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Volley, Champions League maschile, Super Final. La stagione delle occasioni perse per la bella incompiuta Trento

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La differenza tra una stagione trionfale e una stagione senza squilli la fanno i momenti decisivi. Non si può certo dire che l’Itas Trentino quest’anno non sia stata sul pezzo: semifinale di Coppa Italia, semifinale scudetto e, sorprendendo un po’ tutti, finale di Champions League. Per arrivare fin lì la squadra di Lorenzetti ha sofferto e vinto tanto ma, nei momenti decisivi, si è sciolta spesso come neve al sole, lasciando dietro a sè una scia di rimpianti che andranno metabolizzati e analizzati in vista della prossima stagione.

E’ vero che esserci, a Verona, nella giornata più importante della stagione a livello europeo, può essere considerato già un successo ma dall’altra parte della rete, ieri nella Super Final di Champions, c’era una squadra che non aveva mai vinto niente a livello continentale, alla sua prima finale di Champions e in rappresentanza di un paese che non conquistava la Coppa più importante da ben 43 anni. Trento partiva con i favori del pronostico, se non altro per la maggiore esperienza internazionale di gran parte degli atleti allenati da Lorenzetti, ma questo bagaglio non è bastato a incanalare la partita sui binari giusti per la squadra italiana.

Lo Zaksa sapeva che doveva rischiare in battuta e per due set ha martellato di brutto i ricevitori avversari, mandando in tilt un Kooy che aveva iniziato bene e che ha chiuso in modo inglorioso un’annata da dimenticare che si chiude con l’addio a Trento senza alzare neppure un trofeo. Abdel Aziz ha funzionato a intermittenza e ancora una volta non è riuscito a fare la differenza, nonostante i numeri indichino una prova tutto sommato positiva, nei momenti decisivi: troppi errori in battuta che doveva essere un’arma micidiale e si è trasformata in un boomerang in certi frangenti dell’incontro, poca incisività in attacco in alcune fasi del match che, alla luce dei fatti, si sono rivelate decisive.

Lo Zaksa ha avuto qualcosa in più in difesa, in battuta, in attacco e soprattutto in ricezione: quel quid impercettibile che, in una partita che si gioca sul filo dell’equilibrio, fa la differenza. Sliwka è un giocatore di cui sentiremo parlare tanto e se qualche club riuscisse a portarlo in Italia farebbe un affarone, Toniutti è un alzatore di livello mondiale e non si scopre certo oggi, Semeniuk è una delle bande giovani più interessanti in assoluto, mentre l’altro giovane della finale, Michieletto era riuscito a mettere a posto le cose quantomeno in ricezione in casa trentina ma poi anche lui ha commesso qualche errore di troppo nel finale del quarto set.

In parità è finita la sfida tra centrali di altissimo spessore, mentre Zatorski, al momento, ha qualcosa in più di Rossini e andarlo a cercare in ricezione non è mai una buona idea. A Trento è mancato in molte fasi della finale anche un altro aspetto che era determinante nella sfida ai polacchi: la pazienza. Troppo spesso Lucarelli (altra partita buona ma non buonissima la sua) e compagni hanno cercato il colpo risolutivo concedendo l’errore alla squadra avversaria che, invece, di errori, se si esclude il terzo set, ne ha commessi ben pochi. Riparte da qui, dalle troppe sconfitte decisive di quest’anno, la Itas Trentino che è composta da gente che impara in fretta e che il prossimo anno vorrà tornare alla bella abitudine di alzare qualche trofeo.

Photo LiveMedia/Lorena Bonapace

 

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