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Olimpiadi Tokyo: il Team dei rifugiati ai Giochi senza il ciclo vaccinale completato. Lo afferma Lohalith

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L’Équipe olympique des réfugiés (EOR), ovvero la squadra olimpica dei rifugiati, in questa edizione composta da 29 atleti provenienti da undici paesi diversi, si è presentata a Tokyo 2020 quasi all’ultimo minuto, nello specifico soltanto tre giorni prima dalla cerimonia d’apertura. Le motivazioni sono state ampiamente spiegate nelle cronache di due settimane fa: parte della rappresentativa è rimasta infatti ferma a Doha per una settimana, dopo la positività al Covid-19 di uno degli allenatori. A distanza di quasi quindici giorni, nelle battute finali della rassegna a cinque cerchi, la mezzofondista Angelina Lohalith è tornata in qualche modo sull’argomento, individuando in tal senso una piccola zona d’ombra organizzativa da un punto di vista sanitario.

L’atleta infatti, fuggita dal Sud Sudan per il Kenya all’età di sei anni, dopo non aver superato la sua batteria nei 1500 metri di atletica leggera ha rilasciato una significativa dichiarazione ai microfoni della BBC, esprimendo alcune perplessità: “Anche se è stato bello poter competere, l’esperienza mi ha lasciato dei sentimenti contrastanti. La situazione per i rifugiati il più delle volte non è buona“.

Entrando più nello specifico Lohalith ha denunciato un ritardo importante riguardo la copertura vaccinale garantita dal Comitato Olimpico Internazionale, sostenendo che la sua squadra, stanziata in Kenya prima della partenza, ha ricevuto soltanto la prima dose di Pfizer passando in coda ad altri team: “C’è stato un tentativo di unirci agli altri atleti, ma poi ci hanno detto di tornare indietro perché eravamo un team diverso“. “A volte ci rendiamo conto che, a causa del nostro status – ha proseguito Lohalith – dobbiamo lasciare che le cose si raffreddino ed esser pazienti. Non siamo contenti di questo“.

Non è tardata ad arrivare una risposta dagli organi competenti: la Commissione Olimpica Nazionale del Kenya (KNOC) ha infatti prontamente risposto all’atleta, spiegando che non è esclusivamente una sua responsabilità soddisfare i bisogni sanitari della squadra dei rifugiati: “Li abbiamo inclusi nel nostro programma di vaccinazione e abbiamo avuto il nostro Ministero e il capo ufficiale medico sempre informati sulla questione“, ha detto il segretario generale della KNOC Francis Mutuku a BBC Sport Africa. Riteniamo che la distribuzione dei vaccini debba essere effettuata con un approccio collaborativo con altre agenzie“.

Foto: Lapresse

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