Baseball
Baseball, Alessandro Maestri: “Da qualche anno la motivazione era altalenante. Le emozioni del Classic indescrivibili”
Dici Alessandro Maestri, leggi un signore del baseball in Italia. Pochi giorni sono passati dalla sua decisione di abbandonare in modo definitivo il diamante da giocatore, per dedicarsi ad altre attività, tra cui quella che comunque lo terrà vicino al suo mondo, con la Dominate. Una carriera da autentico eroe dei quattro mondi, la sua. Nell’intervista che è possibile vedere in fondo, e di cui sono qui riportati alcuni frammenti, si svelano inoltre alcuni particolari di uno degli uomini simbolo del batti e corri azzurro.
Sulla decisione: “Quando si prende, si pensa. Da qualche anno mi sono accorto che la motivazione era a volte altalenante, fino a quando l’anno scorso, già prima dei playoff, iniziavo a essere sempre più sicuro di questa cosa. Mi sono voluto prendere l’inverno per pensarci meglio e non mi ha fatto cambiare idea. Le motivazioni sono varie, però quella più grande è che il divertimento forse non era più quello di una volta“.
Sui piani futuri: “Voglio dedicare più tempo alla mia compagnia, che sono tre anni che esiste e mi sta iniziando a richiedere più tempo. Mi piace dedicarglielo, e quindi la cosa principale che farò è di seguire la Dominate, che comunque è relazionata col baseball. Mi tiene comunque vicino a questo sport, e per questo non ho tanto amaro in bocca nel lasciare il baseball giocato“.
Sui manager con cui si è trovato meglio: “Tutti gli allenatori che ho avuto sono stati fondamentali. Ho avuto Donald Landolfi, allenatore americano, che mi ha aiutato tantissimo in un’età critica. Lui mi ha insegnato come allenarmi tutti i giorni seguendo lo stile americano e anche mentalmente è stato molto utile per me. Poi direi sicuramente Bill Holmberg, con cui ho lavorato subito dopo, dai 18 anni in poi. Lui è stato il più importante. Citerei anche Davide Santin, che ho avuto quand’ero piccolino, che mi ha fatto piacere lo sport, appassionato. Ognuno però ha messo un granellino e ha fatto sì che potessi crescere“.
Sulle emozioni più significative: “Dico spesso che quelle che si provano al Classic sono indescrivibili. Ricordo di aver toccato momenti di pura euforia o di puro sconforto, anche durante la partita“.
Sul libro in uscita scritto da Elio delle Storie Tese: “Una storia molto curiosa. Tantissimi anni fa, quando ero in America, Sky mi aveva invitato a fare una telecronaca quando c’erano Elio e Faso. Avevo conosciuto Elio a Milano, è un personaggio. Ricordo questa diretta alla mattina presto. Da lì Elio iniziò a seguirmi, ogni tanto mi mandava qualche messaggio. Lui è anche tifoso dell’Inter, come me. Per ringraziarlo nel 2013, visto che suonava qui a Rimini, gli diedi la divisa del Classic della Nazionale. Parlando prima del Concerto, parlavamo del Giappone, e mentre raccontavo si faceva delle grandissime risate per gli aneddoti che raccontavo. A un certo punto mi disse: ‘Tu devi scrivere un libro con tutte queste cose’. Ed è rimasta lì, finché l’anno scorso, con il lockdown e tanto tempo, mi son detto ‘perché non iniziare?’, ho ripreso i contatti con Elio e siamo andati avanti. Il libro è praticamente fatto, spero uscirà a settembre, un pochino prima“. Ma niente voce da cantante: “No, meglio star lontano da quelle cose!”
Sul rapporto coi compagni: “Sono persone a cui veramente vuoi bene, con loro condividi quei mesi e quindi diventano come fratelli. Penso che sia una delle cose più belle. Al di là di come uno ha giocato, sono i legami, le relazioni, le amicizie le cose più belle che ti rimangono per sempre. Ripeto: sono contento che avrò modo di continuare a vedere un po’ tutti i miei ex compagni di squadra. Sono sicuro che avrò modo di ribeccarli un po’ tutti e di scambiarci due chiacchiere“.
Se non avesse fatto il lanciatore: “Sarei stato un interno“.
E sulla multidisciplinarietà nello sport: “L’approvo, specie quando si è piccoli, giovani. Secondo me ti da molta più coordinazione. Ben venga fare più sport, e non diventare mono, fare solo quei movimenti lì. Il calcetto era una sorta di sfogo per me, il baseball era diventato praticamente un lavoro, per quanto divertente. E’ sempre stato un divertimento extra. Poi ho fatto pallamano, anche altri sport, penso mi abbiano aiutato a livello di coordinazione“.
LA VIDEO INTERVISTA AD ALESSANDRO MAESTRI
Foto: FIBS / EzR NADOC