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Sci di fondo. Se l’Italia femminile c’è ancora, è giunto il momento di battere un colpo per uscire dall’oblio

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Mancano pochi giorni al momento in cui apriranno i battenti della Coppa del Mondo di sci di fondo. Le ostilità cominceranno venerdì 26 novembre e, in campo femminile, norvegesi, svedesi, russe e statunitensi sono pronte a lottare senza quartiere. L’Italia appare invece destinata a guardare da lontano tali battaglie titaniche, accontentandosi di coltivare il proprio brullo orticello, nella speranza di renderlo il più rigoglioso possibile.

Il movimento azzurro sta vivendo uno dei momenti peggiori della sua storia, come testimoniato dai risultati dello scorso anno, in cui peraltro spesso e volentieri la Coppa del Mondo ha avuto un campo partenti di livello più basso delle abitudini. Ebbene, in tale contesto “facilitato”, l’Italia ha chiuso la stagione con 10 ingressi nelle prime quindici posizioni, sei dei quali firmati da Lucia Scardoni. Ciò significa che, in termini di piazzamenti nella top-fifteen, l’Italia si è collocata alle spalle di Svezia (88), Russia (70), Norvegia (62), Stati Uniti (55), Germania (26), Finlandia (24), Slovenia (18), Svizzera (17), Repubblica Ceca (14) e Austria (12).

Ben dieci nazioni forti di un bilancio indiscutibilmente più ricco di quello tricolore. Va bene, non è sempre possibile attraversare anni d’oro contando su Stefania Belmondo, Manuela Di Centa e Gabriella Paruzzi, ma ormai anche “gli anni d’argento” di Arianna Follis, Marianna Longa e Magda Genuin appaiono lontani ere geologiche, non un decennio. Alla luce del numero di praticanti e degli investimenti economici, l’attuale sfacelo è difficilmente comprensibile. Com’è possibile che le fondiste azzurre siano oramai diventate l’ultima ruota del carro persino sull’arco alpino? Passi per farsi mangiare in testa da norvegesi, svedesi e russe. Però vedere le italiane sistematicamente battute dalle vicine di casa provenienti da ogni valle d’oltralpe dovrebbe aver già fatto suonare sirene d’allarme e messo in discussione l’intero sistema.

In questo desolante panorama, di cui qualcuno dovrà prima o poi rendere conto, le speranze di ben figurare sono riposte soprattutto su Anna Comarella e Lucia Scardoni. Se la prima dovesse proseguire nel suo percorso di crescita, potrebbe attestarsi costantemente tra le prime quindici posizioni nelle prove distance. Su di lei grava però l’incognita condizione atletica, in quanto è stata colpita dalla mononucleosi a fine estate (e infatti non sarà della partita a Ruka). La seconda, invece, avrebbe tutte le carte in regola per accedere con regolarità alle semifinali delle prove sprint, sperando di tanto in tanto di assestare la zampata da finale.

Vedremo, inoltre, se Francesca Franchi riuscirà a dar seguito all’exploit dei Mondiali di Oberstdorf, avvicinando con regolarità il rendimento di Comarella. Si tratterebbe di un’ottima notizia per l’intera squadra, poiché significherebbe trovare una seconda fondista di discreto livello nelle prove distance. Infine, riguardo la specialista delle sprint Greta Laurent, è evidente che sino a quando non verrà colmata la lacuna relativa all’atteggiamento nelle batterie, ci si potrà qualificare per le semifinali solo grazie alla buona sorte. O la valdostana impara a essere più aggressiva nel corpo a corpo, oppure sarà destinata a esprimere il suo potenziale solo ed esclusivamente nelle qualificazioni, senza poterlo far valere quando più conta. A meno di esplosioni repentine di qualche giovane, oppure di un ritorno di fiamma della Caterina Ganz vista tre stagioni orsono, il resto del movimento è, ora come ora, puro contorno e può risultare competitivo giusto in Opa Cup, ovvero in gare internazionali di Serie C che, al massimo, possono fungere da selezione interna, non certo rappresentare un traguardo per chi ha concrete ambizioni agonistiche.

Foto: Fisi/Pentaphoto

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