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Filippo Tortu e Marcell Jacobs, la coppia d’oro dell’atletica italiana: una rivalità positiva per ambizioni crescenti

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Storie di rivalità e di agonismo. In Italia si è soliti parlare di dualismi e soprattutto in ambito calcistico ce ne sono diversi di aneddoti. Bisognerebbe rispolverare il periodo dei Mondiali del ’70 con la celebre staffetta Mazzola-Rivera.

Già staffetta e il pensiero corre velocemente a quanto fatto in quella 4×100 alle Olimpiadi di Tokyo. Un oro in un’edizione dei Giochi indimenticabile per l’atletica italiana che mai aveva ottenuto il metallo più pregiato in cinque circostanze nella rassegna a Cinque Cerchi. Firme d’autore quelle nella prova a squadre con Lorenzo Patta ad aprire, Marcell Jacobs a mangiare la pista, Fausto Desalu ad affrontare la curva nel modo migliore possibile e Filippo Tortu a realizzare il sogno.

Una cavalcata vincente che chissà quante volte tutti in Italia avranno rivisto in maniera quasi morbosa. Ebbene, le Olimpiadi sono parte dell’album dei ricordi e per Jacobs i riconoscimenti non mancano; lui che oltre alla staffetta ha conquistato la gara regina, i 100 metri, diventando il primo italiano a spingersi a tanto.

Per Tortu l’esperienza nipponica ha avuto un sapore diverso. In quella sede l’atleta lombardo ha forse definitivamente compreso quale sia il percorso da seguire e quella rimonta devastante nell’ultima frazione della prova a squadre citata è stato il clic. Nei fatti, l’Italia ha due punte, su cui ci si divide per atteggiamenti e capacità, e Filippo può essere sui 200 metri quello che non è riuscito a essere nei 100.

Un’accoppiata vincente la cui idea è rafforzata dalla prestazione odierna nella distanza menzionata a Nairobi, in Kenya, dove Tortu ha realizzato il primato personale di 20″11 (vento +2.0), con qualificazione ai Mondiali di Eugene conquistata, e sbriciolato il suo personale che risaliva al 2017 (20″34). Solo Pietro Menna, con il suo celebre record di 19″72, ha saputo fare meglio nel Bel Paese.

A questo punto l’appetito vien mangiando e la rivalità che c’è tra i due può instaurare quel circolo virtuoso di cui l’intero movimento ha bisogno per non rappresentare Tokyo come una splendida cattedrale nel deserto, ma come l’inizio di un percorso di grandi risultati.

Foto: LaPresse

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