Ciclismo
Fabio Aru: “Persone marce mi hanno fatto del male. Non ero l’erede di Nibali: volevo di più, ma non ho rimpianti”
Per la sua ultima corsa, Fabio Aru ha scelto quella della sua vittoria più bella, La Vuelta. Sulle strade di Spagna, nella corsa a tappe che ha conquistato nel 2015, il 31enne sardo ha chiuso la sua carriera tra i professionisti: “Raggiungere questa decisione non è stato facile ma è qualcosa a cui penso e discuto con la mia famiglia da tempo. Corro da 16 anni e da più di un decennio da professionista, ma ora è giunto il momento di dare la priorità ad altre cose nella mia vita, alla mia famiglia. Spero di essere stato in grado di dimostrare i veri valori della sportività durante la mia carriera, e nel farlo ho reso le persone orgogliose. Voglio anche esprimere un profondo senso di gratitudine a tutti i miei ex compagni di squadra e al personale delle mie ex squadre, Astana e la UAE Team Emirates. Abbiamo condiviso alcuni momenti incredibili di cui sarò per sempre grato.”
Come stai Fabio?
“Bene, un po’ stanco ma bene. Sono felice.”
Quali emozioni hai provato in quella che è stata la tua ultima corsa in carriera?
“Parecchie emozioni. L’ultimo giorno è stato molto meglio di quanto potessi immaginare. Ad aspettarmi a Santiago de Compostela c’erano la mia compagna Valentina, la mia famiglia e i miei compagni. E’ stato un momento speciale che ricorderò per tutta la vita.”
In tutti questi anni di carriera, in cosa hai trovato la motivazione per affrontare i sacrifici che impone la vita da corridore?
“Ho avuto una grande passione per la bici e questo ha aiutato tantissimo. La voglia di emergere poi permette ad ogni atleta di spingersi un po’ più in la, soprattutto nei momenti difficili. Ringrazio la mia famiglia per esserci sempre stata e per avermi supportato in tutti questi anni.”
Le gare che hai vinto te le ricordi tutte?
“Sì, tutte. Da quando sono più piccolo.”
Ti saresti aspettato di vincere di più?
“Nei miei ultimi anni di carriera avrei voluto fare qualcosa in più, e soprattutto speravo in meno momenti difficili. A livello di risultati non ho ottenuto quello che volevo, ma non ho rimpianti. Ho cercato di dare il massimo in ogni situazione.”
C’è un posto in casa in cui conservi i trofei più belli?
“Li ho a casa ma non ho ancora creato uno spazio dedicato, ci lavorerò prossimamente.”
Il ciclismo è in continua evoluzione. Come pensi cambierà nei prossimi anni?
“Ho visto in dieci anni di professionismo quanto sia cambiato. Vent’anni fa poi era tutt’altro sport, soprattutto nei dettagli che passavano in secondo piano. Oggi invece c’è una cura quasi maniacale per i dettagli che sono quelli che poi fanno la differenza. Un esempio? Seguire un’alimentazione corretta.”
Di tutta la carriera qual è il ricordo più bello?
“Aver partecipato alle Olimpiadi. Una grandissima esperienza che ho realizzato anni più tardi. Ma anche il passaggio nella massima categoria è qualcosa che ricorderò per sempre. E’ il momento dove si diventa un po’ più grandi.”
L’emozione più grande?
“Senza ombra di dubbio vincere il Campionato Italiano nel 2017 e vestire la maglia tricolore. Ancora oggi mi fa provare un brivido d’emozione particolare.”
Il ricordo più brutto?
“Ritirarmi dal Tour de France lo scorso anno. Sono giorni che mi hanno segnato profondamente e che faccio fatica a dimenticare.”
Rifaresti tutto?
“A livello di grinta e determinazione che ho messo nell’affrontare le cose sì, sul fidarmi di certe persone invece, cambierei qualcosa. Non mi riferisco a tutti, ma a quelle persone da cui ho ricevuto del male ma non voglio soffermarmi. Non meritano neanche di essere nominati. E’ capitato a me, ma ci sono persone che hanno lasciato del marcio anche con altri. Ma tutto torna, ne sono convinto.”
Che voto daresti alla tua carriera?
“Faccio un po’ di fatica a dirlo, non sono mai stato bravo a dare dei voti. Sicuramente però sopra la sufficienza.”
L’annuncio del ritiro è giunto inaspettato, subito dopo il secondo posto di Burgos, quando sembrava che stessi tornando su buoni livelli. Cosa ti ha portato a compiere questa scelta?
“E’ stata una scelta che è avvenuta dopo lunghi pensieri e riflessioni. Nonostante fossi tornato ad un buon livello sentivo che era arrivato il momento di prendere questa decisione. E’ qualcosa che scatta dentro di te. Ho capito che dovevo dedicare del tempo non più alla mia professione ma alla mia famiglia.”
Dopo l’addio all’Astana, non sei più stato l’Aru di un tempo. Cosa è successo e che spiegazione ti sei dato?
“Ho avuto molti problemi fisici tra cui un’operazione all’arteria iliaca e di questo se ne è parlato sempre poco, un problema scoperto dopo un anno di risultati negativi. A tutto ciò c’è da aggiungere la gestione, dal mio punto di vista, non corretta del mio rientro alle corse.”
Quanto ha pesato per te essere considerato l’erede di Vincenzo Nibali?
“Niente, non mi sono mai sentito di essere un suo erede. Lo dicevano gli altri ma non lo pensavo io. Vincenzo ha avuto un percorso diverso dal mio e non mi sono mai paragonato a lui, nonostante per me sia sempre stato un grande stimolo. Io ho le mie caratteristiche e la mia storia.”
Cosa pensi di lasciare al nostro sport?
“Visto quello che ho affrontato in questi anni, come per esempio lasciare la mia terra e stare lontano dalla mia famiglia credo di aver lasciato una grande dose di determinazione e di aver insegnato a non mollare nonostante le difficoltà. La mia carriera non è stata solo successi, ma anche sconfitte.”
Quali progetti hai per il futuro? Rimarrai nel ciclismo?
“La bici farà sempre parte della mia vita, la mia passione rimane sempre quella di un tempo. Ci può essere la possibilità che rimanga nell’ambiente ma con ruoli diversi, senza dover stare via da casa per troppo tempo. Per ora però è presto per pensarci e prendere delle decisioni. Ci penserò nelle prossime settimane, con calma.”
C’è un consiglio che vorresti dare ai più giovani?
“Quello di dare sempre il massimo. Mi è capitato di vedere tanti giovani talenti che pensavano di aver tempo e hanno preso il tutto con troppa calma. Oggi il ciclismo è uno sport in cui i giovani vanno sempre più forte e quindi secondo me non c’è tempo per adagiarsi ma bisogna sempre dare il massimo, saltando, se capita, sul treno in corsa.”
Se potessi parlare al Fabio Aru da bambino, oggi che cosa gli diresti?
“Bella domanda. Sono contento di aver inseguito questo sogno che mi ha travolto. Quando ho iniziato ad andare in bici è stato sin dal primo momento una grande passione. Oggi rifarei tutto, tranne alcune scelte fatte soprattutto negli ultimi anni. Ecco qui cambierei qualcosa. Ma dagli errori si impara, sempre.”
Foto: Lapresse