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Tiro a volo, Katiuscia Spada: “Ho fatto una stagione spettacolare, il prossimo obiettivo saranno le Olimpiadi di Parigi”

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L’azzurra del tiro a volo Katiuscia Spada è un’atleta delle Fiamme Oro classe 1981. Ha iniziato a praticare lo sporting, poi è passata allo skeet. Il padre Veniero è il CT azzurro di compak sporting e sporting, il fratello Michael ha vinto diverse medaglie mondiali ed europee nelle stesse specialità. Il palmares di Katiuscia Spada nello skeet conta un argento ed un bronzo al Campionato del Mondo ed un argento agli Europei, ed un primo posto in Coppa del Mondo.

Campionessa di livello internazionale di skeet e compak sporting con tantissime medaglie vinte, atleta, donna e madre. Cosa ti ha dato il tiro a volo sino ad oggi?

Il tiro a volo per me è stato un percorso di vita. Ho iniziato da piccolissima; infatti, a 10 anni ho provato i primi colpi con mio padre, ma solo più avanti è diventato per me una vera passione. Questo anche grazie al fatto che la mia famiglia ha iniziato a gestire un campo di tiro. Da quel momento ho iniziato a fare le prime gare e ho scoperto la disciplina sia mentale che di stile di vita che questo sport ti dà. Ti responsabilizza enormemente sapere che hai un’arma in mano e che devi saperla gestire. Quindi, già da adolescente il tiro a volo ti plasma mentalmente. Come donna soprattutto all’inizio non è stato semplice perché eravamo poche, ora è cambiato tutto. Prima era uno sport prettamente maschile, poi le donne hanno saputo dimostrare che possono dare tanto. Anzi, secondo me, è uno sport molto adatto alla mentalità femminile perché bisogna avere caparbietà e spirito di sacrificio ed è necessario dedicarvisi anima e corpo. Sin da giovane non uscivo perché sapevo che dovevo programmare le competizioni, come donna accetti più facilmente questi sacrifici, ma con l’impegno che il fatto di essere madre comporta combinare tutto quanto è stato uno sforzo veramente importante. Ammetto che le prime trasferte sono state davvero difficili perché la prima volta che ho lasciato la bimba aveva 4 mesi. Quando è stato il suo primo compleanno ero al Mondiale e per me è stata un’angoscia. Dopo i primi anni vissuti così poi si inizia a riuscire a gestire meglio la situazione“.

Dopo anni da atleta, adesso sei anche insegnante, cosa ti ha spinto a diventarlo?

In realtà è stata una cosa che è avvenuta da sé, perché gestendo, inizialmente, un campo da tiro piccolo vicino casa, abbiamo fatto della nostra passione il nostro lavoro. Sono davvero orgogliosa di essere nelle Fiamme Oro della Polizia di Stato e aiuto i miei genitori nella gestione di due impianti molto importanti anche a livello internazionale. Da una gestione piccola nata quasi per gioco, ci siamo dedicati completamente a questa attività, anche perché arrivavano richieste di come iniziare da parte degli appassionati, sia dal classico amatore della domenica che dal ragazzo curioso. Da quel momento abbiamo deciso di fare qualcosa di innovativo perché in Italia soprattutto per lo skeet e per il compak sporting non esistono scuole di tiro costruite a dovere. Ci sono tanti insegnanti e appassionati che danno lezioni, ma nessuno con una vera e propria struttura all’interno. Io, mio padre e mio fratello, invece, abbiamo strutturato una vera e propria scuola, completa di masterclass e numerose attività collaterali, ma tutto questo è arrivato con il tempo, anche in base alle esigenze dei tiratori“.

Quali sono i tuoi prossimi obiettivi come atleta e come insegnante?

Cerco sempre di non parlare dei miei obiettivi perché sono scaramantica. Nel 2019 mi sono fermata un anno e credo che sia fisiologicamente necessario anche per gli atleti di alto livello staccare la spina per un periodo. A posteriori ho capito che mi è servito tanto, perché mi sono resa conto, ancora una volta, che non potevo farne a meno. Questo stop mi ha dato una carica diversa e mi ha reso ancora più determinata. Quest’anno ho fatto una stagione spettacolare e il prossimo obiettivo saranno le Olimpiadi di Parigi. Come insegnante, sembra anche banale, ma vorrei far divertire le persone, vorrei far conoscere loro il nostro sport sotto un altro punto di vista. Credo molto nei social e nel loro potere; anche se sono un’arma a doppio taglio, hanno però la forza di farti conoscere a un gran numero di persone, e soprattutto ti avvicinano molto ai ragazzi che sono il nostro futuro. Vorrei trasmettere e far arrivare loro il divertimento che si prova stando in pedana, senza mettere troppa pressione, come purtroppo fanno alcuni insegnanti con metodi dittatoriali. Vorrei che le persone arrivino e, anche sbagliando, si divertano e vadano via con una sensazione diversa e positiva. L’obiettivo è ampliare il nostro sport a chi non lo conosce“.

Con una famiglia di atleti sicuramente per te è stato più facile conoscere il tiro a volo, cosa consiglieresti ai più giovani per avvicinarsi a questo sport?

Per me è stato facile perché ci sono nata e ammetto che fino a 5/6 anni fa era difficile avvicinarsi al tiro a volo se non avevi qualcuno in famiglia che avesse già un porto d’armi. Adesso le cose sono cambiate perché negli impianti più grandi ci sono armi e istruttori a disposizione e esistono i centri di avviamento allo sport della Federazioni che danno la possibilità ai giovani di avvicinarsi e, quindi, è tutto molto più immediato. Spesso invito anche le mie amiche a provare anche se sono restie. Tutti possono riuscire e si divertono subito rispetto ad altri sport in cui è richiesto più tempo. Infatti è proprio il piattello rotto che produce una forte scarica di adrenalina ad essere alla base della volontà di proseguire e fare sempre meglio“.

Quali sono le principali remore che vedi nell’avvicinarsi alle discipline del tiro?

Purtroppo, l’utilizzo dell’arma. È scontato, lo so, ma è solo questo. L’interesse per il tiro a volo è sempre maggiore e anche la pratica dello sport da parte delle donne non è più un discrimine, anzi tra i novizi c’è molta più richiesta da parte delle ragazze. Ovviamente, a livello mediatico, è ancora difficile perché purtroppo gli haters sono tanti. Vi racconto una mia esperienza personale: avevo appena vinto la finale della Coppa del Mondo ed il sindaco del mio paese mi aveva invitato a fare una testimonianza del tiro a volo alle scuole medie. Dopo pochi giorni ho avuto denunce da parte di tante mamme che si sono opposte. Questo perché non associano il fatto che il fucile è un attrezzo sportivo, come la racchetta per il tennis. L’arma è il nostro più grande freno e spero che presto venga sempre meno“.

Quali sensazioni e opinioni raccogli dalle persone dopo la prima prova di tiro, ci sono differenze tra ragazzi e ragazze?

Chi lo prova ha questa sensazione immediata di una forte scarica emozionale perché ti riesce subito. La prima cosa che faccio da insegnante è proporre qualche bersaglio facile. L’obiettivo e quello di mettere l’allievo in sicurezza per prima di cosa e poi consentirgli di rompere un bersaglio, anche facile. L’importante è impostarli bene e provare in sicurezza. Chi lo prova lo vuole rifare. Purtroppo, soprattutto all’inizio, potrebbe sembrare uno sport costoso, ma è una cosa che può essere affrontata con le disponibilità dei vari campi di tiro.
La differenza tra ragazzi e ragazze attualmente non esiste, vedo la stessa identica voglia
“.

Da poco è stato lanciato il blog Shootingpost per approfondire il mondo del tiro a volo dalla viva voce dei protagonisti. Tu sei tra i primi collaboratori d’eccellenza, raccontaci cosa pensi di questo progetto.

Sono stata entusiasta quando mi hanno coinvolto, perché ci voleva. Credo fermamente nel potere dei social e della comunicazione, perché lanciano un messaggio diretto. Se tu entri sui social, la voglia prima o poi ti viene. È una cosa in cui credo tantissimo e faccio di tutto per collaborare al massimo“.

Shootingpost lavora sinergicamente con il progetto Neofitav (www.neofitav.it) in un’ottica di avviamento ed avvicinamento allo sport da parte dei più giovani e di potenziali nuovi appassionati.

Foto: ISSF

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