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Ciclismo
Ciclismo, Roberto Amadio: “Cassani lavora ad una squadra World Tour. Gli italiani ci sono, non sono pessimista”
Parlare di Roberto Amadio significa raccontare gli ultimi trent’anni del ciclismo italiano e non solo. Da corridore conquistò medaglie pesanti in pista – indimenticabile l’oro Mondiale nel 1985 nel quartetto con Martinello, Grisanti e Brunelli – e una la sfiorò alle Olimpiadi di Los Angeles. Su strada invece ha corso tra i più grandi della sua epoca, come Francesco Moser e Gianni Bugno, ma purtroppo fu costretto ad abbandonare l’attività professionistica anzitempo a causa di un’extrasistole. Poi dal 2005 al 2014 fu Team Manager di una delle squadre che più ha sfornato corridori: la Liquigas – poi Cannondale – che ha costruito e fatto grandi cose. Basti pensare a nomi come Elia Viviani, Peter Sagan, Damiano Caruso, Vincenzo Nibali e Ivan Basso, giusto per citarne alcuni. Da quest’anno invece Amadio è Team Manager delle squadre nazionali della Federciclismo del presidente Cordiano Dagnoni.
Come va Roberto?
“Abbastanza bene, sono sempre di corsa ma mi sto divertendo e sto imparando tante cose nuove.”
Un’edizione dei Giochi Olimpici da corridore e una da Team Manager della Nazionale. Quella di Tokyo 2020 che Olimpiade è stata?
“Completamente diversa dalla mia esperienza di Los Angeles 1984. La pandemia ha condizionato totalmente i Giochi Olimpici, sono state Olimpiadi blindate. Un esempio? Non potevamo andare a vedere gare, se non le nostre. Fortunatamente nella prova su strada c’era un po’ di pubblico e questo ci ha dato un po’ di morale.”
Con Elia Viviani hai lavorato molto ai tempi dell’ex Liquigas. Quali emozioni hai provato nel vederlo conquistare il bronzo nell’Omnium?
“Nelle prime due prove Elia era un po’ in trance, era bloccato, e quindi non è riuscito ad esprimere al meglio il suo modo di correre. Il merito va anche a Marco Villa che lo conosce molto bene ed è riuscito a sbloccarlo psicologicamente. Ci siamo giocati l’argento, ma credo che Elia questo bronzo l’abbia apprezzato quanto un oro. Non sono stati anni facili per Viviani e la medaglia che è riuscito a conquistare è meritata, voluta e sofferta.”
Elia è stato uno dei primi ad aprire le porte alla multidisciplinarietà. Spingerai i giovani sotto questo aspetto o preferirai farli agire in base all’istinto?
“Credo che la multidisciplinarietà vada rafforzata in modo tale che i corridori, soprattutto i più giovani, imparino a stare bene in bici. Penso che il connubio strada-pista sia fondamentale nella carriera di un corridore per essere completo. Noi della Federazione faremo in modo di incentivare la multidisciplinarietà per poi, magari, dedicarsi solo alla strada in un momento di maggior maturità.”
Quali saranno i progetti per rilanciare la pista?
“E’ tutto ancora in fase di sviluppo, ci stiamo lavorando ma niente di ancora definito. Al momento posso dire che sicuramente ci sarà un’attività maggiore.”
Abbiamo un ciclismo professionistico italiano in difficoltà, soprattutto per le corse a tappe. Qual è il tuo pensiero a riguardo?
“Il discorso del campione è ciclico, non darei colpe a nessuno. Però non butterei via quello che abbiamo, ci sono ottimi corridori.”
Ad esempio?
“Filippo Ganna, Andrea Bagioli, Sonny Colbrelli, Matteo Trentin, Giacomo Nizzolo, Giovanni Aleotti, Alberto Bettiol, giusto per citarne alcuni e mi scuso con quelli che non cito ma ci sono molti corridori che possono fare grandi cose. Non sono così pessimista e posso dire di essere orgoglioso dei nostri corridori.”
Come verrà strutturato il ciclismo Juniores e Under23?
“C’è una commissione strada che sta lavorando insieme al Presidente Fusar Poli. Al momento è un periodo difficile a livello economico per alcune società ma la Federazione farà di tutto per aiutarle. Forse dobbiamo cambiare mentalità a livello di approccio: tra gli Juniores è ancora un momento di crescita e non di arrivo ed i ragazzi in queste categorie devono pensare a divertirsi senza essere focalizzati sul risultato, per questo c’è tempo.”
Parlando invece di ciclismo femminile, secondo te andrebbe creato un vero professionismo, come per i ragazzi, oppure è meglio la situazione attuale con la possibilità di tesserare le atlete anche in corpi statali ma mantenendo lo “status” di dilettantismo?
“Il movimento ciclistico femminile è in fase di evoluzione e soprattutto negli ultimi due anni c’è stato un cambio di marcia positivo. E’ un movimento che può fare molto e le squadre World Tour attuali stanno prendendo sempre più coscienza di quanto sia fondamentale avere anche una formazione femminile, quindi considerarle professioniste. Credo che sia un passaggio naturale ma è chiaro che molto di queste atlete, oggi nei corpi militari, che vanno ringraziati per il grande lavoro che fanno; si troveranno poi davanti ad una scelta tra l’essere professioniste o continuare a far parte dei corpi.”
Nell’ultimo periodo si sta parlando molto del “dopo Cassani”. A quando la nomina del suo successore?
“Non sono io a decidere, ma ad oggi non è ancora stato definito niente. Il Presidente Dagnoni sta facendo vari incontri per poi fare tutte le valutazioni del caso. Per ora ciò che conta è arrivare fino al Mondiale con la massima serenità e insieme a Davide Cassani.”
Ad oggi com’è il rapporto con Davide?
“Normalissimo, come sempre. Il mio ruolo è quello di mettere tutte le Nazionali e i relativi commissari tecnici nelle migliori condizioni. Non entro nel merito di scelte tecniche in nessun settore.”
Sabato a Commezzadura in occasione dei Mondiali di Mtb è stato presentato il nuovo bus del Team Italia…
“Al Presidente Cordiano piaceva l’idea di strutturare tutte le nostre nazionali con un bus dedicato e quindi abbiamo portato avanti questo progetto. Il bus agevola sia i corridori che gli addetti ai lavori e credo sia importante. Il bus ai Mondiali di Mtb è stato uno dei mezzi più fotografati e devo ammettere che anche la grafica è molto bella. So che ci sono state delle critiche che mi hanno lasciato un po’ perplesso ma tutte le grandi nazionali italiane, basti pensare al calcio e al basket, hanno i bus per i loro atleti e tecnici.”
Nell’ambiente si parla anche di una possibile squadra World Tour con al comando proprio Davide Cassani. Da esperto del settore pensi possa essere fattibile o resta un sogno proibito?
“Con Davide ne abbiamo parlato anche alle Olimpiadi e mi auguro che tramite le sue conoscenze e capacità riesca a costruire qualcosa che in Italia manca da tempo, una formazione World Tour Italiana. Per il nostro movimento sarebbe importantissimo. So che Cassani ci sta lavorando e credo che possa essere una grande opportunità.”