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Tappone dolomitico mortificato. Mancanza di rispetto verso il Giro d’Italia e i tifosi. E il meteo…

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Egan Bernal ha regalato spettacolo attaccando in solitaria sul Giau, vincendo la seconda tappa nel volgere di una settimana e rafforzando la propria maglia rosa. I tifosi sognano grazie a Damiano Caruso, coriaceo e mai domo sulle salite, oggi spettacolare terzo all’arrivo di Cortina d’Ampezzo e secondo in classifica generale, in piena lotta per un posto sul podio finale a Milano. La fuga da lontano di Vincenzo Nibali ha acceso il cuore dei romantici, che speravano in una nuova magia dello Squalo. Le fatiche di Simon Yates e Aleksandr Vlasov hanno fatto risultare selettiva questa giornata.

Eppure… La sintesi di quanto successo in questo intensissimo lunedì deve fare i conti con una decisione maturata in mattinata e che ha poi generato una serie di polemiche a non finire (si andrà avanti ancora per molto). Gli organizzatori di RCS Sport hanno scelto di cancellare le salite del Passo Fedaia e del Passo Pordoi, le quali, insieme all’effettivamente scalato Passo Giau (giustiziere della contesa tra i big), rappresentavano il cuore del tappone dolomitico, la frazione regina del Giro d’Italia 2021. Il motivo? Previsioni meteo avverse. Si temevano freddo, pioggia copiosa e addirittura neve in cima alle varie vette (tutte oltre i 2000 metri sul livello del mare) e si aveva il timore riguardo alla pericolosità delle discese, che si sarebbero potuto ghiacciare in caso di temperature rigide.

Si è seguita la linea della massima prudenza, su richiesta del sindacato dei ciclisti. Alcuni corridori e anche alcuni direttori sportivi hanno poi dichiarato dopo l’arrivo che avrebbero voluto disputare la frazione sul percorso originario, facendo sorgere una domanda legittima: “Ma allora chi ha voluto depennare Fedaia e Pordoi dalla cartina di questa Corsa Rosa?“. Quesito che non avrà mai una risposta univoca e chiara, anche perché le versioni sono molteplici e ogni campana cerca di suonare la versione più favorevole al proprio tornaconto.

Il Giau, ascesa di 9,9 km con una pendenza media del 9,3%, ha fatto grande selezione e ha indubbiamente regalato spettacolo (teorico, visto che il pubblico non ha potuto gustarsi le immagini a causa di un po’ di pioggia che ha impedito la regolare ripresa dell’evento: che figuraccia a livello mondiale…) ma sappiamo tutti benissimo che sarebbe stata un’altra cosa se i ciclisti avessero avuto nelle gambe le fatiche accumulate sugli altri due passi. Possiamo chiaramente dirlo senza mezzi termini: oggi ha perso il ciclismo, si è mancato di rispetto al Giro d’Italia, non si è onorato quello che è questo sport e quello che rappresenta per tifosi, appassionati, pubblico.

Oggi è morto quel romanticismo che ha sempre accompagnato le pedalate di eroi anche in condizioni complesse. Sì, condizioni difficili ma tutt’altro che pericolose ed estreme. Anche perché le previsioni si sono poi rivelate errate (e non è la prima volta…). Su Fedaia e Pordoi non nevicava o nevischiava, cadeva soltanto qualche timida goccia di pioggia, le strade erano perfettamente pulite e non ci sarebbero state grandi criticità in caso di passaggio degli atleti, si sarebbe corso in totale sicurezza. Col senno di poi, certo, ma è innegabile che il Giro d’Italia ha subito una piega diversa da quella che sarebbe stato. Corsa falsata? Forse è esagerato, perché poi sul Giau i valori tecnici sono saltati fuori, ma pensiamo al distacco che avrebbero accumulato Simon Yates e Aleksandr Vlasov se si fosse gareggiato sul percorso da programma.

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La storia del ciclismo è piena di pagine memorabili, di gesta sotto nubifragi e tormente (non serve neanche tornare indietro più di tanto, Marco Pantani e Vincenzo Nibali insegnano). Non c’erano condizioni estreme a livello di meteo, la sicurezza era garantita (le discese di Fedaia e Pordoi sono su strade statali molto belle), ma il ciclismo 2.0, come lo chiamano, cancella con la spugna quello che è stato il suo glorioso passato.

Addio epicità, senza rispetto per l’anima del ciclismo, per l’essenza del Giro d’Italia e per i tifosi che si sono accampati sui due passi, loro sì sfidando il freddo e l’acqua, soltanto per amore dello sport e per osannare i loro beniamini. A quei baluardi da applaudire, che alimentano costantemente l’universo del pedale, nessuno ci ha pensato, nemmeno per un attimo. In un giorno feriale, tra l’altro (e c’è da chiedersi il perché si sia inserito il tappone per eccellenza di lunedì), con l’emergenza sanitaria che ancora non si è placata. Dagli errori si impara, o almeno si spera. Il giorno di riposo previsto domani farà bene a tutti.

Foto: Lapresse

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