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Ciclismo

Maurizio Fondriest: “Moscon ha fatto degli errori. Da vedere quanto durerà la carriera di Pogacar e Bernal”

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Nuova puntata di Bike2U, il format a cura di Sport2U, in collaborazione con OA Sport, dedicato al mondo del ciclismo. Ospite di Gian Luca Giardini, il campione del mondo di Ronse 1988, e vincitore della Milano-Sanremo del 1993, Maurizio Fondriest. Un uomo che ama alla follia le corse del Nord, che lo hanno forgiato nella sua carriera e che nella sua nuova vita da procuratore sta andando alla ricerca di talenti da curare nella loro crescita, ma senza bruciarne le tappe. Contestualmente, da grande esperto di Classiche, e soprattutto del Belgio, il campione trentino si è focalizzato sull’imminente Giro delle Fiandre e sui giovani campioni di oggi.

“Già da Under 23, principalmente l’ultimo anno in cui riuscii a vincere 14 corse internazionali, tra cui il Giro del Belgio, proprio lì capii che quelle strade mi piacevano. Volevo lottare, stare sul pavé…”, ha dichiarato Fondriest. Soltanto due anni dopo, ancora giovanissimo, a soli 23 anni, vinse il sopracitato Campionato del Mondo di Ronse, proprio sulle strade belghe, una vera impresa: “Già al primo anno da professionista riuscii a vincere la mia prima corsa, mi piazzai diverse volte nei premondiali e dopodiché il CT Alfredo Martini mi diede fiducia portandomi alla prova iridata del 1987. Successivamente vinsi al Giro di Catalogna, in uno dei miei tipici traguardi in leggera salita, per poi concludere la stagione con un terzo posto alla Parigi-Tours, vinta da Adrie van der Poel, il papà di un ‘certo’ Mathieu”.

Arrivato alla Milano-Sanremo del 1988, molti lo sottovalutarono, data la sua giovane età, eppure bastò uno scatto secco sul Poggio per capire che da lì in avanti, questo 23enne trentino, sarebbe entrato inaspettatamente negli annali della storia del mondo delle due ruote: “Fino a quel momento non avevo ancora vinto niente di importante. Alla Sanremo, chiusa al secondo posto dietro a Laurent Fignon, commisi un errore madornale facendo prevalere la mia convinzione di poterlo battere, perdendo nettamente la volata”, commenta il campione trentino. Al Mondiale di quell’anno peró tutto quanto prese un’altra piega: “Mi trovai in una situazione del genere con Claude Criquielion che aveva già vinto una maglia iridata, ma sapevo che era meno veloce di me, che l’arrivo si addiceva alle mie caratteristiche, e che, soprattutto, non potevo commettere lo stesso errore della Sanremo. Mi sono ritrovato in terza posizione, poi è arrivata la scorrettezza di Steve Bauer con una deviazione di traiettoria e una conseguente caduta, e qui la fortuna/sfortuna dell’incidente. La sfortuna, perchè magari avrei vinto lo stesso, e la fortuna è che tutti si ricordano del mio Mondiale”.

Errori che non si sono più ripresentati neanche nel suo secondo tentativo di conquistare la Milano-Sanremo, che è riuscito a far sua nel 1993, con uno arrivo solitario in via Roma: “Era una corsa che si addiceva alle mie caratteristiche perchè ero molto veloce nelle variazioni di ritmo, ma non in volata – ricorda l’ex iridato – Quindi l’unica chance per poterla vincere era quella di provare nuovamente sul Poggio anticipando tutti. Questo è stato il giorno più bello perchè, contestualmente, è nata la mia primogenita Maria Vittoria, venuta alla luce al mattino, qualche ora prima della Sanremo”.

A metà della sua carriera, Fondriest è stato uno dei primissimi corridori italiani di alto livello a scegliere di gareggiare per la Panasonic; dunque una squadra straniera, su strade diverse, con una mentalità e un’organizzazione diversa…, diventando un antesignano, aprendo una sorta di varco: “In quegli anni il ciclismo si stava aprendo verso un movimento più internazionale. Dopo diverse divergenze con la Del Tongo, ricevetti delle proposte da una formazione italiana e alcune straniere – ha proseguito Fondriest – Da corridore da classiche, volevo provare ad andare a correre per una squadra del Nord. La Panasonic era la squadra più forte del momento. Furono i due anni più belli della mia carriera. E in occasione della prima stagione passata con loro vinsi la mia prima Coppa del Mondo. Ma a parte questo, la mia scelta aveva riscosso alcuni malumori, anche tra i giornalisti, perchè non c’era la mentalità aperta di adesso. Questa scelta mi ha fatto crescere come corridore e persona…”.

Il filo conduttore passa sempre e comunque dal Belgio e alle imprese a cui stiamo assistendo oggi giorno, come ad esempio la Gand-Wevelgem conquistata la scorsa domenica da Wout van Aert. “Lui e Van der Poel sono due corridori simili anche fisicamente. Van Aert non fa tanto impressione per come va forte nelle Classiche, ma per quanto va forte in salita – ha commentato Fondriest – Un corridore che vince le volate di gruppo come lui, ma che poi va al Tour de France e tira in salita per Primoz Roglic, fa veramente impressione. Abbiamo tanti ragazzi che vanno forti, come ad esempio Remco Evenepoel, che è un grandissimo talento, per l’appunto Van Aert, Van der Poel e Julian Alaphilippe. Oppure il vincitore dell’ultimo Tour Tadej Pogacar, partito già benissimo”. E qui Fondriest si è proprio voluto concentrare su un fattore: “Sembra molto solido mentalmente, però è sempre un ragazzo di vent’anni”.

E così Gian Luca Giardini si è focalizzato proprio sull’età, sul cambio generazionale, e la meraviglia presente in questi ragazzi così giovani, che stanno cogliendo dei risultati che, non tantissimo tempo fa, si coglievano dopo i 25 anni, specialmente nei grandi giri. Così Fondriest ha espresso un parere personale sulla questione: “Lì dovremmo fare delle distinzioni, perchè il ciclismo, rispetto ai miei anni, è cambiato. Tutti i ragazzi di alto livello sono costantemente seguiti, monitorati e allenati alla stessa maniera. Mentre ad esempio ai tempi di Moser, o i miei anni, uno si arrangiava, non tutti erano seguiti. Se tu eri professionista sapevi gestirti, allenarti, ma non era per tutti la stessa cosa. Adesso anche il corridore meno talentuoso viene seguito allo stesso modo, perchè la squadra ha bisogno di gregari di alto livello. Poi il ciclismo è diventato sempre più internazionale, quindi adesso ci sono molte più nazioni sparse per il mondo che sfornano talenti. Per la legge dei numeri, adesso è ancor più difficile emergere”.

Va anche distinta una seconda cosa: Vincere da giovani una gara a tappe è una cosa molto più stressante, mentre le classiche sono tutt’altro. Ad esempio Peter Sagan ha iniziato a vincere praticamente da subito. All’epoca anche Felice Gimondi, Eddy Merckx e Giuseppe Saronni hanno vinto una gara a tappe da giovani, però altri esempi come Bernard Hinault o Miguel Indurain hanno iniziato a correre nelle gare a tappe quando avevano già 25 anni. Avrebbero potuto vincere prima, invece li hanno portati quando erano più maturi. Entrambi hanno vinto cinque Tour de France, ma avrebbero potuto vincerne altri. Adesso bisognerà capire una cosa, ossia quanto sarà lunga la carriera di Bernal e Pogacar, perchè anche se hai vent’anni, le corse a tappe ti consumano di più che le Classiche, che esigono molto meno. In ogni caso lo vedremo col passare degli anni”.

In ogni caso, questi giovani campioni, confrontandoli con gli atleti del passato, stanno affrontando un approccio di avvicinamento alle grandi corse a tappe diverso dal solito, partendo molto presto con la loro stagione, mettendosi in mostra sia nelle gare di una settimana, come la Tirreno-Adriatico, o Classiche come la Strade Bianche: “Penso che sia il modo giusto. Preparare soltanto due appuntamenti in un anno non ha neanche senso – prosegue Fondriest – Sono curioso di vedere, col passare del tempo, questa loro evoluzione. Sta di fatto che, in ogni caso, come ad esempio l’azzurro Antonio Tiberi, che sta andando già forte, la parte psicologica è importantissima. Si ha sempre vent’anni. Un atleta come Evenepoel, non dico che sia stato portato a sbagliare in quella discesa del Lombardia dove è caduto, peró, un ragazzo così, che viene dal calcio, fortissimo, portarlo ad una corsa del genere, con molta pressione, e alla sua età, gli avversari, secondo me, l’hanno portato al limite facendolo sbagliare”.

Giardini si è poi soffermato sull’assenza di anni di ciclismo giovanile nelle gambe di atleti proprio come Evenepoel, ex calciatore, o Primoz Roglic, ex sciatore, che col passare del tempo può notarsi a livello di confidenza nel mezzo; e qui Fondriest ha sottolineato alcuni pro e contro: “Da una parte se vai soltanto in bici, senza provare altre discipline, c’è l’errore nelle squadre giovanili, tra genitori e allenatori, sull’intenzione di fare già i professionisti sin da allievi e juniores. Praticamente è tutto concentrato non sulla crescita dell’atleta, dell’abilità in bicicletta, ma sullo scopo della vittoria. La storia ci insegna che se vinci prima perchè ti sei allenato di più, arrivi al professionismo che sei stanco e consumato. Il sunto è che ad una certa giovane età devi lasciarti del tempo. Il fisico ha bisogno di crescere. Dall’altra invece, tutte le squadre giovanili dovrebbero, insieme alla bici da corsa, fare utilizzare ai ragazzi BMX, MTB, ciclocross, pista; perchè è importantissimo saper guidare la bici, incrementare l’abilità, ed evitare anche alcune cadute. Di fatti ci sono corridori che sono sempre in terra e altri mai. Non è una fatalità”.

Al momento, Maurizio Fondriest, assieme al preparatore Paolo Alberati, stanno seguendo come procuratori un gruppo di atleti professionisti e non, coadiuvati da Andrea Bianco, socio e consulente in Colombia, che va alla ricerca di talenti del Sud America: “Noi seguiamo corridori come Nicola Conci, Eros Capecchi, Santiago Buitrago, Simone Ravanelli… . Mentre adesso abbiamo preso Marti Vigo, ex atleta di sci di fondo che ha iniziato ad andare in bici un anno fa, e poi un’altra serie di corridori ancor più giovani sia Under 23 che Juniores – e qui Fondriest si è soffermato sul loro obiettivo – Noi andiamo alla ricerca di talenti molto giovani, perchè un ragazzo di questa età non avrebbe bisogno di avere un procuratore o mentore quando ha alle spalle una squadra adeguata, ma purtroppo c’è la tendenza a fargli fare i professionisti troppo giovani; e questo non lo vogliamo. Vogliamo soltanto che vengano allenati il giusto, non che vincano chissà quante corse. Io guardo la crescita dei ragazzi. Tanto nel ciclismo, se uno è forte, io voglio portarlo integro al mondo del professionismo. Se poi c’è del talento, so che il mio lavoro l’ho fatto bene, mentre tutto il resto devono farlo loro. Insomma, devo creare una mentalità giusta”.

In conclusione sono stati toccati altri due argomenti, il primo è un conterraneo di Fondriest, Gianni Moscon, che nell’ultimo anno e mezzo è stato pressoché assente. Il parere dell’ex campione del mondo è il seguente: “Gianni era nella squadra juniores che gestiva un mio amico. L’ho fatto passare prima in Zalf-Fior poi in Sky dandolo in mano a Giovanni Lombardi. Avrei voluto seguirlo, perchè lui è un grande talento, ma col tempo ho visto gli errori che ha fatto e che sta facendo, e questo mi dispiace. Però ha fatto le sue scelte, la sua strada e ognuno è libero di fare quello che si sente”.

Infine, giunti alla vigilia del Giro delle Fiandre, ci si è concentrati sullo scorso anno, tra la sfortunata caduta dell’iridato Alaphilippe, e l’arrivo dei due ciclocrossisti per eccellenza Van der Poel, poi vincitore, e Van Aert. E per quest’anno?: “Prevedo più o meno gli stessi corridori – ammette Fondriest – Bisognerà poi vedere uomini come Mads Pedersen per un suo possibile inserimento nella battaglia. Ma secondo me saranno loro i corridori del giorno. Amo il Fiandre. Sono arrivato quarto e quinto, non l’ho mai vinto, però è la Regina delle corse per l’ambiente, il pubblico, anche se quest’anno non ci sarà. Comunque sia penso che alla fine saranno loro gli uomini più forti di questo Fiandre. Bisognerà poi vedere cosa riuscirà a fare la Deceuninck-Quick Step, che ha una formazione molto forte, e probabilmente correranno tutti per Alaphilippe. E poi, dei nostri italiani, Matteo Trentin potrebbe riuscire a fare qualcosa in più rispetto agli altri, perchè per Giacomo Nizzolo è troppo dura. Sonny Colbrelli lo vedo bene, ma non so fino a che punto riuscirà a lottare con i favoriti”.

LA VIDEO INTERVISTA A MAURIZIO FONDRIEST

Foto: Lapresse

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