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Lo Squalo è vivo! Vincenzo Nibali tra il tarlo del dubbio e un crepuscolo da protagonista

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Una vittoria da campione, come ai vecchi tempi: attacco in salita, progressione inesorabile, cavalcata in solitaria verso il trionfo. Una apoteosi davanti alla propria gente, per dimostrare al mondo, ma prima di tutto a se stesso, che lo Squalo è vivo più che mai. E pazienza che la concorrenza non fosse delle più qualificate, sebbene sia tutt’altro che banale rifilare quasi un minuto a corridori del calibro di Alejandro Valverde e Romain Bardet. “Ho ancora qualcosa da dare a questo sport“, aveva dichiarato Vincenzo Nibali alla vigilia del Giro di Sicilia: oggi lo ha dimostrato con i fatti, con un assolo non casuale.

Sino al 2019 il messinese era stato competitivo per giocarsi le grandi corse a tappe: lo ricordiamo battagliare con Primoz Roglic e Richard Carapaz in un Giro d’Italia che ancora oggi provoca grandi rimpianti per come si era sviluppato sul piano tattico. Poi un biennio di poche luci e tantissime ombre, con diverse attenuanti da considerare. Il 2020 della pandemia, con un calendario rivoluzionato e compresso nello spazio di tre mesi: una manna per l’esplosività dei più giovani, molto meno per i diesel come il siciliano. Poi un 2021 costellato da tanta sfortuna: la caduta in allenamento a metà aprile, con conseguente frattura del radio destro e l’operazione al polso, ne ha di fatto compromesso non solo il Giro d’Italia, ma anche la successiva Olimpiade di Tokyo. Quello stop ha vanificato mesi di preparazione, obbligando il classe 1984 a prendere parte in condizioni tutt’altro che ottimali alle gare che considerava come i due grandi obiettivi stagionali.

Le voci di un corridore ormai al crepuscolo si erano susseguite e d’altronde i risultati non giocavano dalla parte del campionissimo siculo, a digiuno di successi addirittura dalla ventesima tappa del Tour de France 2019. Anche per questo Nibali si è sciolto in un pianto liberatorio all’arrivo. La stoccata odierna funge da simbolico spartiacque: mette una pietra sopra ad un biennio oscuro e traccia la via verso un finale di carriera perlomeno intrigante.

Il Giro di Sicilia sarà anche una corsa di fine stagione e con un parterre non di primissima fascia, tuttavia il Vincenzo Nibali ammirato quest’oggi non è poi così distante da quello del 2019. E qui tocchiamo un tasto cruciale, perché lo Squalo, dentro di sé, non ha mai smesso di sentirsi forte, convinto di potersi esprimere ancora sui livelli di due stagioni fa, nonostante il tarlo del dubbio iniziasse subdolamente ad insinuarsi.

Il prossimo 14 novembre le candeline sulla torta saranno 37. Tante, ma non troppe per togliersi ancora qualche soddisfazione, provando anche a sfruttare le motivazioni extra dettate dal cambio di casacca ed il ritorno nel team in cui ha raccolto le maggiori soddisfazioni della carriera, dove peraltro ritroverà anche il fido Beppe Martinelli. Con realismo occorre affermare come il Nibali di oggi non possa valere un Tadej Pogacar, Primoz Roglic o Egan Bernal (ma quanti corridori al mondo si avvicinano per davvero ai tre mostri sacri citati?). Tuttavia siamo ancora di fronte ad un campione senza tempo, in grado di fare la sua più che degna figura in una corsa a tappe (puntando anche ad una top5, se non ad un podio) ed in determinate classiche come il Giro di Lombardia, magari già il prossimo 9 ottobre. Non sarà e non può essere il Nibali di 10 anni fa: il tempo inesorabile non dà scampo a nessuno. Ma lo Squalo c’è ancora, più che mai e di sicuro non per fare da comparsa: godiamoci i suoi ultimi sprazzi da protagonista, senza escludere qualche piacevole sorpresa inattesa.

Foto: Lapresse

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