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Atletica, Olimpiadi Tokyo: Gianmarco Tamberi un oro per entrare nella leggenda e un gesso da tenere stretto a sè

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Certe volte la vita sa sorprendere. Certe volte la vita ti regala una seconda chance. Certe volte la vita ti mette di fronte ad una sfida durissima. Certe volte, però, la vita ti consegna nelle mani una soddisfazione indicibile. Un lunghissimo giro. Un cerchio nel quale spesso passano emozioni da togliere il fiato e, nel caso di Gianmarco Tamberi, questo percorso è durato oltre 5 anni.

Torniamo con le lancette dell’orologio al 15 luglio 2016. Un lanciatissimo “Gimbo”, reduce da un percorso lastricato di successi e ottime prestazioni, si stava preparando per i Giochi Olimpici di Rio de Janeiro. Nel corso di quella serata, il saltatore in alto marchigiano aveva appena vinto la gara dell’Herculis, meeting internazionale del Principato di Monaco, nona tappa della Diamond League. Non solo, era stato in grado di migliorare il record italiano, arrivando fino a 2,39 m. A quel punto, Tamberi, aveva deciso di provare la notevole quota di 2.41. Errore. Secondo tentativo. Arriva il crack. La caviglia ricade malamente. Il dolore è totale. Il responso è una mazzata da far tremare i polsi. Ko i legamenti. 4 mesi di stop. Addio Rio 2016, addio sogni di gloria. Carriera tutta da riscrivere.

Il nostro portacolori non sapeva darsi pace. Ripeteva solamente. “Ridatemi il mio sogno. Vorrei urlarlo che tornerò più forte di prima, ma ora riesco solo a piangere”. Ore, giorni, settimane, mesi durissimi. Dalla disperazione alla riscossa. Quello era diventato il mantra di Tamberi. Se lo era scritto anche nel gesso che bloccava la sua caviglia. “Road to Tokyo 2020”. Lo aveva messo nero su bianco con un pennarello. Per darsi un obiettivo. Per farsi forza. Per non mollare nonostante tutto.

E così ha fatto “Gimbo”. Prima ha tolto il gesso che, come si è visto, ha conservato con cura, quindi è tornato a camminare, poi a correre ed allenarsi, fino a rimettersi a pieno regime in vista delle Olimpiadi nipponiche. A questo punto, però, ci ha pensato la pandemia di Covid-19 a proporre una nuova sfida all’atleta classe 1992. Attendere un altro anno. Altri 12 mesi. Il sogno con i Cinque Cerchi però, era sempre laggiù in fondo per l’azzurro.

Dal 15 luglio 2016, al primo agosto 2021. 1843 giorni. Un lasso di tempo quasi infinito per un atleta. Chissà quante cose sono passate nella mente di Tamberi in questi 1843 giorni. Un mix di sensazioni che si sono sublimate oggi allo Stadio nazionale del Giappone. Il nostro fuoriclasse ha riaperto gli occhi, che aveva chiuso per colpa di quell’infortunio tremendo a Montecarlo. Li ha riaperti. Dimenticando tutto. Si è presentato in pedana e ha inanellato una serie di salti impeccabili. Partendo da 2.19 fino a 2.39. Proprio come in quel dannato meeting monegasco di 5 anni fa.

All’epoca arrivò la più tremenda delle beffe. Un infortunio gravissimo su un salto non fondamentale. Oggi, invece, a quella quota, è arrivata la medaglia d’oro olimpica nel salto in alto. Un percorso che si è chiuso per Tamberi, proprio sotto i Cinque Cerchi. In quel momento, non era solo. Non solo c’erano milioni di italiani a sospingerlo, ma c’era anche quel gesso. Quello che aveva maledetto prima di Rio. Quello che recitava “Road to Tokyo 2020” che era poi diventato “2021”. Un talismano. Un monito. Una sorta di compagno di viaggio che si era portato fino alla pista di atletica del quale, ora, potrà disfarsi, se vorrà, chiudendo il suo cerchio. L’incubo è finito. Ora per “Gimbo” c’è solo da vivere un sogno ad occhi aperti. E, stanne certo Gianmarco, è tutto vero!

Foto: Lapresse

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