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US Open 2021: Sabalenka-Fernandez e Sakkari-Raducanu, sfide tra presente e futuro del tennis femminile

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Sono tante le storie che le semifinali femminili degli US Open, di scena stanotte, andranno a raccontare sull’Arthur Ashe Stadium. A Flushing Meadows una cosa è certa: ci sarà una nuova vincitrice Slam, dal momento che le migliori quattro dell’ultimo dei tornei maggiori dell’anno non sono mai nemmeno arrivate in finale.

Che il torneo femminile sia stato finora particolarmente interessante è cosa nota: lo è ancor più il fatto che si sia di fronte non tanto a una sfida generazionale, quanto al confronto tra il meglio del presente e ciò che di buono ha da offrire il futuro. La numero 2 del ranking WTA, la bielorussa Aryna Sabalenka, vuole dimostrare che il suo tempo è giunto, e i risultati per ora le stanno dando ragione: dopo le difficoltà del primo turno con la serba Nina Stojanovic non ha più fallito nulla, concedendo al massimo sei giochi all’americana Danielle Collins.

Dall’altra parte, la canadese Leylah Fernandez vuole continuare a collezionare scalpi importanti senza alcun timore reverenziale: battere in fila Osaka, Kerber e Svitolina, cioè la detentrice del titolo, la più in forma dell’estate e la giocatrice che forse sognava di uscire finalmente dalle eterne sabbie mobili di quarti e semifinale, rende l’idea di quanto la diciannovenne sia forte anche sul piano mentale. Per questo Sabalenka dovrà fare particolare attenzione, per quanto la sua capacità di colpire forte da fondocampo sia tranquillamente in grado di fare la differenza. Va comunque rimarcato il fatto che Fernandez sarà in qualsiasi caso al best ranking (numero 36 o 37 al momento a seconda del risultato di Raducanu, entrerebbe nelle 30 con la finale e nelle 20 con la vittoria), in una sorta di cammino parallelo con Felix Auger-Aliassime che in Canada tanti stanno notando.

Sull’altro lato del tabellone, la greca Maria Sakkari, la prima del suo Paese a raggiungere il penultimo atto a New York, ha già scritto un pezzo di storia del tennis ellenico: da lunedì supererà il record appartenuto a Eleni Daniilidou per miglior classifica. Sakkari, infatti, sarà tredicesima, mentre l’ex ottima giocatrice dell’isola di Creta fu al massimo al 14° posto. Molto importante, per lei, aver superato brillantemente gli sforzi della battaglia con la canadese Bianca Andreescu, vincendo in due parziali contro la ceca Karolina Pliskova (curiosamente, la terza del Paese incontrata sul suo cammino dopo Siniakova e Kvitova). Nella mente c’è un’altra sfida con una ceca in semifinale, quella con Barbora Krejcikova al Roland Garros, in cui mancò un match point sul 5-3 nel terzo set.

Dall’altra parte della rete, però, a contrastare la solidità della greca ci sarà una sorpresa come non se ne vedevano da tanto tempo: la britannica Emma Raducanu, prima nella storia a raggiungere le semifinali a Flushing Meadows partendo dalle qualificazioni, nonché prima ad arrivare a questo punto al debutto, come non accadeva dai tempi di Venus Williams nel 1997 (perse poi da Martina Hingis in finale). Il lato interessante è che di pressione sembra semplicemente non averne, e anzi è riuscita a creare abbastanza incertezze e nervosismi alla svizzera Belinda Bencic da portarla a giocare molto meno bene rispetto al recente passato, US Open compresi. Il tutto senza ancora aver perso un set: nessuna è mai riuscita a portarla al tie-break, e solo nel tabellone cadetto la georgiana Mariam Bolkvadze ha strappato cinque giochi in un singolo parziale. A Wimbledon, prima di raggiungere gli ottavi, era numero 338 del mondo: sarà almeno 51 con questo penultimo atto, ma sfiorerebbe la top 30 con la finale e vi entrerebbe con un successo che avrebbe tutti i crismi della storia in movimento.

Foto: LaPresse

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