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Ginnastica, Mondiali 2021: Italia con 2 Finali di Specialità diverse e con 2 azzurre, evento raro. I precedenti

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Qualificarsi alle Finali di Specialità ai Mondiali di ginnastica artistica non è certo un’impresa semplice. Ci sono soltanto otto posti a disposizione su ogni attrezzo e la concorrenza è sempre spietatissima. Per l’Italia femminile gli atti conclusivi della rassegna iridata sono stati spesso un tabù e le finali conquistate negli ultimi settant’anni si contano sostanzialmente sulle dita di tre mani.

Uno storico che chiarisce ulteriormente la caratura dei risultati ottenuti dalle Fate a Kitakyushu (Giappone): vero che mancano tante big a questa kermesse poiché programmata ad appena due mesi di distanza dalle Olimpiadi di Tokyo 2020, ma le nostre portacolori si sono fatte trovare pronte e hanno marcato il cartellino con enorme disinvoltura. Asia D’Amato si presenterà col terzo punteggio di ingresso nella finale al volteggio, Elisa Iorio entra col settimo score alle parallele asimmetriche.

Per trovare le ultime Finali in casa Italia bisogna risalire al 2017, con Vanessa Ferrari e Lara Mori al corpo libero. Stesso copione nel 2014, sempre con Vanessa Ferrari ed Erika Fasana al quadrato. Soltanto in due occasioni, sempre negli ultimi 70 anni, abbiamo avuto due finaliste su due attrezzi diversi: nel 2013 quando Vanessa Ferrari vinse l’argento al corpo libero e poi fu quarta alla trave davanti a Carlotta Ferlito, nel 2009 con Serena Licchetta ottava sugli staggi ed Elisabetta Preziosa quinta sui 10 cm.

Altre finali portano la firma di Vanessa Ferrari: bronzo alle parallele e al corpo libero, oltre al sesto posto alla trave, nel 2006 (quando vinse il titolo iridato nel concorso generale); corpo libero nel 2010, corpo libero e parallele nel 2007. Ad aprire la strada fu Ilaria Colombo con la sua trave nel 2002, quando un’italiana tornò in finale di specialità ai Mondiali dopo 52 anni di digiuno (nel 1950 argento di Wanda Nuti e bronzo di Licia Macchini alla trave, Laura Micheli finalista al corpo libero).

© foto di Simone Ferraro / FGI

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