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Rugby, Italia: con l’Argentina in evidenza i limiti degli azzurri. Difesa e palle alte i problemi più grossi

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Una sconfitta che fa molto più male di quella all’esordio contro gli All Blacks. Non solo perché sulla carta l’Argentina era di un’altra categoria rispetto ai neozelandesi, ma soprattutto perché rispetto all’Olimpico di note positive da trovare ce ne sono ben poche. Forse nessuna.

Di sicuro non la difesa. È mancata quella cattiveria e aggressività vista con i tuttineri, con l’Argentina gli azzurri hanno faticato a placcare in avanzamento, hanno subito il gioco avversario e, soprattutto, hanno sbagliato malamente i posizionamenti in occasioni di almeno tre delle cinque mete subite. Lenti nel trovare e puntare l’avversario diretto, distratti nel vedere chi c’era all’esterno e una concentrazione non al 100% sono costati caro all’Italia.

Poi c’è il problema dei palloni alti. Emiliano Boffelli è stato eletto man of the match e per l’estremo il premio è stato conquistato sui calci effettuati dall’Argentina nella metà campo italiana. Dal pallone recuperato su Matteo Minozzi e che ha mandato Kremer in meta, ma passando per i tanti palloni che gli azzurri non hanno saputo controllare. L’Argentina si è ritrovata troppe volte sul piede avanzante proprio partendo da questa situazione di gioco e anche la meta di Moroni è figlia dell’indecisione azzurra su un pallone alto.

Infine, la touche. Altro grosso limite per gli azzurri. Nella prima parte del match gli azzurri hanno perso due rimesse laterali e per tutta la partita sono stati in difficoltà in questo fondamentale, concedendo troppi palloni agli avversari. Se a ciò si aggiungono alcune prestazioni individuali insufficienti, a partire da Stephen Varney, passando proprio per Matteo Minozzi e in generale una trequarti in affanno, si capisce che da Treviso esce un’Italia ridimensionata che ora con l’Uruguay dovrà dare un segnale. Vincere non basta, bisogna convincere per non uscire da questo novembre con troppi dubbi.

Foto: Ettore Griffoni – LPS

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