Senza categoria

Masters1000 Miami, Jannik Sinner ha vinto con Bautista quando era spalle al muro. Il momento chiave dell’incontro

Pubblicato

il

Jannik Sinner è in finale dell’ATP Masters1000 di Miami. Un risultato ottenuto a diciannove anni e sette mesi, in maniera che dire precoce è a dir poco; ci riesce vincendo una partita contro Roberto Bautista Agut, numero 12 al mondo e alla quarta semifinale di un 1000, mettendo in risalto il suo talento con la racchetta in mano ma soprattutto un altro talento, forse il più grande del ragazzo di Sesto Pusteria: la testa. Jannik trionfa in campo rimanendo sempre sul pezzo anche nei momenti più disperati, mettendo sul piatto una freddezza che, in teoria, apparterrebbe ad un veterano del circuito nei momenti più caldi del match e non ad un ragazzino che non ha nemmeno 60 partite fra i grandi delle classifiche ATP.

Anche se, per un set e mezzo, l’azzurrino non ha giocato uno dei suoi migliori match. Bautista Agut ha avuto in mano molto spesso le redini degli scambi, approfittando anche dei molti errori dell’altoatesino, ben 26 nel primo set, che per la prima volta sembrava sentire il significato della partita. L’iberico ringraziava e con il suo tennis preciso e da pochissime sbavature, sembrava avviato alla sua seconda finale della carriera in un Masters1000, fino ad arrivare al 3-3 della seconda frazione. Nei primi tre quindici c’è il culmine della prima parte di gara di Jannik: prima di servizio inaffidabile e tanti errori in fase di impostazione, che portano il suo avversario ad avere tre punti per il 4-3 e servizio, che potevano significare chiusura anticipata della partita. Insomma, il 19enne altoatesino era spalle al muro.

Da lì invece scatta qualcosa nell’azzurro. Forse è l’incoscienza dei suoi nemmeno vent’anni, forse è un talento di cui nemmeno lui è a pienissima conoscenza, ma Sinner risorge dalle ceneri, annullando quattro palle break (una ai vantaggi) e cambiando l’inerzia della partita. E Bautista Agut avverte che il vento è cambiato: si avvede subito che non gli bastano più le variazioni da fondocampo per mettere alle corde il giovane avversario, cerca anche lui il vincente e inizia ad usare il dropshot, colpo mai visto nell’ora e mezza precedente. Ma anche Jannik, dall’altra parte del campo, ha capito una cosa: che l’iberico, per la prima volta, accarezza l’idea che possa non vincere questa partita. Così il 19enne azzanna il campo nel decimo gioco e si porta a casa il secondo set.

Se il settimo gioco della seconda frazione è la sveglia che ci restituisce il Sinner sul pezzo come ci ha abituato nelle partite precedenti, l’inizio della terza frazione è il vero colpo del ko per Bautista Agut. Che dà fondo a tutte le sue energie tra secondo e quarto game, approfittando di un momento di poca lucidità dell’azzurro: break nel terzo gioco portandosi a casa tre giochi, con il primo quindici del quinto l’iberico porta a casa una striscia di tredici punti a zero in suo favore. Dieci minuti di tennis del genere stenderebbero anche un toro da corrida, ma non Jannik Sinner, che da quel momento mette le mani sul match. Game del 3-2 vinto senza patemi, break in quello successivo: striscia di otto punti a uno rimettendo le cose a posto e approfittando del vantaggio di servire per primo, mettendo Bautista Agut per la prima volta in posizione di inseguimento. L’ultimo game sul servizio dello spagnolo è poetico, giocato senza paura e con l’unico pensiero di portarsi a casa la partita: tre vincenti lanciando i suoi soliti frigoriferi e finale conquistata.

Insomma, Jannik Sinner potrebbe scrivere la storia del tennis italiano domenica sera. Con un successo diventerebbe il secondo, dopo Fabio Fognini, a vincere un Masters1000 e salirebbe fino al numero 14 delle classifiche mondiali grazie al suo modo di giocare in mezzo al campo. Ma, come detto all’inizio, il maggiore talento del 19enne altoatesino sembra risiedere nella testa: un cervello freddo, che sembra forgiato dal Dio del tennis per giocare a questo meraviglioso sport. Un talento che, per rendere al meglio, deve essere stato coltivato sin da tenera età, come ha fatto lo stesso Jannik che, in un’intervista a Stefano Meloccaro di Sky, disse per me nel tennis il cervello conta il 70%. Caro ragazzo, crediamo che probabilmente ne stai usando già più di quanto hai affermato, e se continui in questa maniera, i limiti sono ben pochi…

Foto: LaPresse

Tu cosa ne pensi?

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Exit mobile version