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L’addio di Gianluigi Quinzi, da Messia a meteora. La grande promessa mai mantenuta del tennis italiano
All good things come to an end. Tutte le cose più belle sono destinate a finire ed è cosi per Gianluigi Quinzi. Il tennista che nel lontano 2013 aveva fatto sognare l’Italia con racchetta e pallina ha detto basta: non ci sono più motivazioni per andare avanti e le priorità sono altre.
“Troppe aspettative e troppa l’ansia da prestazione“. Quinzi si è espresso con questi concetti nell’intervista rilasciata a “La Nuova Sardegna”. L’idea del ritiro era già lì pronta a essere comunicata da tempo, visto che ormai il marchigiano era fermo da novembre 2020 e di sue tracce nel circuito neanche l’ombra.
Un epilogo triste per chi, forse, con troppa superficialità era stato fatto passare per Messia del tennis. La vittoria di Wimbledon junior di 8 anni fa lo aveva fatto conoscere al grande pubblico e i successi in serie nella categoria Under18 lo avevano proiettato al n.1 del mondo delle categorie giovanili. Il tennis però è uno sport particolare, non è come firmare una cambiale.
“Quando si perde dopo aver vinto tanto da giovane, è una tragedia: dopo 20 anni di sacrifici non ero più convinto dei miei obiettivi“, le parole di Quinzi. Una carriera eccessivamente “pompata” a livello mediatico per l’immancabile necessità di trovare chi avrebbe dovuto portare il tennis italiano fuori dalla crisi. Mancavano le condizioni tecniche per via di un dritto non adeguato al rovescio e il contesto: poca organizzazione tra i circoli privati e la Federtennis e scarsa interazione tra le varie realtà.
Il giocatore si è perso per l’incapacità nel gestire il delicato passaggio da juniores a professionista e nello stesso tempo non c’è stata una gestione tecnica in grado di dargli i giusti tempi di apprendimento e dei riferimenti per migliorare. Un vero peccato per quello che sarebbe potuto essere e invece non è stato…
Foto: Olycom / LaPresse