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Vuelta a España 2021, Fabio Aru: “Non vedo il ritiro come una liberazione, è solo la fine di un capitolo”

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Siamo ai titoli di coda. Fabio Aru è giunto all’ultima fermata e non ci sono ripensamenti. Il Cavaliere dei Quattro Mori affronta questa Vuelta a España con serenità, senza alcun rammarico e la voglia di chiudere nel migliore dei modi la carriera.

Sebbene il sardo si stia disimpegnando bene lungo il tragitto della corsa a tappe iberica (14° 4’36” dal leader Primoz Roglic), è deciso e non mostra segni di incertezza rispetto al suo ritiro: “Ogni giorno, penso sempre di più che questa sia stata la scelta giusta“, l’ammissione del corridore del Team Qhubeka NextHash a Cyclingnews.

Qui alla Vuelta devo affrontare 21 tappe e questo mi permette di vivere ogni giorno un’emozione diversa. Forse lasciare dopo una prova di un giorno sarebbe stato diverso. In questo caso si vivono sensazioni diverse e tutto questo mi sta aiutando ad assorbire il peso della mia scelta”, ha aggiunto il ciclista italiano.

Una decisione che ha stupito, ma fino a un certo punto, dal momento che i risultati degli ultimi due anni aveva portato a questa chiosa. L’avvento nel citato Team Qhubeka NextHash faceva pensare che il sacro fuoco fosse ancora acceso e per questo che l’annuncio di Aru ha colto di sorpresa tanti degli addetti ai lavori per i tempi.

A prima vista sembrerebbe per lui una liberazione, ma il corridore smentisce categoricamente: “La vedo solo come la fine di un capitolo. Ovviamente questa è stata la mia vita per più di 15 anni e la bicicletta, in un modo o nell’altro, rimarrà parte della mia vita, perché è stata la mia grande passione. Verrò a vedere qualche gara, ma è anche il momento di dedicare più tempo alla mia famiglia, di stare a casa”.

Una carriera da dividere in due parti distinte. Dopo l’avvento da professionista nel 2012 con l’Astana, il successo è arrivato quasi subito con il podio nel Giro d’Italia nel 2014 e il bis nel 2015, anno nel quale riuscì a vincere proprio la Vuelta a España. Nel 2017, nel Tour de France, l’azzurro vestì l’ambita Maglia Gialla per un paio di giorni e sembrava che potesse addirittura insidiare il trono di Chris Froome e del Team Sky. Alla fine della fiera vi fu un quinto posto, ma pareva davvero che quello potesse rappresentare una tappa di transito per traguardi ambiziosi. Nei fatti, la sua ultima vittoria risale proprio a quel Tour a La Planche des Belles Filles.

I tre anni all’UAE Team Emirates sono stati un calvario e caratterizzati dai problemi fisici: l’operazione all’arteria iliaca della gamba e dall’infezione da Citomegalovirus. “Sono stati anni difficili e ho sofferto molto, ma mi sono stati da insegnamento perché la vita non è solo vincere, ci sono anche battute d’arresto e devi superarle. Sono diventato una persona migliore rispetto a prima. Ovviamente avrei preferito vivere meno delusioni di quelle che ho vissuto, ma questo non ha influito sulla mia decisione di ritirarmi. Alla fine è che ho lasciato la Sardegna tanti anni fa, quando ero molto giovane, e la mia famiglia è ancora lì. Ci sono tante cose legate a loro. E penso che per ognuno di noi arrivi un momento in cui vuoi cambiare qualcosa e iniziare un nuovo capitolo. Per me quel momento è arrivato adesso, e sono felice della mia scelta“.

Un passato nel quale polemiche e critiche non sono mancate, ricordando anche quello che accadde con Beppe Saronni: “Critiche che mi hanno ferito, ma questo mi ha fatto capire chi mi era veramente vicino e chi no”. E dunque all’ultimo giro di giostra Aru cerca di godersi quel che resta della sua carriera per poi proiettarsi in altro ambito al meglio possibile.

Photo LiveMedia/DPPI/Laurent Lairys

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