Ciclismo
Ciclismo, Rino De Candido: “In Italia sbagliata la preparazione degli juniores. Tiberi verrà fuori. E Ayuso…”
Praticamente una vita passata a trascinare i giovani verso grandi traguardi. Rino De Candido è ormai da anni il commissario tecnico della Nazionale juniores di ciclismo al maschile: una piccola parentesi dal 1996 al 2000, poi dal 2006 in poi è in ammiraglia pronto a dar consigli e a far esplodere nuovi talenti. Il 67enne è stato intervistato da Gian Luca Giardini per Sport2u (programma che va in onda in collaborazione con OA Sport), andiamo a scoprire tutti gli spunti più interessanti.
Negli ultimi anni abbiamo visto corridori molto giovani arrivare al professionismo già pronti e subito vincenti nelle corse a tappe o nelle classiche. In Italia invece fatichiamo a cambiare questa tradizione, come mai?
“Da qualche anno a questa parte abbiamo lavorato molto bene e infatti sono arrivati risultati sia ai Campionati Europei che ai Campionati del Mondo, sia a livello juniores che a livello under 23. Siamo una delle Nazioni che riusciamo a piazzare meglio i corridori in tutte le categorie. Penso che il problema di molti corridori italiani sia quello che proviamo a standardizzare le preparazioni a livello juniores. Le altre nazioni, quando trovano un talento che viene individuato tramite dei test ricchi di parametri, iniziano a lavorarci in modo specifico. Ecco perché all’estero troviamo qualche ragazzino che esce fuori dalla massa. Perché li fanno lavorare con dei carichi di lavoro giusti per ciò che hanno individuato. Mi spiego: se un ragazzo a 18 anni è più maturo di un altro, ha delle potenzialità sopra la media, anche a livello mentale, si va subito a lavorare su questi fattori per farlo crescere. L’ultimo esempio è quello di Ayuso, dominatore nel Giro under 23: è preparato molto bene. Lavorare su questi corridori porta i suoi frutti, come stiamo vedendo con i vari Evenepoel, Pogacar, van der Poel”.
Tra i tanti risultati ottenuti uno che ti ha particolarmente emozionato?
“Il Mondiale di Antonio Tiberi nella cronometro nello Yorkshire. Qualcosa di eccezionale, visto che è partito con un handicap (ricordiamo un problema alla bicicletta, ndr), non aveva alcun riferimento, dovevo solo gestirlo io dalla macchina. È stato bravo a ripartire mentalmente dopo un problema del genere”.
Tiberi fan ben sperare per i prossimi anni in vista delle corse di tre settimane?
“Sicuramente è uno dei ragazzi che sicuramente usciranno. Ha grosse potenzialità: va forte in salita e va forte a cronometro. Ultimamente ho visto che è anche maturato molto mentalmente. È un ragazzino che è destinato a crescere, in più è andato in una squadra nella quale è gestito molto bene da Guercilena (Trek Segafredo, ndr). Più avanti avrà sicuramente risultati”.
Cosa consigli dunque per una preparazione giusta per i nostri corridori?
“Consiglierei alle squadre che hanno corridori allievi e juniores di fare dei test, nel modo giusto, sui propri corridori. In base a questi test magari puoi scegliere i ragazzi che vanno sopra la media, fissando una preparazione diversa rispetto agli altri. Questo avviene nelle altre nazioni perché la maggioranza dei corridori forti sono in mano alle Nazionali, che fanno delle preparazioni mirate. Ti faccio degli esempi: i vari van der Poel, Evenepoel, i francesi e i belgi erano sempre presenti alle tappe di Coppa del Mondo, invece in Italia io ero costretto a cambiarli di gara in gara”.
Ultimamente stiamo vedendo sempre di più lo stile “a blocco” con preparazione mirata per gli eventi e poi un periodo di riposo.
“Negli ultimi anni stiamo trovando dei wattaggi assurdi soprattutto nelle grandi corse a tappe come il Giro d’Italia. Parlavo con un professionista qualche giorno fa che mi diceva che in passato con 400 watt potevi vincere una cronometro, ora invece non arrivi neanche tra i primi 20. Riescono ad esprimere queste potenzialità perché si preparano bene, ovviamente dopo una corsa del genere hanno bisogno di riposo. Ormai è finito anche il discorso che dicono ‘correndo ci si allena’ “.
Negli ultimi anni è cambiata la tendenza, con molti corridori che arrivano anche dal fuoristrada.
“Se andiamo ad analizzare bene ciò che sta accadendo, questi corridori che vengono dalla MTB o dal ciclocross arrivano da allenamenti brevi, ma con un’intensità che gli stradisti non possono neanche immaginare. Ecco perché ora, arrivando su strada, dominano. Riescono andare sempre oltre la soglia e a tenere quei ritmi oltre l’abitudine. L’ultimo tra questi è il britannico Pidcock”.
Tutti questi corridori che sono arrivati tardi al ciclismo, saltando le categorie giovanili, trovano magari problemi nei piccoli dettagli in bicicletta, come visto per Evenepoel in discesa.
“Si sta preparando molto il fisico, la prestazione atletica di un corridore. Tralasciando però queste caratteristiche che dovrebbe avere il corridore. Saper guidare, saper andare ad una certa velocità in discesa. C’è la tendenza a potenziare il fisico, tralasciando queste piccole cose che diventano importantissime”.
Su Ayuso, nuovo fenomeno delle categorie giovanili?
“Per fare quello che fa ora ha ovviamente dei valori eccezionali, già da junior e da allievo era stato individuato e lo hanno fatto crescere. Fa degli allenamenti mirati per migliorarsi nelle sue potenzialità. Un discorso simile a quello di Evenepoel, che da giovane praticamente lasciava le briciole agli avversari”.
Cosa può fare la Federazione per aiutare i tecnici che devono modernizzare il proprio lavoro?
“Bisogna, come in tutti i settori, fare dei corsi molto mirati nei quali si vada a spiegare molto bene perché ci sono questi miglioramenti. Come riescono ad emergere questi corridori nelle altre Nazioni”.
I prossimi impegni con la Nazionale?
“Tre prove di Coppa del Mondo ad agosto, altre due corse di preparazione e l’obiettivo sono ovviamente gli Europei e i Mondiali”.
L’INTERVISTA INTEGRALE A RINO DE CANDIDO
Foto: Valerio Origo