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Ciclismo, Johan Bruyneel: “Il doping era una regola non scritta, Armstrong la vittima perfetta. Ora è cambiata la mentalità”

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“Il doping in quegli anni era una regola non scritta” una frase che fa tanto male solamente a sentirla. Si torna a parlare degli anni Novanta e delle pratiche illecite nel ciclismo su strada, a tornare sull’argomento è Johan Bruyneel, in un’intervista a RTBF.

Le sue parole, citando ovviamente Lance Armstrong: “Correvamo tutti il rischio che un giorno qualcuno avrebbe rotto il muro del silenzio. Non avrei mai pensato che ci sarebbe stato un accanimento senza fine contro me e Lance. A un certo punto c’è bisogno di una qualche celebrità da prendere come esempio e Armstrong era la vittima perfetta”.

Sembrava quasi un obbligo, non c’era altra scelta: “Quando passi professionista, entri in un mondo che ti mette presto davanti ad un dilemma: o ti adatti e ti dopi, oppure scompari. Il primo anno è difficile e rimani sospeso, ma poi durante il secondo anno realizzi che quelli che erano con te tra gli amatori, adesso ti staccano. All’improvviso vedi i ragazzi attorno a te diventare macchine al Tour de France. Bene, cosa fai? Puoi dire di no, ma dopo sai che dovrai dire no al tuo lavoro, la tua passione e getti via tutti gli anni di sofferenze e sacrifici per raggiungere il professionismo”.

Sulle sostanze: “Quando ero professionista si trattava di iniezioni, cortisone, testosterone. Dopo, come direttore sportivo, era EPO. C’erano direttori sportivi che sapevano benissimo come stavano andando le cose, ma hanno preferito agire come se niente fosse. Ero consapevole che con o senza il consenso del team i miei corridori si sarebbero dopati comunque. Così ho suggerito di strutturare la cosa”.

La cosa sconvolgente è che l’UCI fosse a conoscenza di tutto: “Loro sapevano. Hanno fatto tutto quello che era in loro potere. Non c’era nessuna metodologia clinica per scoprire l’EPO, così si sono basati sulla regola del 50% di ematocrito. Questo dimostra che erano consapevoli che i prodotti dopanti stavano circolando”.

Ora, per fortuna, sembra essere cambiato qualcosa: “Sto vedendo un cambio di mentalità. Con i giovani oggi non devi nemmeno parlarci di doping. Non entra nei loro ragionamenti, è completamente fuori dalla loro cultura. Anche le vitamine sono molto limitate”.

Foto: Lapresse

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