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Ciclismo
Tour de France 2021, il pagellone. Pogacar imprendibile, Ineos sfortunata. Cattaneo coraggioso
Si è conclusa la 108ma edizione del Tour de France. Una Grande Boucle senza storia e padroneggiata sin dalla prima settimana da Tadej Pogacar, imprendibile. Ai suoi diretti avversari non sono rimaste altro che briciole, piazzamenti per alcuni sorprendenti, come il secondo posto di Jonas Vingegaard, per altri al 50% delle aspettative, come il suo diretto inseguitore Richard Carapaz.
La scarna spedizione azzurra è stata salvata per metà da Mattia Cattaneo, che ha lottato fino all’ultimo per la top 10 della generale; sfortunato invece il campione nazionale Sonny Colbrelli. Contestualmente questo è stato il Tour della rinascita di Mark Cavendish, il padrone delle volate. Infine, tra sfortuna e una condizione al di sotto delle aspettative, sono mancati diversi big. Ma attenzione, perché alcuni di loro hanno ‘sfruttato’ il Tour in vista delle Olimpiadi di Tokyo.
Ma adesso andiamo proprio nel dettaglio di tutti i protagonisti che hanno illuminato questa Grande Boucle, e chi ha un po’ deluso, dando i voti finali del Tour de France 2021.
PAGELLONE TOUR DE FRANCE 2021
Tadej Pogacar, 10: sembrerà quasi banale e ripetitivo dirlo, ma non vi sono altre definizioni da potergli assegnare se non dire che è stato l’autentico dominatore di questo Tour. L’anno scorso si è mostrato al mondo intero come il vincitore rivoluzionario, quest’anno invece, come egemone dal primo all’ultimo istante. In salita non ha avuto eguali, ha vinto con un gap senza storia, senza lasciar scampo agli avversari. Maglia gialla, maglia bianca, maglia a pois: la sua è stata una Grande Boucle praticamente perfetta.
Jonas Vingegaard, 9: la grande rivelazione dell’anno. Il 24enne danese è sicuramente uno dei nuovi giovani da tenere d’occhio per l’immediato futuro in prospettiva di conquista di una grande corsa a tappe. Oltre al secondo gradino del podio, si sarebbe sicuramente meritato una vittoria di tappa come ciliegina di una corsa vissuta sempre al massimo e con grande regolarità. Davanti ad un inarrivabile Tadej Pogacar c’era ben poco da fare, ma siamo certi che questa Grande Boucle è stata soltanto un piccolo tassello di una carriera che appare già molto promettente.
Richard Carapaz, 7,5: il Giro di Svizzera aveva fatto capire che il vincitore del Giro d’Italia 2019 poteva essere il candidato numero uno tra gli avversari di Pogacar. E così è stato finché non si è trovato davanti anche un outsider come Vingegaard che non ha mollato mai la presa. Va comunque detto che Richard si è difeso praticamente da solo, senza una Ineos Grenadiers falcidiata dalle cadute tra Richie Porte, Geraint Thomas e Tao Geoghegan Hart (6). Quindi da una parte è stato sicuramente sfortunato, mentre dall’altra va apprezzata la sua ottima difesa. In ultima battuta va comunque sottolineato il fatto che non abbiamo visto lo stesso piglio del Giro 2019 e dell’ultimo Giro di Svizzera.
Ben O’Connor, 8: il giovane australiano è sicuramente uno dei primi indiziati per la prossima Vuelta a España. Questo Tour de France ha confermato una volta su tutte la grandissima crescita del 25enne. Un ragazzo esplosivo, mai arrendevole e sempre pronto al riscatto. Ha sfiorato addirittura la conquista di uno dei due gradini del podio rimasti dietro a Pogacar, dopo aver centrato le parti alte della classifica grazie ad una vittoria di tappa arrivata al termine della fuga del giorno in quel di Tignes, figurando come l’unico a tenere in maniera pressoché costante la top ten. Un piazzamento strameritato e sintomo di grande maturità.
Wilco Kelderman, 7,5: il cambio di squadra ha sicuramente confermato ciò che avevamo già visto lo scorso anno al Giro d’Italia chiuso al terzo posto dopo aver sfiorato la vittoria finale. Non ha mai mostrato grandi segni di exploit, non ha avuto al proprio fianco una formazione preparatissima, eppure è riuscito, praticamente da solo, ad affrontare tre settimane di grande regolarità chiudendo con un ottimo quinto posto finale.
Enric Mas, 6: sulla falsariga del Tour dello scorso anno. La sua corsa è stata in crescendo ma senza grandi spunti, il che, purtroppo, non stupisce. Ancora una volta l’iberico non è riuscito ad esprimersi il massimo delle proprie capacità, complice una Movistar mai al massimo. Ha comunque vendicato in parte il ritiro di Miguel Angel Lopez, ma ancora una volta la formazione iberica ha praticamente affrontato una Grande Boucle in sordina, ben al di sotto delle aspettative.
Alexey Lutsenko, 7: finalmente per lui è arrivato il tanto atteso piazzamento di spicco in una grande gara a tappe. La sua crescita si era già fatta ben vedere al Giro del Delfinato, ma una prova di una settimana non può essere paragonata ad una di ventuno giorni. Questa volta invece, si è superato costruendo una corsa in crescita, con qualche exploit, anche se ci si aspettava qualcosa in più in salita.
Guillaume Martin, 7,5: la vera soddisfazione francese per la classifica generale. Dalla fuga di Tignes il suo Tour è andato in crescendo. Ha provato a dare qualcosa in più, ma complice una formazione pressoché assente, non ha potuto dare il massimo.
Pello Bilbao, 7,5: sicuramente avrebbe meritato molto di più, soprattutto dopo quanto aveva fatto al Giro in supporto di Damiano Caruso. Va quindi tenuto in considerazione anche questo fattore con un’altra grande gara a tappe sulle spalle. Si è un po’ perso via in salita, dove figurava tra gli uomini più attesi.
Rigoberto Uran, 6,5: poteva essere la volta buona, il Tour giusto per lui, soprattutto dopo quanto fatto vedere al Giro di Svizzera con il ritorno ad alti livelli dello scalatore colombiano. In molti lo attendevano in occasione della fatidica terza settimana per vederlo alla prova contro Tadej Pogacar, ma è mancato proprio sul più bello. Avrà comunque Tokyo e la Vuelta per potersi vendicare.
David Gaudu, 6,5: era il francese più atteso per la classifica generale. Ha cercato di salvare il salvabile in occasione della terza settimana, ma oramai era troppo tardi. Il tutto nonostante qualche exploit che ha fatto ben sperare per una vittoria di tappa. Ha peccato un po’ di regolarità gestendo male queste tre settimane.
Mattia Cattaneo, 7,5: ci ha provato fino all’ultimo nel cercare di agganciare una storica top ten. Ha dato tutto quello che aveva specialmente in quelle cronometro che, con il passare del tempo, iniziano a farci ben sperare. Va ringraziato per aver salvato in qualche modo una spedizione azzurra abbastanza scarna, e possiamo sicuramente dire che sta ritrovando il valore di un tempo e la propria dimensione in Deceuninck-Quick Step.
Wout van Aert, 9: questo Tour de France ha sicuramente confermato che il belga è un corridore semplicemente completo. Nato come uomo da classiche, si è presto ritrovato ad essere scalatore, dominatore del magnifico Mont Ventoux; ha poi confermato ancora una volta le grandi doti da cronoman che lo contraddistinguono, mettendo la ciliegina sulla torta di una Grande Boucle stupenda con una magnifica tripletta in volata sui Campi Elisi. Tre vittorie una diversa dall’altra. Il prossimo passo sarà sicuramente quello di provare a scalare la classifica generale di una grande corsa a tappe. Potrebbe regalare sorprese.
Nairo Quintana, 5,5: sembra ormai lontana l’epoca dei podi dei grandi giri. Partito già in sordina per quanto riguarda la classifica generale, sembrava pronto a focalizzarsi sulle vittorie di tappa e la maglia di leader dei GPM, ma è mancato sul più bello, in quella fatidica terza settimana perfetta per uno scalatore puro come lui.
Julian Alaphilippe, 7: sulla prima tappa, la vittoria da vero fuoriclasse, da degno campione del mondo, con tanto di maglia gialla, c’è ben poco da dire. Ha vinto a modo suo, con la firma del Moschettiere. Le prospettive erano buone, anche a livello di classifica generale. Ha provato più volte a buttarsi all’attacco, ma non è mai più riuscito a sfoggiare la stessa gamba della frazione inaugurale. Un gran peccato, soprattutto perché aveva dinnanzi a sé un percorso molto agevole per lui e per la gioia dei francesi.
Mark Cavendish, 10: probabilmente la storia più bella di questo Tour. Con il suo poker di vittorie ha eguagliato i 34 successi del Cannibale Eddy Merckx, mostrandosi al mondo come il dominatore assoluto delle volate di tutta l’epopea della Grande Boucle. È sfuggito il sorpasso in quel di Parigi, ma da parte di un corridore che lo scorso inverno era in procinto di smettere, annessa la conquista della maglia verde, non si poteva chiedere nulla di più.
Matej Mohoric, 8,5: un’altra perla slovena oltre a Pogacar e Roglic. Due vittorie di tappa una più bella dell’altra, di classe, da vero finisseur. Ha vendicato in qualche modo la bruttissima caduta al Giro che ha rischiato di compromettere questo 2021, tornando in breve tempo il fenomeno di un tempo. Ha vinto con grinta, caparbietà, tenacia, ma soprattutto regalando delle belle emozioni.
Mathieu van der Poel, 7,5: sicuramente il fenomeno olandese ci ha regalato la pagina più bella e commovente di questo Tour con la vittoria in occasione della seconda tappa, sul Mur de Bretagne, annessa alla conquista della maglia gialla; la stessa sfiorata più volte dal suo amato nonno Raimon Poulidor. Complici le Olimpiadi di Tokyo, la sua permanenza al Tour è durata soltanto nove giorni. Il tempo necessario per mettersi costantemente in mostra andando anche in fuga in veste di leader della corsa. Alla sua prima Grande Boucle ha già fatto vedere cosa sarà capace di affrontare in futuro.
Daniel Martin e Michael Woods, 5,5: poteva risultare come la coppia pronta a far saltare il banco infilandosi tra i contendenti al podio. Si sono fatti vedere, ma senza grandi exploit. Woods si sarebbe potuto permettere addirittura di puntare alla maglia a pois, ma si è perso sul più bello, complici anche le cadute subite. Non ne sono usciti comunque sconfitti, quindi guai a sottovalutarli per Tokyo.
Sonny Colbrelli, 7: ha fatto tutto quello che poteva fare, ma purtroppo non è bastato. Ci ha provato ovunque, tra finali insidiosi, volate, fughe di giornata, ma anche questa volta il Tour gli si è ritorto contro. Va apprezzato il suo tentativo di provarci sempre e comunque, nel bene e nel male; anche per sfoggiare quella magnifica maglia tricolore con cui non vede l’ora di alzare le braccia al cielo.
Jakob Fuglsang, 4: vi erano forti aspettative su di lui, specialmente al termine di un ottimo Giro di Svizzera. Invece, ha affrontato un Tour semplicemente anonimo, senza mai farsi vedere in qualche azione importante. Probabilmente sarà stata anche una tattica in vista di Tokyo, ma è sicuramente un uomo da cui si attende sempre qualcosa; anche solo un minimo, invece è totalmente mancato.
Michael Matthews, 5,5: forse ci si aspettava un qualcosina in più da parte dell’australiano. Sempre pronto a battagliare, è sembrato quasi a mezzo gas. Ci ha provato e riprovato, la gamba era pure buona, ma è mancato qualcosa.
Nacer Bouhanni e Jasper Philipsen, 6: ci hanno provato più volte, ma davanti a Cavendish così straripante, c’era ben poco da fare. Il primo ha corso un Tour (sino alla quindicesima tappa, dove è arrivato il ritiro per via di una caduta) dal sapore di un mezzo riscatto. Il secondo forse ha corso in maniera un po’ troppo ‘aggressiva’ senza studiare bene la volata.
Vincenzo Nibali, 6: ha sfruttato questo Tour in vista del ritiro anticipato, ma obbligatorio, per le Olimpiadi. Ancora una volta ha corso con tanto cuore e tanto coraggio che non l’hanno comunque premiato, ma oggettivamente si sapeva che non avremmo potuto aspettarci grandi cose da parte del siciliano, sapendo i suoi reali obiettivi.
Primoz Roglic, sv: c’è ben poco da dire sul suo Tour infranto alla nona frazione. Una brutta caduta in occasione della terza tappa ha gettato via ciò che aveva fatto vedere di buono nei primi due giorni. Anzi, ha resistito anche troppo. Forse grazie alla sua presenza fino all’ultimo avremmo assistito ad una Grande Boucle molto più avvincente sul piano della classifica generale.
Foto: Lapresse