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Alberto Volpi: “Sonny Colbrelli migliorerà ancora. In Jonathan Milan rivedo Guido Bontempi”

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Per Alberto Volpi la prossima sarà la sua 24esima stagione da direttore sportivo. Dopo aver corso tra i professionisti dal 1984 al 1997, il tecnico milanese e classe 1962 è salito in ammiraglia nel 1998 con la Riso Scotti e da allora ha guidato la Vini Caldirola, Fassa Bortolo, Barloworld, Liquigas, Cannondale, Skydive Dubai e infine dal 2017 il Team Bahrain.

Quanto è esigente il ruolo del direttore sportivo? 

“Lo è sempre stato ma oggi lo è ancor di più. Le squadre sono più articolate, ci sono più figure professionali all’interno di ogni team. Quello del direttore sportivo è un lavoro meticoloso, che richiede pazienza e il saper ascoltare anche le altre figure, non solo quelle tecniche.” 

Sei in ammiraglia da oltre vent’anni: com’è cambiata in questi anni la figura del direttore sportivo?

“Prima il DS era un’icona unica insieme alla squadra, l’anima centrale. Con il tempo questo ruolo è andato sgretolandosi e all’interno dei team si sono formate più figure professionali. Dal preparatore tecnico, al nutrizionista, all’addetto stampa e via dicendo. Chiaramente questo permette a noi direttori sportivi di concentrarci maggiormente sulla performance in gara. Senza dimenticare poi che ogni formazione ha più direttori sportivi e ognuno mette al servizio la propria esperienza.” 

Ti piace il ciclismo di oggi? 

“Sì e no. Oggi non ci sono più i corridori di dieci/quindici anni fa dove potevamo correre per tutta la stagione, ma vengono suddivisi in base alle varie corse in programma durante l’anno. Quello di oggi è un ciclismo che dà meno spazio alla fantasia, ma le velocità sono più elevate rispetto ad anni fa. E’ anche diventato più difficile riuscire a fare la differenza oggi, essendo tutti molto preparati con obiettivi ben precisi.” 

Qual è stata la gioia più grande da direttore sportivo?

“Quando si riesce a far vincere un corridore che non è un campione. Lì capisci di aver fatto qualcosa di davvero importante, poi quando Nibali ha vinto la Milano-Sanremo nel 2018 è stata un’emozione indescrivibile, ma sono due gioie completamente diverse.” 

Qual è l’aspetto più gratificante di questo lavoro?

“Avere credibilità all’interno della squadra.” 

C’è una corsa che ti piacerebbe vincere più di ogni altra?

“Sì, l’ho vinta tante volte ma non mi dispiacerebbe ripetermi: la Milano-Sanremo.” 

Che rapporto hai con Sonny Colbrelli?

“Cordiale, sin dal primo anno. Sonny è il ragazzo della porta accanto, parliamo di tutto. Sono molto felice dei risultati che è riuscito ad ottenere, in questi anni è cresciuto parecchio e sono certo che crescerà ancora.” 

Jonathan Milan, campione olimpico a vent’anni. Bravo sia su strada che su pista. Quanto è importante la multidisciplinarietà?

“Strada e pista sono complementari. La pista sta aiutando molto Jonathan e sono sicuro che lo aiuterà anche in futuro, grazie a lavori che poi tornano utili anche nelle corse su strada. In Milan rivedo un Guido Bontempi, con le sue stesse qualità su strada, su pista invece Jonathan ha qualcosa in più.” 

Quali saranno invece i tuoi programmi per il 2022?

“Cominceremo a parlare di programmi alla fine di novembre e sono in quel momento capiremo come muoverci.”

Il ciclismo italiano com’è messo secondo te? 

“A differenza di quello che si è detto negli ultimi anni, credo che non sia messo così male, soprattutto nelle corse di un giorno. Pecchiamo nelle corse a tappe, ci manca un corridore come Nibali o Cunego e secondo me dovremo aspettare un po’. Credo molto nei giovani, soprattutto negli Juniores, che secondo me deve essere una categoria da valorizzare ancora di più.”

Daniele Bennati è il nuovo C.t della Nazionale Italiana. Secondo te è l’uomo giusto?

“Daniele l’ho avuto in Liquigas, è un bravo ragazzo che ha sempre avuto un’ottima visione in corsa. Secondo me il buon senso di Bennati, l’umiltà e la conoscenza dei corridori lo porteranno ad ottenere buoni risultati in maglia azzurra. Concludo dicendo che sicuramente hanno fatto la scelta giusta in base alle idee di un progetto che la Federazione ha in mente, perché le persone vengono scelte in base ai progetti che la Federciclismo vuole mettere in campo. I tecnici devono essere quindi scelti in base a quelle che sono le esigenze, la Federazione non è una squadra ma un Ministero.” 

Foto: Lapresse

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