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Golf, cosa ci ha lasciato il PGA Championship 2021. Risorgono Mickelson e Fowler, inciampano altri big
Kiawah Island è un luogo magico per il golf mondiale, dove storia e tradizione si intrecciano in un percorso come quello dell’Ocean Course che ogni volta lascia tutti, spettatori e professionisti, senza fiato. Ma l’edizione 2021 del PGA Championship è riuscita a superare ampiamente le attese e consegnare al mondo il grande ritorno di Phil Mickelson. Il mancino californiano, ha ancora una volta saputo superare i limiti del gioco e, proprio su un campo terrificante dove l’esperienza poteva giocare un ruolo predominante, è riuscito a intascarsi il sesto titolo major della carriera, quasi otto anni dopo l’ultimo e addirittura 17 dopo quel primo sigillo arrivato al Masters di Augusta nel 2004.
“Ho sempre creduto che fosse possibile, ma ancora non riesco a credere di avercela fatta”. Queste sono state le parole dello statunitense, ormai prossimo a spegnere 51 candeline, che è appena diventato il più “esperto” golfista della storia ad aver vinto un major. Lui, il più grande rivale (con rispetto) di Tiger Woods ad inizio nuovo millennio, ha saputo emulare il clamoroso successo di Big Cat al Masters 2019, tornando al centro della scena dopo parecchi anni certamente non brillanti a livello sportivo. Mickelson era sceso infatti sino al 115esimo posto dell’ordine di merito mondiale, ed ecco che è bastato un ruggito dei suoi per tornare a cavalcare la top-30. Lefty è diventato il quarto giocatore della storia ad aver vinto un torneo in quattro decadi diverse, e la distanza tra il primo e ultimo successo (30 anni e quattro mesi) è un altro dei record che ora gli appartengono. Ma non è finita qui, perché adesso l’obiettivo Grande Slam (gli manca solamente lo US Open in carriera) non è più così utopico e irrealizzabile.
La settimana del PGA Championship ci ha offerto però anche altri spunti decisamente interessanti. Abbiamo assistito al gradito ritorno di un’altra delle star americane recentemente scomparse dal grande palcoscenico, Rickie Fowler, che ha partecipato al torneo solamente grazie a un’esenzione speciale (sulla quale sono anche state costruite delle polemiche) e la ha saputa sfruttare nel migliore dei casi. Il trentaduenne ha ritrovato la magia del suo fantastico putter e ha chiuso ottavo dopo aver sfiorato la top-5, persa proprio con l’unico bogey di giornata domenica alla 18.
E poi si deve accennare a Brooks Koepka, ancora una volta capace di entrare in contention alla domenica in un major ma tradito per tutto il weekend da un putter che proprio non ne voleva sapere di funzionare. I problemi fisici del recente passato potrebbero ancora dare fastidio a una delle principali rivelazioni dell’ultimo lustro, tuttavia la sua prestazione (secondo posto con un +2 nel quarto giro) è stata comunque decisamente positiva e “preoccupante” per tutti gli altri.
Discorso simile per Bryson DeChambeau, ugualmente precipitato nell’ultimo round dove addirittura ha firmato un pesantissimo +5 di giornata. La tattica del bombardamento dal tee non ha pagato i dividenti su questo campo così pretenzioso, anche se sino alla domenica mattina il torneo restava più che positivo. Ultima menzione anche per Rory McIlroy, che si presentava al via con un biglietto da visita importante: vincitore nell’ultima partenza a Quail Hollow e assoluto dominatore dell’ultimo major disputato da queste parti, il PGA Championship 2012. Il suo processo di risalita dall’anno più buio della carriera, tuttavia, non è ancora ultimato e questa settimana sono tornate più che evidenti tutte le incertezze nel suo gioco, che hanno causato un’opaca 49esima posizione a +5 complessivo.
Ci sono state però anche delusioni molto più marcate, rispetto a quella del nordirlandese. I numeri uno e due del mondo Dustin Johnson e Justin Thomas hanno mancato il taglio venerdì, così come il vincitore del 2020 Collin Morikawa. Il forte vento e un percorso che esalta ogni debolezza del proprio gioco attuale hanno dunque evidenziato come al momento non ci sia un vero padrone del PGA Tour, rendendo l’avvicinamento allo US Open di metà giugno ancora più avvincente.
Foto: LaPresse