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America’s Cup in subbuglio. Dunphy ricatta i Kiwi con i soldi e chiede la testa di Dalton. New Zealand spedisce i dollari al mittente!

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La America’s Cup è un vero e proprio romanzo, con colpi di scena, liti, discussioni, capovolgimenti di fronte e intrighi. E non poteva mancare il clamoroso colpo di teatro a 17 giorni dall’attesissimo annuncio che svelerà dove e quando si disputerà la prossima edizione della competizione sportiva più antica al mondo. Mark Dunphy, CEO di Greymouth Petroleum (è un miliardario, chiariamolo subito), ha dichiarato che sarebbe disposto a garantire i fondi necessari per mantenere l’evento in Nuova Zelanda ma soltanto se Grant Dalton rassegnasse le due dimissioni dal ruolo di CEO di Team New Zealand, i detentori della Vecchia Brocca che hanno il diritto di decidere la sede della manifestazione.

Si tratta di un vero e proprio ricatto indirizzato ai Kiwi, che hanno rinunciato ai circa 60 milioni di euro offerti dal Governo Nazionale e hanno cercato sedi estere (al momento sono in ballottaggio Cork in Irlanda, Jeddah in Arabia Saudita e Valencia in Spagna). Dunphy è stato lapidario: se volete gareggiare nelle acque di Auckland e difendere il trofeo in casa sono disposto ad aprire la borsa e a darvi una mano, ma in cambio ha chiesto la “testa” di Dalton, l’uomo che ha fatto risorgere New Zealand e l’ha portata a vincere le ultime due edizioni della massima competizione velica. Una pretesa incredibile che ha naturalmente acceso gli animi dall’altra parte del mondo, dove questo sport è davvero di rilievo nazionale e viene vissuto in maniera viscerale.

Team New Zealand ha prontamente risposto attraverso un comunicato ufficiale e ha affermato che la pretesta di Dunphy è “sbalorditiva” e che non ci sono dubbi su chi sia l’uomo migliore per guidare la squadra verso la difesa e la vittoria della 37ma America’s Cup (Dalton, appunto): “Dunphy ha minato la struttura della squadra, così come l’assoluta dedizione e impegno che Dalton ha mostrato incessantemente per 18 anni, da quando ha assunto la direzione di quelle che erano le ceneri di una squadra sconfitta“. Una reazione da squadra vera e vincente, che ha difeso il suo leader e ne ha elogiato le doti, rispendendo al mittente la valigetta con i milioni di dollari (la cui quantità non è stata precisata).

In sostanza, sono praticamente sfumate definitivamente le piccolissime possibilità di mantenere la Coppa America nel Golfo di Hauraki (salvo ulteriori colpi di scena, assolutamente da non escludere). I Kiwi hanno puntualizzato: “Per essere chiari, per quanto ci piacerebbe regatare ad Auckland, preferiremmo vincere con orgoglio sventolando la bandiera della Nuova Zelanda, di RNZYS e del nostro team in qualsiasi altra località del mondo, piuttosto che minare la struttura di una squadra vincente e affrontare la sconfitta ad Auckland. Nessuno di noi vuole ripetere quanto successo nel 2003“. Lo scotto di Alinghi è ancora palpabile, a quasi venti anni di distanza. A questo punto siamo alla resa finale: la America’s si disputerà in una località tra Cork, Jeddah e Valencia. Il prossimo 17 settembre sapremo.

Credit ACE Studio Borlenghi America’s Cup Press

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