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Rugby a 7

Rugby a 7, il ct Andy Vilk: “Italia, la ricetta per crescere. Ora vedo voglia di fare”

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Quello che stiamo vivendo è, spostato di 12 mesi, l’anno delle Olimpiadi di Tokyo 2021. E, dopo Rio de Janeiro, anche in Giappone sarà protagonista la palla ovale con i tornei maschile e femminile di rugby Seven. L’Italia non ci sarà, ancora troppo lontana come livello per sperare in una qualificazione. Di questo e altro abbiamo parlato con Andy Vilk, ct dell’Italseven.

Andy, nell’ultimo anno sono stati annullati tutti i tornei di rugby a sette e anche poter organizzare raduni è stato impossibile per mesi. Per una nazionale che già gioca poco e con ragazzi che devono adattarsi dal XV al Seven quanto ha pesato la pandemia sul tuo progetto?

“È stato molto difficile, da febbraio dell’anno scorso non ci siamo visti fino a gennaio di quest’anno ed è veramente tanto tempo senza allenarci o giocare. Quando siamo tornati in campo eravamo veramente felici. La cosa più difficile dopo i primi due raduni era cercare di guardare obiettivamente come erano andati i raduni, i giocatori, perché eravamo troppo presi dall’entusiasmo di essere tornati in campo e bisognava essere realisti, guardare al lavoro in modo oggettivo. La fortuna è che siamo riusciti a fare già sei raduni, di solito noi ripartiamo più lentamente. Quello che manca ovviamente è stato confrontarci con altre nazioni che è quello più importante prima dei tornei ufficiali. È importante stare assieme, ma finché non ti confronti con le altre realtà fatichi a valutare a che punto sei, come sono i giocatori”.

Negli ultimi anni l’Italseven è stata altalenante, con buonissimi risultati in alcune tappe delle Grand Prix Series con altre prestazioni non all’altezza. Cosa serve al rugby Seven italiano per trovare la costanza nei risultati e provare realmente a crescere?

“Essere competitivi lo abbiamo dimostrato negli ultimi anni, ma si vede di più quando stiamo assieme più a lungo, quando possiamo lavorare bene e tanto. Quando siamo stati assieme a lungo abbiamo portato a casa buoni risultati, come a Mosca nel 2018. Nel 2019 abbiamo fatto 2/3 settimane assieme prima di Lodz e infatti siamo arrivati al terzo posto. L’importante è poter lavorare tanto per entrare nel ritmo del gioco, lì possiamo dimostrare di essere competitivi. La costanza nella preparazione è fondamentale per poi averla nei risultati. Un altro punto è, all’opposto, che i risultati peggiori sono arrivati alla fine, quando ha pesato anche la stanchezza dopo un’intera stagione nel rugby a XV prima del Seven. Per essere costanti e crescere serve anche poter programmare i carichi di lavoro ed è per quello che servirebbe un gruppo dedicato al Seven”.

Quest’anno ci sono le Olimpiadi di Tokyo 2021 e l’Italia non ci sarà. Qualificarsi era, oggettivamente, un’utopia per una squadra che non partecipa alle World Series e che da quasi 20 anni non partecipa ai Mondiali. Quali sono i primi passi che bisogna fare per provare ad avere una nazionale che entri nei circuiti mondiali più importanti?

“È quello che ti ho detto, la costanza della preparazione. Alle Olimpiadi ci sono 11 squadre qualificate più il Paese ospitante. Nelle World Series ci sono 15/16 squadre fisse. È chiaro che se non entri lì non potrai mai sperare nei Giochi. Per fare questo bisogna essere competitivi e bisogna avere esperienza all’alto livello. Come dici bisogna fare un passo alla volta, arrivare alle World Series e per farlo bisogna vincere le Grand Prix Series e andare al torneo di qualificazione per le World Series. Come detto, ci serve giocare tanto, partecipare a tutti i tornei possibili per arrivare a programmare un lavoro per crescere e salire di livello”.

Nel suo programma Innocenti ha puntato principalmente sulla famosa Accademia Seven e sulla creazione di tornei e circuiti per rilanciare la disciplina. Hai già avuto modo di confrontarti con il presidente Innocenti su questi punti?

“Il presidente è venuto al raduno che abbiamo fatto a Roma prima di Pasqua. È stata una buona impressione, ha parlato con tutti i ragazzi, ha enfatizzato molto l’importanza del Seven come disciplina olimpica. Abbiamo potuto vedere che c’è l’interesse, ora c’è da lavorare tanto, ma io mi concentro sul lavoro da fare con la nazionale, gli altri sono argomenti che non mi competono. Ma vedo la voglia di fare”.

Non sono ancora definite tutte le 12 partecipanti alle Olimpiadi di Tokyo 2021, ma tu conosci bene il mondo del rugby Seven. Quali sono le tue favorite e credi ci possa essere un’outsider che possa puntare alle medaglie?

“Bella domanda! (ride, ndr.) Guardando le ultime World Series la Nuova Zelanda è la squadra da battere, ma è difficile dirlo in questo momento, perché dopo un anno di stop è difficile fare previsioni. In forma, da quello che si è visto negli ultimi tornei che sono stati organizzati, c’è l’Argentina, ma le Olimpiadi sono un’altra cosa. Sarà interessante vedere chi sarà l’ultima qualificata, perché ci sono tante squadre valide, dalla Francia all’Irlanda, fino a Samoa che parteciperanno al torneo di ripescaggio. Per me sarà un’Olimpiade equilibrata, dove sarà difficile fare pronostici. Forse Nuova Zelanda, Sudafrica e Fiji sono le favorite d’obbligo, ma quest’anno è difficile sbilanciarsi”.

Foto: Luigi Mariani/LPS

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