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Tiro a volo, Olimpiadi: dai fasti di Rio 2016 al brusco risveglio di Tokyo 2020. Rinnovamento difficile in alcuni settori

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Dalle cinque medaglie di Rio 2016 alla sola di Tokyo 2020. Il tiro a volo italiano torna dai Giochi giapponesi come uno dei “grandi sconfitti” dello sport azzurro. Ma come sempre in questi casi non dev’essere la pancia a parlare, bensì la testa. E allora: dove sta la verità?

Replicare le cinque medaglie di cinque anni fa (2 ori e 3 argenti) era cosa proibitiva, inutile negarlo, fare meglio di quell’unico argento raggiunto da Diana Bacosi era invece cosa possibile. La previsione ideale per il tiro a volo azzurro si attestava su 3 medaglie, con magari un oro a impreziosire la bacheca, ma è evidente che questo non è successo.

Adesso la Federazione dovrà lavorare su due piani: quello tecnico, per capire effettivamente cosa non ha funzionato appieno in un gruppo che comunque ha portato, nelle cinque finali in programma, tre rappresentanti a giocarsi le medaglie (60%), e quello verso un futuro che si chiama Parigi 2024, ma non solo.

Qualcuno ha già parlato di “rinnovamento”: un termine da non mettere lì per caso, soprattutto in uno sport molto longevo come il tiro a volo. Ma cerchiamo di capire specialità per specialità e settore per settore quali potrebbero essere i nomi spendibili in tutti i comparti.

TRAP
Facendo la tara, si scopre che la “fossa” è il settore più in sofferenza, ma anche con possibilità più ampie di ricambio o di risorse interne da valorizzare.

Maschile
E’ vero che Mauro De Filippis non è riuscito, nel maxi shoot off a sei, a centrare la finale individuale ma il suo rendimento è stato molto elevato e ciò si è visto anche nel contest di Mixed Team quando, quasi da solo, ha provato a tenere in piedi la baracca, nel duo con un’irriconoscibile Jessica Rossi, sbriciolando 74 dei suoi 75 piattelli a disposizione. Da chi potrà essere affiancato? L’obiettivo principale dev’essere, in prima istanza di recuperare appieno Daniele Resca e Valerio Grazini, che fanno già parte della Nazionale e che, quando sono stati in piena efficienza fisica, hanno dimostrato di poter valere l’altissimo livello.

Giovani in rampa di lancio? I nomi da tenere d’occhio sono quelli di Lorenzo Ferrari (1999) e Matteo D’Ambrosi (2003).

Femminile
Per analizzare quanto successo a Jessica Rossi – soprattutto dal punto di vista psicologico – ci vorranno settimane, forse mesi, ma l’emiliana (classe 1992) non può che rimanere il principale riferimento del comparto femminile dove, insieme a lei, Silvana Stanco (quinta a Tokyo) ha dimostrato di valere tantissimo.

Quali possono essere allora i nomi da tenere d’occhio? Sicuramente quelli di Maria Lucia Palmitessa, la pugliese nata nel 1998, e Fiammetta Rossi, l’umbra del 1995 che recentemente ha aumentato la sua esperienza facendosi vedere più volte sulle pedane delle varie tappe di Coppa del Mondo.

SKEET
Gli elementi del gruppo coordinato da Andrea Benelli, superlativi a Rio, erano quasi riusciti a fare appieno il loro dovere e francamente non può essere la carenza di una medaglia o di un accesso in finale a sporcare del tutto il giudizio. Certo, l’età non più verdissima di Bacosi e Cainero richiama a delle valutazioni.

Maschile
Gabriele Rossetti (1995) e Tammaro Cassandro (1993) sono nel pieno della loro carriera e parlare di rinnovamento in questo caso potrebbe un po’ stridere con quanto detto in precedenza. La cosa da fare quindi in questi anni che vanno verso Parigi 2024 sarà quella, se tutto dovesse andare per il meglio, di valutare la concorrenza interna.

I tiratori, a vari piani di età e di esperienza, ci sono: Luigi Lodde (1980), Riccardo Filippelli (1980) ed Elia Sdruccioli (1998).

Femminile
La domanda delle domande: Diana Bacosi e Chiara Cainero a che punto sono della loro carriera da tiratrici? La prima ha portato l’argento alla spedizione italiana, la seconda non è stata brillante, ma pochi mesi fa si era messa al collo l’oro continentale a Osijek. Ciò vuol dire che, al netto di tutto, dovrebbero essere ancora loro due i riferimenti verso Parigi 2024.

Ma alle spalle delle “Sorelle d’Italia” com’è la situazione? La terza moschettiera in questi anni è sicuramente stata Chiara Di Marziantonio (1995), che però non sembra ancora aver raggiunto un livello tecnico costante e sufficiente per primeggiare, ma non è finita qui. Altri due nomi spendibili infatti potrebbero essere quelli di Martina Bartolomei (1990) e di Giada Longhi (2001), che dall’anno prossimo dovranno iniziare a fornire risposte sui loro standard qualitativi.

Di risorse umane su cui lavorare ce ne sono. Ciò che è successo a Tokyo probabilmente non era preventivabile ma ormai va accettato per quanto il campo da tiro ha rivelato. E’ il momento di ripartire per tornare a svolgere un ruolo da protagonisti nelle prossime manifestazioni internazionali, che culmineranno “soltanto” fra tre anni nelle Olimpiadi di Parigi 2024.

Foto: ISSF / Maria Lucia Palmitessa

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