di Nibali.
Danilo, perché il ciclismo italiano è piombato in questa situazione?
“Per tanti motivi. In Italia non ci sono più squadre come una volta, i budget non sono gli stessi, il ciclismo ora è mondiale e non europeo. I grandi sponsor sono all’estero e non in Italia. Poi c’è anche un problema relativo alla Federazione ed ai vivai. La vedo male. In Italia avremo sempre meno campioni. Magari qualche buon italiano uscirà fuori, ma servirà tempo. Di sicuro non si può tornare ai miei tempi. Nelle altre nazioni vedi un Pogacar che ha 22 anni, un Bernal 24. All’estero i corridori escono fuori, in Italia no. Tutte le nazioni si sono evolute rispetto a 15-20 anni fa. L’unica nazione che, come organizzazione, è rimasta ai miei tempi è il Belgio: lì sono tanti e sono forti in quelle determinate corse. Anche la passione delle persone è rimasta la stessa. Oggi in Italia invece c’è meno gente a seguire il Giro d’Italia. Non c’è più tutto il contorno che c’era prima, anche di tifosi ed appassionati“.
Cosa dobbiamo aspettarci dal tuo corregionale Giulio Ciccone?
“Giulio ha delle ottime qualità, ha avuto un po’ di problemi e si è un po’ perso nell’ultimo anno. E’ un periodo complesso, il Covid ha cambiato tutto. Per ora non l’ho visto molto competitivo come lo era circa un anno e mezzo fa“.
Filippo Ganna può trasformarsi con il tempo in un corridore da corse a tappe, ispirandosi a Bradley Wiggins?
“Per me è impossibile che Ganna diventi un ciclista da corse a tappe. Lui è molto specializzato, il futuro delle cronometro è suo per i prossimi 10 anni. Diciamo che la vedo improbabile, ha una stazza troppo grande rispetto ad uno come Wiggins che è stato l’unico a fare una cosa del genere“.
Ai tuoi tempi si iniziava a vincere dai 25-26 anni, per poi raggiungere la piena maturazione tra i 28 ed i 30. Ora invece si vince sempre prima. Come te lo spieghi?
“Adesso i giovani vincono subito e poi a 30 anni sono finiti. Credo che dipenda dalla preparazione, corrono tutto l’anno, i giovani riescono subito a dare il meglio di sé una volta passati professionisti. Non so come fanno. Però poi a 30 anni sono finiti, come ad esempio Peter Sagan. Valverde invece è uno dei miei tempi, ma a 38 anni ha vinto il Mondiale“.
Remco Evenepoel sarà il dominatore incontrastato fino al 2030?
“Evenepoel ha fatto dei grandi numeri sin qui. Potrebbe essere il dominatore dei prossimi anni, ma con il ciclismo di oggi non è facile sbilanciarsi. Bernal ha vinto un Tour, ma è due anni che non è quello di prima. Il Covid poi ha stravolto tutto. E’ difficile fare pronostici in questo ciclismo“.
Foto: Lapresse