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Basket 3×3: Rae Lin D’Alie, un tiro, la difesa, Tokyo e l’Italia che non molla mai

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Debrecen è come un riscatto di tante cose che, negli ultimi due anni e mezzo e poco più, non erano andate per il verso giusto. La conclusione amara degli Europei 2018, la rassegna continentale e quella iridata del 2019 vissute senza riuscire a incidere nel modo voluto, il 2020 con il Covid-19 che aveva del tutto annullato l’attività. E, infine, quel Preolimpico di Graz sostanzialmente indirizzato dalla sfida con la Spagna.

Rae Lin D’Alie si è presa tutto questo in mano nell’attimo in cui ha avuto il pallone sul 12-12, nell’ultima azione della finale del secondo Preolimpico ungherese. Ha preso in mano la voglia di Sara Madera, che ha limitato Cyesha Goree più che ha potuto (sì, ha realizzato 10 punti, ma avrebbe potuto farne molti di più senza un’ottima fase difensiva). Ha preso in mano l’ordine di Chiara Consolini unito a un pizzico di fantasia sempre giunto al momento giusto. Ha preso in mano anche l’utilità di Giulia Rulli, silenziosamente sempre pronta a dare una mano senza per forza dover segnare. E ha naturalmente preso in mano anche Marcella Filippi, che non era riuscita a entrare nel suo elemento a Graz (dove pure aveva avuto ottimi momenti), e Giulia Ciavarella, che il campo non l’ha visto, ma non sempre il campo dice quanto sia importante una persona in una squadra, anche allargata.

D’Alie, che veniva dalla stagione più importante della sua vita da professionista con la Virtus Bologna, che aveva contribuito a portare in semifinale scudetto, non ha più voluto sentire ragioni. Il pallone è diventato suo. Qualche secondo di attesa, davanti c’è Dora Medygessy, limitata a due punti in attacco (e le altre due compagne, Papp e Theodorean, a zero, a confermare la trazione Goree-Medygessy delle magiare). Palleggio, finge di partire in penetrazione, si arresta, tira. Tutto velocissimo, tutto lentissimo insieme. Dentro scorrono anni di carriera, di speranze, di compagne che hanno ispirato la via del 3×3, della RaeMania delle Filippine.

Ma non è soltanto il tiro di D’Alie che va sottolineato. C’è anche da ricordare come sia stata brillante la difesa azzurra in quegli ultimi tre secondi, quando Goree avrebbe potuto tirare dall’arco. E in effetti sull’arco, per vincere, ci è andata. Solo che si è trovata addosso sia Rulli che Consolini, rapidissime, pronte a trovare il raddoppio, a chiuderla nell’angolo e a non farla uscire più. Fino alla fine, fino alla realizzazione del sogno olimpico. A Tokyo, dal 24 al 28 luglio, ci saranno anche le azzurre, e hanno meritato di farcela.

L’hanno meritato perché non si sono scoraggiate dopo Graz, e perché, anche con l’aiuto di Andrea Capobianco, si sono sapute ritrovare soprattutto a livello psicologico, una cosa che non è facile compiere nell’arco di pochi giorni, perché è stata davvero una settimana quella di cui hanno avuto bisogno le giocatrici con la scritta Italia sulla maglia.

Da non dimenticare il fattore legato al non mollare mai, neanche per un attimo, neanche quando tutto sembra giocare contro: una partita a basso punteggio di quelle che favorisce le magiare, il lungo svantaggio nella prima metà di gara, il pubblico che di rumore ne fa tanto, davvero tanto.

L’impresa sta ancor di più nel fatto di aver sconfitto una squadra, l’Ungheria, che una valida tradizione in fatto di 3×3, per quanto la sua storia sia recente, ce l’ha. Un oro europeo nel 2016, due argenti mondiali nel 2017 e 2019 non si colgono per caso, e ancor meno per caso si giocava a Debrecen: le magiare (e i magiari, anche loro sconfitti, con il Belgio) questo pass lo volevano fortemente, e davanti al pubblico di casa. Ma è bastato un solo gesto, di un’unica persona, per portare sì un tricolore verde, bianco e rosso alle Olimpiadi, ma con i colori disposti verticalmente.

L’Italia, dopo 17 anni, rivede la pallacanestro, nella sua forma di 3×3, alle Olimpiadi con una propria selezione. Ed è questo ciò che fa grande piacere. Accanto a Russia (comitato olimpico), Cina, Mongolia, Romania, Stati Uniti, Francia e Giappone ci sono anche le azzurre, che danno grande significato a quel numero 6 che è accanto alla posizione nel ranking mondiale femminile, quello aggiornato giornalmente dal comparto 3×3 della FIBA. A Tokyo ci saranno quattro atlete in più, in quello sport dove esiste un unico limite: quello del cielo.

Foto: fiba.basketball

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