Seguici su

Motocross

Valentino Rossi e Tony Cairoli: l’addio di due miti. Il sogno della stella sfumato, ma sono i GOAT dei loro sport?

Pubblicato

il

Nel giorno in cui piangiamo un collega che ha scritto la storia sportiva e l’ha raccontata in maniera spontanea ed emozionale, ovvero Giampiero Galeazzi, siamo a qui a fare i conti con chi di sogni ne ha fatti vivere in sella a una moto. Il riferimento è a Valentino Rossi e a Tony Cairoli. Entrambi vincitori di nove titoli iridati, il primo nel Motomondiale e il secondo nel Motocross, hanno segnato un’epoca sugli asfalti e gli sterrati di tutto il mondo, vedendo sfumare il target della ‘stella’ (decimo titolo).

La domanda che ci si pone è: sono i GOAT dei loro sport? Detto in altri termini: sono i migliori di ogni tempo nella pratica che hanno rappresentato? Se la si guardasse essenzialmente dal punto di vista statistico, la risposta è “No” per alcuni dati. Valentino non è riuscito a eguagliare Giacomo Agostini che in carriera di titoli ne ha vinti ben 15, mentre Tony non ha raggiunto i 10 iridi di Stefan Everts, conditi da 7 sigilli nella top-class e da 101 vittorie. Il siciliano si è fermato a 6 Mondiali nella classe regina e 94 GP vinti.

Vero è anche i loro numeri sono impressionanti, specie se si guarda a quanto fatto da Rossi. Come ha ricordato il telecronista Nick Harris sul suo blog, ci sono statistiche e curiosità interessanti sulla carriera di Valentino: il pilota di Tavullia è l’unico pilota ad aver vinto un Mondiale in quattro classi (125cc, 250cc, 500cc e MotoGP); è il pilota Yamaha di maggior successo di tutti i tempi con 56 centri; le sue 89 vittorie nella classe regina sono più qualsiasi altro; è salito sul podio ben 235 volte in tutte le classi (record assoluto).

La domanda, in senso generale, è giusto porsela perché entrambi con le loro personalità hanno attirato il grande pubblico e gli appassionati. Rossi l’ha fatto molto più di Tony anche a livello mediatico, ma è altrettanto chiaro che l’attenzione del Motocross in Italia si è concentrata in maniera rilevante quando il campione di Patti ha iniziato a mettere in fila i suoi successi. Trionfi a cui entrambi hanno dato un colore particolare, per il loro modo di concepire la competizione che tutti gli appassionati riconoscono.

Probabilmente è da questo punto di vista che i due personaggi sono a tutti gli effetti delle icone del loro sport. Parlare di GOAT è un esercizio soggettivo. Molto più corretto descriverli come delle figure carismatiche che hanno acceso le luci sulle specialità che con loro sono state rappresentate. Non a caso, il 46 e 222 sono diventati simboli di vittoria e questo ha un valore ancor più importante di qualunque dato.

Foto: LaPresse

Pubblicità

Dalla Home

Pubblicità

Facebook

Pubblicità