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Tokyo 2021

Olimpiadi Tokyo, record di medaglie per l’Italia nell’atletica e nel nuoto: questione di mentalità

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Nuoto e atletica in chiave italiana sugli scudi alle Olimpiadi di Tokyo? Sì, decisamente sì. Nelle pratiche più complicate dal punto di vista della competizione, considerando la partecipazione di tanti Paesi e un livello tecnico molto elevato, le due selezioni del Bel Paese hanno dato chiari segnali di vitalità dandosi un testimone perfetto tra prima e seconda settimana.

Nei primi sette giorni dei giorni dei Giochi, l’Aquatics Centre ha promosso a pieni voti la formazione guidata dal Direttore Tecnico Cesare Butini: sei medaglie (2 argenti, 4 bronzi), record di podi di Sydney eguagliato anche se in Australia nel 2000 gli ori furono 3; 19 finalisti (nuovo primato assoluto per il Bel Paese nella pratica natatoria); 8 record italiani e 13 primati personali. Medaglie e piazzamenti che certificano quanto questa squadra sia stata la migliore di sempre in termini di completezza, visto che sono stati ottenuti podi su distanze nelle quali mai si era riusciti: l’argento della 4×100 stile libero uomini; il bronzo dei 200 farfalla uomini; il bronzo della 4×100 mista uomini.

Vanno, altresì, rimarcate le prestazioni di Gregorio Paltrinieri (argento negli 800 stile libero) e di Simona Quadarella (bronzo negli 800 stile libero) che, nonostante le loro condizioni fisiche tutt’altro che perfette, sono stati in grado di ottenere una top-3 significativa. In questo bilancio gli aspetti negativi riguardano le controprestazioni della 4×200 sl femminile, di Benedetta Pilato (100 rana) e dei 200 dorso femminili con Margherita Panziera e l’assenza della velocità femminile.

Innegabile poi che in questo percorso molto confortante sia mancata l’affermazione assoluta, cioè l’oro. In quest’ottica, i guai fisici sono stati purtroppo decisivi. La mononucleosi che ha colpito Paltrinieri a un mese dalle Olimpiadi non ha permesso al nostro principale alfiere una resa al 100%. Per quanto si è visto in acqua, se Greg avesse goduto di una forma al top gli ori negli 800 sl e nei 1500 sl, per i tempi nuotati, difficilmente sarebbero sfuggiti. Certo, coi se e i ma non si fa la storia, ma le cose stanno un po’ così.

A compensare la mancanza di ori allora ci ha pensato la disciplina regina delle Olimpiadi. Cinque sigilli pazzeschi firmati da Gianmarco Tamberi nel salto in alto, da Marcell Jacobs nei 100 metri piani, da Massimo Stano e Antonella Palmisano nella 20 km di marcia e dalla staffetta 4×100 maschile. Trionfi da associare al 65% degli atleti italiani che hanno superato almeno un turno, con le squadre che hanno realizzato quattro record italiani. Da tenere poi in debito conto i miglioramenti di atleti giovani come Alessandro Sibilio nei 400 ostacoli (finalista olimpico nella specialità e frazionista della 4×400) e di Nadia Battocletti nei 5000 metri, sempre più vicina ai limiti nazionali di un mito come Gabriella Dorio.

La domanda é: come è stato possibile tutto questo?

La risposta sta nella convinzione di potercela fare sempre. In passato, gli azzurri soffrivano della sindrome dei “pesci fuor d’acqua”, ovvero del sentirsi non adeguati a un contesto così importante pur avendone tempi e capacità. Lo spirito è cambiato e l’interpretazione delle Olimpiadi come una competizione nella quale farsi valere e non limitarsi alla partecipazione è stato il vero punto di discontinuità che ha creato le condizioni per i risultati descritti. Certo, serve talento e materia prima, ma senza una certa “benzina” nella mente si fa decisamente più fatica.

Foto: LaPresse

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