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MotoGP, Valentino Rossi e l’immagine di vincente ormai offuscata. Un caso unico nella storia
In questo 2021 Valentino Rossi sta vivendo la sua ventiduesima stagione nella classe regina del motomondiale. Ciò significa che il Dottore ha trascorso più di metà della sua vita a gareggiare tra 500cc e MotoGP! Eppure, giunto ormai a 42 primavere, non è più dotato della competitività dei tempi migliori. Sono passati 12 anni dal suo ultimo titolo (datato 2009) e soprattutto i risultati hanno cominciato a scarseggiare. Intendiamoci, la longevità agonistica del fuoriclasse di Tavullia è incredibile, perché nel 2015, alla veneranda età di 36 anni, si è giocato il Mondiale contro avversari molto più giovani. Cionondimeno, dal 2016 in poi è iniziato un progressivo declino che, a questo punto, rischia di offuscare la sua immagine di vincente.
I numeri sono incontrovertibili, perché la percentuale di gare concluse sul podio si sta riducendo sempre di più. Dall’83,3% del 2015 si è scesi al 55,6% del 2016, passando poi al 35,3% del 2017, al 27,8% del 2018, al 10,5% del 2019 e all’8,3% del 2020. La situazione vittorie, poi, è ancor più deficitaria. Dopo le 4 del 2015, ne sono arrivate 2 nel 2016 e 1 nel 2017. Quindi, a cominciare dal 2018 in poi, Rossi non è più passato per primo sotto la bandiera a scacchi. Il dato è ancor più significativo se si pensa che nelle ultime quattro stagioni, in casa Yamaha sono stati raccolti 12 successi. Di essi, 5 portano la firma di Maverick Viñales, mentre sono 4 quelli di Fabio Quartararo e 3 quelli di Franco Morbidelli. Insomma, il Dottore arranca e la parabola discendente è marcata. Il suo, però, è davvero un unicum nella storia del motomondiale, perché si fatica a ricordare Campioni del Mondo della classe regina rimasti a gareggiare a lungo a dispetto di un’evidente flessione.
Anzi, c’è chi ha lasciato all’apice del proprio splendore. L’ultimo esempio è quello di Casey Stoner, campione del Mondo nel 2007 e nel 2011, il quale smette a fine 2012 a soli 27 anni, raccogliendo nella sua annata conclusiva ben 5 vittorie e il terzo posto in campionato, nonostante tre gare saltate per infortunio. Discorso simile, in un passato più lontano, per Kenny Roberts Sr., iridato nel 1978, 1979 e 1980. Lo statunitense molla nel 1983, a 32 anni, al termine di una stagione in cui vince 6 gare e manca il titolo per soli due punti in favore di Freddie Spencer. Proprio quest’ultimo appartiene alla categoria di coloro che hanno visto la propria carriera troncata da gravi infortuni nel momento in cui erano il numero uno del mondo. Il medesimo discorso vale anche per Wayne Rainey e Mick Doohan. D’accordo, Spencer ha tentato un paio di volte il comeback, ma era evidente come non fosse più il pilota di prima. Difatti i rientri sono stati estemporanei.
Il concetto non è poi così dissimile per Barry Sheene, campione nel 1976 e 1977. Il britannico è ancora competitivo per il titolo anche a inizio anni ’80, ma non si riprende dal gravissimo incidente patito a Silverstone nel 1982, a causa del quale rischia l’amputazione delle gambe. Si ritira nel 1984, dopo un biennio difficile. Il londinese è quindi iscritto al triste club di coloro che hanno detto basta dopo un breve declino condizionato da magagne fisiche. Ne fanno parte anche gli spagnoli Jorge Lorenzo e Alex Crivillé. Entrambi i catalani riescono comunque a vincere una o più gare nella loro penultima stagione di attività.
Giacomo Agostini, ancora oggi il centauro con più Mondiali della classe regina all’attivo, appende il casco al chiodo due anni dopo l’ottavo titolo, appena iniziata la propria parabola discendente. Più o meno lo stesso copione recitato da Eddie Lawson, che si ritira tre stagioni dopo il suo quarto Mondiale, prendendosi peraltro la soddisfazione di vincere una gara in sella alla Cagiva nella sua ultima annata. Invece Phil Read e Kevin Schwantz hanno in comune il fatto di aver detto basta all’improvviso, a stagione in corso, circa un anno e mezzo dopo la conquista del loro ultimo titolo.
Insomma, per una ragione o per l’altra si fa fatica a ricordare Campioni del Mondo della classe regina che proseguono a lungo seppur senza più essere in grado di lottare per l’Iride. Vengono in mente solo due esempi, ovvero Kenny Roberts Jr. e Nicky Hayden, i quali trascorrono rispettivamente sette e nove anni in MotoGP dopo aver messo le mani sul titolo, entrambi senza più vincere neppure un GP dopo il proprio trionfo. Eppure, con tutto il rispetto per entrambi gli americani, nessuno dei due è stato un dominatore e un’icona del motociclismo come Valentino Rossi. Ambedue gli statunitensi iridati nel XXI secolo si sono fregiati del titolo in annate molto particolari, caratterizzate da un generalizzato appiattimento dei valori in campo.
Ricapitolando, il Dottore è quindi un caso unico nella storia del Motociclismo, poiché sinora nessun fuoriclasse aveva accettato il fatto di proseguire a lungo seppur relegato al ruolo di comprimario. Viene dunque da chiedersi se il veterano di Tavullia riuscirà a effettuare un “rimbalzo”, in maniera tale da risollevare le proprie sorti e benedire anche la parte conclusiva della sua carriera con qualche exploit degno della sua fama e del suo blasone.
Foto: MotoGPpress.com