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Tennis: i 19 anni e mezzo di Jannik Sinner emergono in finale a Miami. Ma una giornata opaca non cancella un grande torneo
Il sogno di Jannik Sinner si è interrotto in finale. Il ragazzo di Sesto Pusteria non è riuscito a riscrivere i libri di storia del nostro tennis, perdendo all’ultimo atto dell’ATP Masters1000 di Miami contro il polacco Hubert Hurkacz per 7-6 6-4; un risultato che non racconta il momento di vuoto vissuto dall’azzurro a cavallo tra le due frazioni, in cui per la prima volta durante la settimana, forse durante la sua giovane carriera, sembrava aver deposto le armi, confermando in tutto e per tutto la sua carta d’identità che recita 19 anni e 7 mesi e sembrando per la prima volta un ‘umano’, a differenza di quanto gli aveva detto Alexander Bublik al termine della loro partita.
Da dopo aver servito per il set perdendo il game a zero, Jannik ha infilato una serie di sei giochi consecutivi, tie-break compreso, in cui il suo tennis è stato sopraffatto dai numerosi errori compiuti (ben 39 nell’intera partita), facendosi sopraffare dalle emozioni e dallo sconforto di aver buttato l’occasione di portarsi a casa la prima frazione. Purtroppo, venute a mancare le energie nervose, si sono azzerate di pari passo anche quelle fisiche: l’azzurrino ha disputato in questi sette giorni delle partite parecchio dispendiose con Karen Khachanov, Roberto Bautista Agut ed il già citato Bublik, quest’ultima più per la varietà enorme di situazioni a cui è dovuto andare incontro.
Il ko di ieri sera in finale ha evidenziato alcuni aspetti su cui Jannik Sinner deve ancora lavorare, con servizio e gioco di rete sotto la lente d’ingrandimento. Ma non bisogna dimenticare ciò che il 19enne è riuscito a compiere durante questi dieci giorni in Florida: partite sempre approcciate nel modo giusto, come non ti aspetti da un ragazzo che poco più di due anni fa, dopo la vittoria nel Challenger di Bergamo, era numero 324 al mondo. Vincenti di bellezza abbacinante con dritto e rovescio, capacità di comprendere come muoversi con un determinato avversario e di imporre il suo gioco durante l’arco della partita, tutte doti per nulla comuni. Magari possono essere un mancate nell’ultimo, decisivo atto, ma ricordiamo anche che Hubert Hurkacz nel corso del torneo ha battuto tre dei primi dieci del seeding, Denis Shapovalov, Stefanos Tsitsipas (in rimonta) e Andrey Rublev: non proprio tre scappati di casa.
Per fare un sunto di tutto questo discorso, il torneo di Jannik Sinner è assolutamente da prendere e portare a casa con il sorriso sulle labbra. I difetti quando è in campo esistono e non possono essere ignorati, ma parliamo sempre di un ragazzo che compirà vent’anni il prossimo agosto e che ha ancora tutto il tempo di poter sviluppare ulteriori sfaccettature al suo gioco (come sta già facendo in silenzio, da notare come abbia provato timidamente qualche variazione in back nelle ultime partite), se gente come Rafa Nadal e Novak Djokovic hanno ampliato il loro arsenale all’alba dei trent’anni perché non può farlo un ragazzino del 2001. Che da questa mattina, nonostante possa essere considerato un giocatore monotematico, è il giocatore numero 22 al mondo ed è andato molto vicino a vincere la sua prima finale in un Masters1000. E pensare che Riccardo Piatti ha sempre considerato Jannik un ‘progetto triennale’ e siamo all’inizio del secondo in cui è già a pelare patate in brigata, per usare una figura retorica dello stesso ragazzo; figuratevi che si può fare con più di un anno e mezzo di tempo, se il telaio dell’altoatesino, uno che fa sempre tesoro delle sconfitte patite (e lo farà anche stavolta), è già a questo punto. Non crediamo proprio che quella di Miami sarà l’unica occasione della sua carriera. Sicuramente è stata la prima di un certo livello: andata male, ma pur sempre la prima.
Foto: LaPresse