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Ciclismo, Davide Bramati: “Bagioli ha già dimostrato tanto. Mondiale? Magari lo vince Ballerini…”

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Davide Bramati, milanese di Vaprio d’Adda classe 1968, vanta una lunghissima milizia nel ciclismo: professionista dal 1990 al 2006 e poi salito subito sull’ammiraglia dove è riuscito a diventare uno dei migliori direttori sportivi. Il “Mourinho del ciclismo” è una delle armi in più della formazione belga di Patrick Lefevere, la Deceuninck-Quick Step: le gambe dei corridori contano moltissimo, ma anche la testa degli strateghi in ammiraglia non è da meno, contribuendo così a conquistare grandi vittorie e a vivere giornate magiche. 

Davide come si fa ad alzare sempre un po’ di più l’asticella? 

“Non esistono segreti, è semplicemente un bel gruppo che lavora insieme da molti anni. Il Wolfpack è molto affiatato, speriamo di continuare con questo trend in costante crescita anche nei prossimi anni, con questa grande voglia di successi che ci porterà sempre più in alto.” 

Da corridore sei stato bravo a capire quale poteva essere il tuo ruolo, quello di gregario al servizio dei leader, e lo hai fatto tuo. Una volta appesa la bici al chiodo sei salito in ammiraglia e anche lì come direttore sportivo hai saputo lavorare con grande umiltà e sei diventato uno dei migliori nel tuo ruolo. Quali sono le regole, se esistono, per arrivare così in alto? 

“Il sacrificio, la voglia di lavorare e migliorarsi credo siano il frutto di tutti i successi. In passato non sono stato un grandissimo corridore, nonostante i miei 17 anni di professionismo, ma ho avuto la fortuna di correre con un bel gruppo di corridori da cui ho imparato molto. Appesa la bici al chiodo sono salito subito in ammiraglia e ho avuto la grande fortuna di lavorare con una grande squadra con colleghi sempre molto disponibili e attenti. Mi sono anche messo alla prova. Un esempio? Quando correvo non sapevo neanche una parola d’inglese e così quando sono diventato direttore sportivo ho seguito corsi di lingua per poter imparare l’inglese.” 

Qual è l’aspetto che ti ha maggiormente colpito nella trasformazione da corridore a direttore sportivo? 

“Da corridore pensi solo a te stesso, come direttore sportivo invece devi pensare ad una squadra intera.” 

La vittoria più bella del 2021 ad oggi?

“Per me le vittorie sono tutte belle, ma se dovessi scegliere qualche vittoria in particolare direi le ultime di Fabio Jakobsen alla Vuelta di Spagna, soprattutto per quello che ha passato da un anno a questa parte. Ha una forza e determinazione incredibile.” 

Qual è invece quella sfumata a cui magari ripensi ancora oggi? 

“La Milano-Sanremo del 2016 quando è caduto Fernando Gaviria a 300 metri dal traguardo. La Classicissima di Primavera è una corsa che da italiano sento molto e più volte mi sono chiesto come sarebbe andata se non fosse caduto.” 

Quali corse può vincere Andrea Bagioli? 

“Secondo me Andrea già a quest’ultima Vuelta ha dimostrato tanto. Sono convinto che nei prossimi anni possa essere protagonista nelle corse di un giorno e nelle corse a tappe credo possa essere un pretendente per qualche vittoria di tappa. E’ un corridore che ha un bel futuro davanti.” 

Come verrà organizzata la squadra per le corse a tappe in supporto a Evenepoel? 

“Non è ancora stato deciso niente, ci penseremo quest’inverno. Per ora siamo concentrati a finire nel migliore dei modi questa stagione dove ci sono ancora degli appuntamenti importanti come la Roubaix e il Mondiale in Belgio.” 

Il Mondiale in Belgio… 

“Una corsa a cui puntiamo molto. Mi auguro che la maglia arcobaleno possa rimanere ancora nella nostra squadra dopo il successo dello scorso anno ad Imola con Julian Alaphilippe. Magari con Davide Ballerini…” 

Hai un sogno nel cassetto?

“Si, ed è quello di vincere un Grande Giro con la squadra prima di lasciare l’ammiraglia. E’ una delle poche corse che manca nel palmarès della Deceunick-Quick-Step.” 

Foto: Lapresse

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