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Tiro a volo, Marcello Dradi e la sua Spagna: “Ero convinto dell’oro di Fernandez e Galvez. La federazione mi supporta in tutto”

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Dietro le quinte di uno storico successo. E’ un Marcello Dradi molto schietto e analitico quello che ai microfoni di OA Sport racconta come, da allenatore, ha portato la Spagna del tiro a volo a trionfare nella gara di Mixed Team di trap alle ultime Olimpiadi di Tokyo.

Recente passato, presente e futuro si mischiano, in un’intervista dove il tecnico italiano spiega quello che è stato e quello che vorrebbe fosse la marcia di avvicinamento a Parigi 2024. Intervista a Marcello Dradi.

Marcello, buongiorno, visto che dalle Olimpiadi non è poi passato troppo tempo, ci dà il suo primo ricordo che le viene di Tokyo?
“Per il tiro a volo, tutto sommato, rispetto alle altre edizione dei Giochi, non è poi cambiato molto. L’organizzazione, nonostante il momento sanitario, è stata ottima e nelle finali c’era anche qualcuno seduto sulle tribune: quindi direi che è andata bene”.

La marcia di avvicinamento a Tokyo invece come è stata?
“Non è stata facile, perché prima delle Olimpiadi avevamo un calendario “mobile”: le tappe di Coppa del Mondo, o la disputa di tanti eventi connessi, veniva spesso annullate e questo ricadeva anche sui nostri allenamenti. Bisognava ricalibrare periodi di carico, periodi di scarico: quello è stato un po’ un problema”.

Durante l’appuntamento a Cinque Cerchi c’è stata un po’ di polemica per le condizioni del campo da tiro: lei cosa ne pensa?
“Non vorrei fare un paragone esagerato, ma è come se nel tennis si fosse giocato a Wimbledon. Il campo era perfetto e i punteggi ottenuti in qualificazione sono lì a testimoniarlo. Forse, e parlo a titolo personale, l’impianto migliore che abbia mai visto: è riuscito a battere anche quello di Londra 2012”.

La “sua” Spagna ha vinto uno storico oro nel Mixed Team di trap, con Alberto Fernandez e Fatima Galvez: che gara ha visto col suo occhio da tecnico?
“Da allenatore, gare come queste ti permettono di valutare tutto il lavoro. Tutte le finali a cui avevamo preso parte nell’ultimo anno, disputate nel circuito di Coppa del Mondo e non solo, le avevamo vinte; quindi per noi prendere il bronzo o l’argento sarebbe stato pari a un fallimento. I ragazzi sono stati bravi: sono riusciti a dare quel qualcosa in più nel momento più importante”

Com’è visto il tiro a volo in Spagna dopo questo risultato?
“In Spagna i tiratori a volo non sono visti come professionisti e al mio arrivo, aggiungo, ho dovuto cambiare un po’ di abitudini circa il metodo di lavoro. Devo dire però che la federazione spagnola mi ha seguito in tutto e per tutto dandomi la possibilità di svolgere al meglio la mia professione”.

Torniamo un attimo alla finale: l’avete spuntata con San Marino, un avversario inatteso…
“Il paradosso è che fossi più preoccupato dei miei tiratori che di quelli avversari. San Marino non rappresentava un problema, è stato molto più difficile trovare il nostro equilibrio. Fatima Galvez è partita male perché metteva a fuoco i piattelli in un’area di sparo troppo lontana rispetto a dove si trovava: li ho dovuto calcolare il momento giusto per entrare in pedana, non far andare via troppi piattelli e farla riconcentrare per la chiusura della finale. Non è stato un momento facile, ma lei ha trovato il modo di riprendersi e infilare una serie vincente assieme ad Alberto Fernandez”.

Facciamo invece un focus sui due concorsi individuali: cosa non è funzionato nelle gare al femminile e al maschile?
“Per quanto riguarda Fatima, un incidente meccanico occorsole all’arma le ha fatto perdere delle certezze che poi non ha più ritrovato pagando lo scotto di una qualificazione complessivamente non sufficiente all’accesso alla finale.
Alberto invece veniva da un percorso un po’ più lungo: fra marzo e aprile ha cambiato tecnica di tiro, all’inizio c’è stato un periodo di assestamento e poi di stabilizzazione delle performance. A Tokyo ha fatto 122/125, ma non è bastato (allo shoot off, ndr) per andare in finale. Poco male, la prossima volta sa già che servirà almeno 123/125 per andare a giocarsi le medaglie”.

Parigi 2024 non è poi così lontana: ci spiega che tipo di lavoro andrete a fare in futuro?
“E’ ovvio che oltre alle “punte di diamante” del movimento, stiamo tenendo d’occhio anche gli juniores. In questo momento a livello giovanile il riferimento è rappresentato dalla Russia, ma attenzione perchè la nostra federazione sta lavorando sui profili che possono essere da medaglia sia a breve sia a medio-lungo termine.
Se devo essere sincero, il fatto che per arrivare alle prossime Olimpiadi ci siano solo tre anni anziché quattro ci crea qualche difficoltà, ma non ci facciamo spaventare. Sappiamo che potrebbe esserci un calendario molto intasato, ma che comunque dovremo fare i conti con altri eventuali annullamenti. Dodici mesi in più, pensando a tutto il tiro spagnolo in generale, e mi riferisco anche allo skeet, farebbero comodo: il lavoro da fare è tanto, ma anche quello fatto e questo ci lascia positivi per il domani”.

Foto: Marcello Dradi

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