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Coppa Davis 2021: il ritorno dopo la cancellazione del 2020. Ma ha ancora senso chiamarla così?

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La Coppa Davis 2019 ha lasciato un’ultima immagine: quella di Rafael Nadal che porta in trionfo la sua Spagna alla Caja Magica, decisamente riempita di persone accorse per la finale contro il Canada. Ma se quello è stato un indubbio momento da Davis del tempo che fu, tutto il resto è stato completamente diverso.

Impossibile dimenticare tutto il grande cambiamento corso in quell’anno, con il passaggio ai 2 set su 3 in luogo dei 3 su 5 su tutto il percorso, preliminare e Finals. Ma l’edizione 2019 viene ricordata anche per le tantissime difficoltà organizzative: dal centrale della Caja Magica che si riempiva solo per la Spagna e rimaneva spesso mezzo vuoto ai campi esterni che non arrivavano neppure a essere riempiti del tutto, per terminare con le gravi criticità della programmazione (basti ricordare Italia-USA finita a notte ancor più che fonda, intorno alle tre, per rendere l’idea).

Tutto questo dei problemi economici al gruppo Kosmos, che aveva architettato l’idea delle Finals così sviluppate ed era riuscito a farlo passare in sede ITF, li ha creati: anche così si spiegano tre decisioni, due molto note e una meno. Quelle più note sono il rinvio della fase finale del 2020 al 2021 e la successiva delocalizzazione dei gironi su più sedi. Nel primo caso è parso evidente a molti (e qualcuno l’ha detto fuori dai denti) che la scelta di rimandare di un anno, oltre che di natura sanitaria, era stata presa anche per questioni economiche. E proprio a questo aspetto si è legato il tentativo di dividere gli sforzi con Torino e Innsbruck.

Quest’ultima città, però, ha dovuto subire un ulteriore lockdown da pochi giorni, e così vi si giocherà a porte chiuse, cioè proprio l’ultima delle cose sperate da tutti. E anche al Pala Alpitour, com’è noto, non ha fatto piacere il mancato 75% della capienza in tempo di ATP Finals: ci sarà il 60% massimo.

La scelta meno nota è quella del cambio di location in quel di Madrid. Niente più Caja Magica, ma Madrid Arena, ex Telefonica, quella per intenderci dove si giocava il Masters Series (prima del cambio di denominazione in Masters 1000) che era penultimo della stagione fino al 2008. Il 2009, com’è noto, vide il cambiamento del calendario, Madrid rossa a maggio in luogo di Amburgo (con annessa causa intentata contro l’ATP) e Shanghai come penultimo 1000. Ci sono circa 2000 posti in meno alla Madrid Arena rispetto al campo intitolato a Manolo Santana, il che offre la sensazione del downgrade.

Quantomeno, nel 2021 è stata posta una maggiore attenzione alla programmazione: si comincia alle 10 solo in due giornate e sarà in ogni caso complicato vedere sfide terminare a orari che del senso della realtà non sanno cosa farsene. I quarti di finale sono distribuiti su quattro giorni e nelle tre sedi di gara, le semifinali in giorni differenti.

A tutte queste situazioni si unisce quella legata alle classifiche dei gironi, che nelle alte sfere della Davis hanno visto la luce proprio con la riforma approvata nel 2018 e messa in opera l’anno dopo. Graduatorie che, lo ricordiamo, mandano alla fase a eliminazione diretta tutte le prime classificate dei sei gironi e le due migliori seconde.

Chiaramente tutto questo, di comune con la Coppa Davis com’era nota fino a tre anni fa, ha ben poco: un nome diverso sarebbe senz’altro più adeguato. Se ne sono accorti, all’ITF, con la questione della Fed Cup, che infatti è stata rinominata intitolandola a Billie Jean King (anche se la storia della competizione femminile insegna che mai è stato davvero trovato il formato ideale, benché stabilizzato dalla metà degli Anni 2000 in poi, fino al 2019, su un doppio Gruppo Mondiale).

E per qualche settimana è aleggiata l’ombra di qualcosa di più di un nome diverso: una fusione con l’ATP Cup, riportata dal Daily Mail in tempo di Laver Cup (cioè a fine settembre). Si parlava dell’Arabia Saudita come possibile sede, ma per il momento non sono stati trovati riscontri a tale affermazione, tanto più che la stessa ATP Cup sarà regolarmente in calendario nel 2022, secondo le prime bozze circolate, e la Davis pure, con la riduzione delle Finals a 16 squadre dalle attuali 18.

Foto: LaPresse / Olycom

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