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Ciclismo
Ciclismo italiano in affanno. Davide Cassani: “Non è in crisi”. Analisi del problema e confronto con la Gran Bretagna
Il ciclismo italiano sta vivendo uno dei momenti più difficili della propria storia. Il dominio delle decadi ’90 e ’00 appare ormai un ricordo, ma anche gli anni ’10 caratterizzati dai trionfi di Vincenzo Nibali. Al momento, concentrando l’analisi sul settore della strada, il Bel Paese eccelle nella sola specialità della cronometro, dove annovera il migliore al mondo: Filippo Ganna. Per il resto tanta, troppa fatica. Le classiche di questo primo scorcio di stagione hanno messo in risalto prestazioni da posizioni di rincalzo per gli azzurri. Di certo gli italiani non partivano con i favori del pronostico né alla Milano-Sanremo né al Giro delle Fiandre, e la situazione sarà la medesima anche nelle Ardenne. Non va meglio nelle corse a tappe, dove ad oggi un erede di Vincenzo Nibali non c’è.
Di questo argomento delicato abbiamo discusso con Davide Cassani, ct della Nazionale italiana di ciclismo.
Alla Liegi-Bastogne-Liegi vedremo un’Italia un po’ più competitiva rispetto al Fiandre?
“Negli ultimi 15 anni abbiamo problemi con le classiche dopo i ritiri di Bettini, Ballan e Pozzato. Lo sappiamo. Speriamo in Formolo che due anni fa giunse secondo alla Liegi, ma anche lì non saremo i favoriti. Diciamo che possiamo aspettarci qualcosa in più, ma senza grandi possibilità di vittoria. Al Giro delle Fiandre siamo stati anche sfortunati perché Trentin ha forato“.
Giulio Ciccone può diventare un riferimento per l’Italia nelle corse a tappe?
“Ciccone mi aspetto che vada meglio, che aumenti un po’ e faccia qualcosa di meglio. Al Giro correrà in funzione di Nibali, alla Vuelta capiremo dove potrà arrivare nei prossimi anni. Nel 2020 ha beccato il Covid. Quest’anno è partito bene, ha fatto già dei buoni risultati“.
Dopo l’annata anomala del 2020, alcuni grandi veterani come Alejandro Valverde e Greg Van Avermaet sono tornati protagonisti e su ottimi livelli. Accadrà lo stesso anche a Vincenzo Nibali? Ed è credibile pensare che lo Squalo si presenti realmente al Giro d’Italia senza l’ambizione di fare classifica?
“Io me lo aspetto che anche Nibali torni su ottimi livelli, si è allenato bene, alla Tirreno è andato benino. Può essere protagonista. Io penso che un occhio alla classifica lo darà, poi vedrà strada facendo“.
Perché i tanti giovani italiani, che non mancano, fanno così fatica ad emergere tra i professionisti a differenza dei colleghi stranieri?
“Basta vedere che calendario hanno fatto gli stranieri rispetto al nostro. I nostri fanno pochissime corse a tappe da Under23, gli serve più tempo per emergere. Noi in Italia abbiamo un calendario molto più povero per le corse a tappe. Le nostre squadre corrono quasi esclusivamente in Italia, all’estero invece i giovani vanno anche altrove a correre. Da tre anni siamo tornati ad organizzare il Giro d’Italia Under23, adesso stiamo rimpinguando il calendario con il Giro di Romagna. Servono pazienza e anche un pizzico di fortuna. Pensiamo a Roglic che, dopo un infortunio nel salto con gli sci, si è dato al ciclismo…“.
Davide, abbiamo qualche giovane in grado di rilanciare il ciclismo italiano? C’è un futuro Pogacar all’orizzonte?
“Abbiamo diversi giovani interessanti. Avere un Pogacar sarebbe tanto. Abbiamo intanto il più forte al mondo in una specialità che si chiama Ganna. Ai nostri serve un po’ più di tempo. Tiberi è un ragazzino molto giovane e promettente. Sono curioso di vedere anche Aleotti che ha fatto secondo al Tour de l’Avenir“.
Quanti anni dobbiamo aspettarci che possa durare questo momento difficile?
“In questi giorni ho fatto una riflessione confrontando i numeri del tennis. Nel tennis abbiamo 10 tennisti tra i top100, nel ciclismo 15. Nel tennis i nostri giocatori vincono tornei di seconda e terza fascia ed anche nel ciclismo riusciamo a essere competitivi nelle corse di seconda e terza fascia. Quindi nel complesso il ciclismo ha gli stessi numeri del tennis, non è in crisi. E’ naturale che 20-30 anni fa il ciclismo era diverso, c’erano solo Italia, Francia, Spagna e Belgio. Non possiamo più pensare che torni come prima. Abbiamo un movimento che è ancora attivo, parlo dei numeri. E’ chiaro che abbiamo un problema alla base, ma è lo stesso anche per calcio ed atletica. Lavoriamo per cercare di sfornare ragazzi interessanti“.
Da qualche anno la Gran Bretagna lancia campioni da corse a tappe a getto continuo. Qual è il loro segreto?
“In Gran Bretagna c’è un ciclismo di vertice. La Federazione può prendersi in carico 20-30 corridori ed allevarli. Noi in Italia non possiamo farlo come Federazione, perché qui invece abbiamo le società di base. Questo può essere uno dei motivi dell’esplosione di talenti britannici. Speriamo anche noi di avere presto i Battistella, i Dainese o i Bagioli“.
Dopo qualche anno di attesa, la Spagna sembra aver trovato un nuovo fenomeno: Juan Ayuso. A quale corridore è possibile assimilarlo?
“Non so ancora se possiamo assimilarlo ad un Contador. Se lo ha preso la UAE Emirates, è perché sapevano già che aveva delle doti non indifferenti. Già alla Coppi&Bartali quest’anno si era ben distinto“.
Foto: Lapresse