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Internazionali d’Italia, tutti gli italiani in tabellone a Roma. Dagli anni difficili a Berrettini e Sinner. E nel femminile…

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Agli Internazionali d’Italia, come da tradizione, il numero dei giocatori italiani è stato spesso importante. E del resto non potrebbe essere altrimenti, dato che si tratta del torneo più importante e tradizionale che l’Italia abbia, qualcosa che si è tramandato per generazioni e che, negli Anni ’70, ha rappresentato un fulcro del boom di popolarità del tennis nel nostro Paese.

Erano molto numerosi allora gli azzurri presenti in tabellone, e si arrivava anche a superare i 15 in certi casi (come nel 1972), potendo contare sul cambiamento generazionale che passava dall’epoca di Nicola Pietrangeli a quella di Adriano Panatta. Era da poco nata l’Era Open, e l’Italia andava a imporsi spesso come protagonista in termini numerici, anche se i successi sarebbero arrivati soltanto poco più tardi, in quel 1976 in cui Panatta decise che tutto doveva essere suo: Roma, Roland Garros e Coppa Davis.

Il tennis è poi cambiato, sono cambiate anche le situazioni: a quel tempo c’erano, su un piano parallelo, WCT e Grand Prix, che nel 1990 si sono fusi, nei fatti, nell’ATP. C’era invece già la WTA, che allora si chiamava WITA, con il paradosso che vedeva entrambe le sigle quasi “darsi battaglia” tra Anni ’70 e ’80 prima della fusione. Roma giocò un ruolo importante, perché fu proprio nella Capitale che venne fondata la WITA, in risposta a quel che le tenniste europee non avevano, confrontate a quelle americane della da poco nata WTA.

Questa premessa serve per ricordare che Roma, oltre che al maschile, ha avuto, e ha, un’importanza anche con il torneo femminile, che ha visto passare nell’albo d’oro numerose tra le proprie grandi star. Ma non solo: ha anche dato vita a un movimento italiano che più di una volta ha avuto bisogno materiale del suo principale evento di casa per mostrare cosa potesse davvero mettere in mostra in relazione al mondo: c’è stato il periodo della seconda metà degli Anni ’80 con Raffaella Reggi e Sandra Cecchini, e poi quello a cavallo tra i due millenni con Silvia Farina.

Tra le donne, fino soltanto a pochi anni fa, non era raro vedere numeri importanti in tabellone: nel 2014 si arrivava, tra ammesse direttamente e wild card, a sette, di cui una, Sara Errani, giunse in finale con Serena Williams, e nessuno è in grado di prevedere cosa sarebbe accaduto senza l’infortunio che privò il Centrale di una partita che, fino a quel 5-3, era vera. Il numero è poi sceso drasticamente, complice i ritiri di Schiavone, Pennetta e Vinci e le difficoltà delle nuove leve.

Oggi tutte le tre azzurre in tabellone principale ci sono tramite wild card. Camila Giorgi non viene esattamente dalle più fortunate stagioni: c’è di mezzo anche una serie di problemi fisici. Martina Trevisan, nonostante i quarti di finale al Roland Garros, non è riuscita finora a confermarsi: Roma le servirà per riuscire a dare una svolta netta a uno stato delle cose che rischia di farla precipitare in classifica, ove non trovasse la copertura sufficiente in punti. Elisabetta Cocciaretto, invece, di questi discorsi non ha bisogno: la marchigiana è sulla via della crescita, ed è da tempo vicina a sfondare il muro delle prime 100. Che ce la farà è chiaro e assodato, ma resta da vedere il quando.

Diametralmente opposta è la situazione in campo maschile: sono lontani gli anni di crisi del tennis azzurro, quando si faticava a portare un giocatore senza bisogno di wild card nel tabellone principale nel periodo in cui Andrea Gaudenzi iniziava ad annaspare e Davide Sanguinetti non era al suo meglio. Ci pensò Filippo Volandri, con i quarti del 2003 e tutte le successive partecipazioni per proprio merito, a dare una svolta a questo stato delle cose. E oggi, tra main draw e wild card, di giocatori ce ne sono ben otto, di cui sette già ufficializzati. E potrebbero aumentare con i qualificati.

C’è Matteo Berrettini, che sta dimostrando a suon di vittorie perché merita la top ten ed è forse più di tutti quello che Roma ama e sostiene, perché lui di Roma è. C’è Jannik Sinner, che in una situazione normale avrebbe visto gli spalti di qualunque campo del Foro Italico riempirsi per la curiosità di vederlo. C’è il mai domo Fabio Fognini, che al Foro ha spesso regalato perle della propria carriera (Murray e Thiem ne sanno qualcosa). C’è Lorenzo Sonego, che cominciò a farsi notare proprio nella Capitale nel 2016, con un intero campo esterno gremito solo per lui (e qualcuno affacciato dal Grandstand). E poi ci sono le wild card: da Salvatore Caruso a Stefano Travaglia, la cui parabola agonistica proprio a Roma ha ritrovato una sua via dopo tante sfortune, passando per un altro nome assai atteso, quello di Lorenzo Musetti. Proprio lui, che a Roma ha fatto esplodere tutto il proprio talento nello scorso settembre, è chiamato a rivivere quei momenti. Resta da capire chi altro sarà di scena tra Gianluca Mager e Marco Cecchinato. Certo è che, se dovesse essere scelto quest’ultimo per l’invito, allora la memoria correrebbe al 2012, e a quella vittoria sul giapponese Go Soeda, nelle qualificazioni, in cui era sostenuto da alcuni autentici stakanovisti del Foro, rimasti fin oltre l’ora di cena per portarlo alla vittoria.

Foto: LaPresse

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